Castrazione chimica, il Regno Unito apre il dibattito

Maggio 23, 2025 - 10:00
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Castrazione chimica, il Regno Unito apre il dibattito

Nel Regno Unito si riaccende una polemica che tocca alcuni dei temi più delicati della giustizia penale, dei diritti umani e della politica sociale. A scatenare il dibattito è stata la notizia che il governo laburista di Keir Starmer starebbe valutando, tra le varie ipotesi, l’introduzione della castrazione chimica come condizione per la liberazione anticipata di detenuti condannati per reati sessuali gravi. Una misura estrema, emersa in un contesto di crisi del sistema penitenziario e di crescente pressione pubblica per una risposta dura contro i reati sessuali seriali.

Il primo ministro non ha confermato ufficialmente la proposta, ma non l’ha nemmeno esclusa. Ha dichiarato che il governo sta “esplorando tutte le opzioni possibili”, tenendo conto dell’evidenza scientifica, del rispetto della dignità umana e del diritto. Le reazioni non si sono fatte attendere: dagli elogi da parte dei settori più conservatori, fino alle dure critiche delle associazioni per i diritti civili, che parlano apertamente di misura degradante e potenzialmente incostituzionale.

Una misura eccezionale per una crisi carceraria senza precedenti

Il dibattito sulla castrazione chimica è emerso in un momento in cui il sistema penitenziario britannico è sotto pressione come mai prima d’ora. Le carceri di Inghilterra e Galles hanno ormai raggiunto i limiti della capienza, con numeri record e una cronica carenza di personale. Secondo gli ultimi dati del Ministero della Giustizia, la popolazione carceraria ha superato i 90.000 detenuti, con strutture costruite per ospitarne circa 80.000.

In questo scenario, il governo ha annunciato di voler attuare misure straordinarie per liberare spazio, tra cui il rilascio anticipato per alcune categorie di detenuti. Ma proprio quest’ultima ipotesi ha sollevato forti preoccupazioni tra i cittadini e le famiglie delle vittime, soprattutto per quanto riguarda i sex offenders recidivi. È in questo contesto che si è iniziato a discutere di castrazione chimica come condizione per la scarcerazione anticipata, limitata a chi ha commesso reati sessuali particolarmente gravi.

La castrazione chimica consiste in un trattamento ormonale che riduce la libido e l’attività sessuale attraverso la somministrazione regolare di farmaci. È una procedura reversibile, ma deve essere monitorata da specialisti. È stata adottata in passato in Polonia, Corea del Sud, alcuni Stati USA e Germania in contesti giudiziari o riabilitativi, con modalità diverse e quasi sempre su base volontaria.

In Gran Bretagna, trattamenti di questo tipo possono essere offerti solo in contesti medici, su base consensuale. L’introduzione di una forma di trattamento coercitivo rappresenterebbe una svolta radicale nella giustizia penale britannica.

Reazioni divise: sicurezza pubblica contro diritti individuali

Le reazioni al possibile uso della castrazione chimica obbligatoria sono state immediate e diametralmente opposte. Da un lato, associazioni per le vittime e parte della politica conservatrice hanno accolto favorevolmente l’idea, considerandola una misura estrema ma necessaria per evitare la recidiva nei reati sessuali. Secondo loro, in presenza di pericoli ripetuti e documentati, l’interesse della collettività deve prevalere.

Dall’altro lato, organizzazioni per i diritti umani, avvocati penalisti e gruppi civili hanno espresso grande preoccupazione, accusando il governo di voler introdurre misure coercitive e potenzialmente disumane. L’associazione Liberty ha parlato di una proposta che “viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, in particolare il divieto di trattamenti inumani o degradanti (articolo 3).

Anche esponenti della sinistra del Partito Laburista si sono detti contrari a ogni misura che implichi la somministrazione di farmaci senza consenso pieno e informato del detenuto. La questione, hanno ricordato, è etica prima ancora che penale.

Starmer ha risposto sottolineando che ogni decisione sarà presa sulla base di criteri clinici, giuridici e proporzionalità, e ha ribadito che il governo non adotterà politiche punitive che violano i diritti fondamentali, ma che la sicurezza pubblica rimane prioritaria.

Esperienze internazionali e implicazioni legali nel Regno Unito

Nel panorama europeo e internazionale, la castrazione chimica è stata usata in modo molto vario. In Germania e Svezia, ad esempio, è prevista su base volontaria, in combinazione con programmi terapeutici per ridurre la recidiva tra i sex offenders. In Polonia, invece, è stata introdotta come misura obbligatoria per i condannati per abusi sessuali su minori, generando reazioni critiche da parte delle Nazioni Unite.

Negli Stati Uniti, alcuni Stati (come California, Florida e Louisiana) consentono la castrazione chimica come parte della sentenza, ma anche lì l’applicazione è limitata e controversa. La Corte Suprema non si è ancora pronunciata in modo definitivo sulla costituzionalità della pratica.

Nel Regno Unito, la giurisprudenza attuale e la normativa vigente impediscono l’imposizione di trattamenti medici senza il consenso libero, informato e continuativo del paziente. Una modifica in tal senso richiederebbe una riforma legislativa, e con ogni probabilità sarebbe soggetta a ricorsi legali presso la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Inoltre, la questione coinvolge anche il codice deontologico della professione medica, secondo il quale nessun trattamento farmacologico può essere somministrato per scopi punitivi senza violare l’etica clinica.

Infine, resta aperto un interrogativo centrale: la castrazione chimica riduce davvero la recidiva? Studi condotti nel Regno Unito e in Europa indicano che può avere un effetto positivo in determinati casi, ma solo se associata a terapia psicologica intensiva e supporto post-penitenziario. Da sola, quindi, non rappresenta una soluzione strutturale.


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