Approvati i "contro dazi" dell'Unione Europea per rispondere a Trump
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Dazi USA, l’Europa si prepara alla contromossa, in gioco 93 miliardi e la tenuta dell’economia: questo l’ammontare dei “contro dazi” che la Von Der Leyen lancia per rispondere alle iniziative di Donald Trump.
Negli ultimi mesi, le relazioni economiche tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti sono tornate al centro del dibattito internazionale. In un contesto globale segnato da forti incertezze, tensioni commerciali e strategie protezionistiche sempre più aggressive, Bruxelles e Washington si trovano nuovamente a confrontarsi su scelte di politica tariffaria che potrebbero incidere profondamente sugli equilibri economici tra le due sponde dell’Atlantico.
Mentre si avvicina la scadenza del primo agosto, data indicata dall’amministrazione statunitense per l’entrata in vigore di nuove tariffe sull’export europeo, l’Unione Europea affila le armi e si prepara a reagire
La speranza resta quella di una soluzione negoziata, che possa evitare una nuova spirale di ritorsioni e salvaguardare le prospettive di crescita. Ma il tempo stringe, e l’Europa si prepara a fare fronte comune, pronta a reagire con fermezza a quello che si profila come uno dei conflitti commerciali più delicati degli ultimi anni.
I “contro dazi” dell’Unione Europea per rispondere a Trump
La Commissione ha infatti annunciato l’unificazione di due pacchetti di contromisure in un’unica lista da 93 miliardi di euro, con l’obiettivo di rispondere in modo deciso all’offensiva tariffaria promossa da Donald Trump.
L’intenzione è chiara: rispondere con fermezza, ma senza chiudere la porta al dialogo. Le misure restano infatti congelate fino al 7 agosto per consentire il prosieguo dei negoziati con Washington. Il piano comune dovrà ora passare al vaglio degli Stati membri, che saranno chiamati a esprimersi su uno strumento che potrebbe entrare in vigore immediatamente in caso di mancato accordo. “Concentrare le misure renderà la risposta europea più efficace, comprensibile e incisiva”, ha spiegato un portavoce della Commissione. Ma Bruxelles è pronta ad alzare ulteriormente il tiro: se i negoziati dovessero fallire, si parla già di tariffe del 30% su beni americani per un valore complessivo di 100 miliardi di euro.
Una linea condivisa anche dai governi di Francia e Italia. Il ministro francese dell’Economia, Eric Lombard, intervenuto a Parigi in occasione del Forum economico franco-italiano insieme al suo omologo italiano Adolfo Urso, ha confermato l’allineamento tra Roma e Parigi. “C’è una forte convergenza tra le nostre posizioni – ha dichiarato –. Puntiamo sul dialogo, ma se non ci saranno progressi concreti, ci muoveremo uniti a livello europeo”. Tuttavia, il protrarsi di questa guerra commerciale rischia di lasciare cicatrici profonde sul tessuto economico.
L’allarme lanciato da Confesercenti
L’associazione Confesercenti lancia l’allarme: l’instabilità causata dal braccio di ferro tra Bruxelles e Washington ha già inciso negativamente sulle previsioni di crescita, tagliando 5,7 miliardi al PIL rispetto alle stime iniziali dell’anno. E il quadro potrebbe peggiorare ulteriormente: si teme una perdita aggiuntiva di altri 2 miliardi nella seconda metà del 2025, anche in assenza dell’effettiva imposizione dei dazi.
L’incertezza si è trasformata così in un fattore di freno per investimenti e scambi, generando una revisione al ribasso dei principali documenti di programmazione economica. Anche le proiezioni più ottimistiche, che indicano una timida ripresa del PIL tra il 2025 (+0,6%) e il 2026 (+0,8%), rischiano di rivelarsi troppo ambiziose. Confesercenti avverte: in caso di ulteriore deterioramento del contesto internazionale, la crescita nel 2025 potrebbe fermarsi allo 0,5%, compromettendo definitivamente gli obiettivi di rilancio.
Le ripercussioni maggiori colpirebbero l’export, che nel 2024 potrebbe già segnare un calo dello 0,3%. Ma è nel 2026 che lo scenario diventerebbe critico se le tariffe del 30% venissero effettivamente applicate: l’export italiano potrebbe subire un crollo da 20 miliardi di euro, con effetti a catena sul mercato del lavoro – la disoccupazione salirebbe al 6,9% – e sui consumi interni, con una riduzione stimata della spesa delle famiglie pari a 10 miliardi. A tutto ciò si aggiunge la minaccia derivante da un eventuale indebolimento del dollaro, che renderebbe meno convenienti i viaggi in Europa per i turisti americani, penalizzando un settore cruciale per l’economia italiana.
Oltre alle cifre, ciò che preoccupa maggiormente è il deterioramento dei rapporti transatlantici. L’impressione è che l’asse storico tra Europa e Stati Uniti si stia incrinando, passando da un’alleanza solida a un rapporto di reciproca diffidenza. E in un contesto già fragile, questa perdita di fiducia rappresenta un rischio sistemico per la stabilità globale.
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