Due milioni di tonnellate di Gnl all’anno per 20 anni: l’accordo Eni-Venture global non aiuta l’Europa

Lug 21, 2025 - 17:00
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Due milioni di tonnellate di Gnl all’anno per 20 anni: l’accordo Eni-Venture global non aiuta l’Europa

Eni ha annunciato un accordo con l’americana Venture Global per l’acquisto di gas naturale liquefatto: 2 milioni di tonnellate all’anno per 20 anni. «L’accordo rappresenta per Eni la prima fornitura a lungo termine di Gnl dagli Stati Uniti ed è una tappa fondamentale nella strategia di espansione e diversificazione del portafoglio di Gnl», si legge in una nota del gruppo. «Una parte di questi volumi contribuirà alla diversificazione delle forniture di gas in Europa».

La stipula di quest’intesa è stata letta da organi d’informazione internazionali come una concessione dell’Italia al presidente statunitense Trump per evitare tariffe doganali troppo alte (nella lettera inviata ai vertici Ue il tycoon ha parlato di dazi al 30% per l’export europeo) e mantenere relazioni amichevoli. Così è stata interpretata, per esempio, dall’autorevole sito web Politico e dall’agenzia di stampa internazionale Reuters. Viene ricordato in particolare che Trump ha costantemente citato il Gnl come un’opportunità per evitare un peggioramento della guerra commerciale con Washington: «Ho detto all'Unione europea che devono colmare il loro enorme deficit con gli Stati Uniti acquistando su larga scala il nostro petrolio e gas. Altrimenti, saranno Dazi fino in fondo», ha dichiarato a dicembre. E l’argomento è stato in primo piano nelle scorse settimane, con l’Ue di fronte al bivio tra gli obiettivi climatici e le richieste di Trump sull’acquisto di più gas Usa.

Senza la necessità di ricorrere a letture dietrologiche, come potrebbe indurre il fatto che proprio il dossiere sugli obiettivi climatici al 2040 all’Europarlamento è finito in mano ai settori di destra e negazionisti del clima, ci sono dei fatti che vanno richiamati, nell’ambito dell’accordo stipulato da Eni.

Il primo fatto è che il Gnl non è solo un combustibile meno competitivo rispetto all’energia rinnovabile, e lo sarà ancor meno alla fine degli anni venti (quando il Gnl di Venture Global sarà commercializzato), e che sarà quindi difficile da piazzare sul mercato, non solo in Europa dove la domanda di gas è in declino costante. Secondo fatto: il Gnl è anche un combustibile che se estratto negli Stati Uniti, e poi trasportato, produce più gas serra del carbone. Terzo: vari rapporti e inchieste (come quella di ReCommon) hanno denunciato l’impatto distruttivo della produzioni di Gnl nelle comunità che vivono vicino agli impianti di estrazione e trasformazione.

Secondo Ana Maria Jaller-Makarewicz, lead energy analyst Europe di Ieefa, poiché la domanda europea di gas continuerà a diminuire, l'Eni e le altre società europee che cercano accordi simili per il Gnl a lungo termine potrebbero avere difficoltà a trovare acquirenti in Europa. Jaller-Makarewicz sottolinea inoltre che il Gnl potrebbe presto diventare una merce a basso prezzo e stipulare accordi a lungo termine sarebbe un rischio finanziario: «Entro il 2030 è prevista anche una carenza di forniture di Gnl a livello mondiale. È probabile che, quando questa carenza si concretizzerà, il mercato risponderà con un calo dei prezzi e una riduzione dell'offerta. Le società che oggi sottoscrivono contratti di GNL a lungo termine potrebbero ritrovarsi con carichi eccessivi e non redditizi».

Katherine Dixon, ceo di Regulatory assistance project, prevede che l’accordo presuppone il fallimento della politica energetica europea: «Un accordo ventennale per l'importazione di gas nell'Ue? A me sembra una mossa rischiosa, ma ciò che rattrista è vedere una società europea che scommette sul fallimento della politica energetica e della competitività industriale europea. Siamo chiari: non esiste un percorso credibile per una rinascita industriale europea che passi attraverso il gas fossile. L'era dei gasdotti russi a basso costo è finita. Ciò che rimane è un modello energetico strutturalmente ad alto costo, più costoso di quello degli Stati Uniti, della Cina o di molte economie asiatiche. Ulteriori importazioni di GNL non risolleveranno l'industria europea. Ne cementeranno il declino. La lobby del gas insiste che ci sarà una domanda sostenuta. Ma questo vale solo se l'agenda europea per l'energia pulita fallisce. Il Clean Industrial Deal della Commissione indica la strada opposta: elettrificare il 32% dell'uso di energia nell'economia entro il 2030, rispetto a poco più del 21% attuale. L'attenzione si concentra sui settori in cui i progressi sono più fattibili dal punto di vista tecnico ed economico: gli edifici e l'industria leggera. Ecco perché la Cina sta puntando tutta la forza dello Stato sull'elettrificazione: è una strategia vincente. Si tratta quindi di una scommessa curiosa. Quali sono i presupposti? Perché sembra una scommessa ventennale sull'Europa che perde».

Aymeric Kouam, analista energetico di Strategic Perspectives, sottolinea i rischi per la sicurezza energetica e l’esposizione dell’Eni a multe associate a questo accordo: «Bloccare l'Europa in contratti di Gnl a lungo termine crea significativi rischi finanziari e normativi e non garantirà la sicurezza energetica di cui l'Ue ha urgentemente bisogno. L'accordo di Eni con la statunitense Venture Global lascia l'Europa aperta ai capricci di Trump e alla volatilità del mercato globale del Gnl. In parte perché il Gnl è venduto “free on board”, cioè non è “specifico per la destinazione”, quindi sarà inviato ovunque nel mondo l'Eni possa assicurarsi il prezzo più alto. Inoltre, l'accordo contravverrà alle normative europee sul metano, esponendo la società a multe».

Oltre a tutto ciò ci sono molteplici impatti ambientali sottovalutati. Del gas si parla spesso come un combustibile “di transizione”, perché meno inquinante del carbone, ma Robert W. Howarth, professore alla Cornell University e noto per il suo lavoro sui gas serra legati al metano, ha effettuato una analisi del ciclo di vita completo (Life Cycle Assessment) sulle emissioni del Gnl esportato dagli Stati Uniti e ha scoperto che quando si considerano tutte le fasi — dall’estrazione e liquefazione, fino al trasporto e alla combustione finale — il Gnl ha un’impronta di gas serra superiore del 33 % (GWP20) rispetto al carbone su un arco di 20 anni. «Il Gnl si ricava dal gas di scisto e per produrlo bisogna raffreddarlo fino a renderlo liquido e poi trasportarlo sul mercato con grandi navi cisterna. Questo richiede energia. Il gas naturale e il gas di scisto sono tutti dannosi per il clima. Il gas naturale liquefatto è peggio», spiega Howarth.

E poi ci sono gli impatti sociali di cui non si parla, «Questi accordi ventennali sul Gnl non riguardano la sicurezza energetica, ma il finanziamento della distruzione ecologica e l'immobilizzazione di comunità come la mia in un futuro di sacrifici. Venture Global è stata un pessimo vicino fin dall'inizio. Ha inquinato la nostra aria, interrotto le nostre attività di pesca, usato sussidi pubblici per riempirsi le tasche e favorito una distruzione climatica ancora più devastante. Ora si stanno assicurando decenni di ulteriori danni con acquirenti europei che non oserebbero mai fare il fracking nella loro stessa terra. Smettete di fare accordi con il diavolo!», dice James Hiatt di Better Bayou, Louisiana, dove hanno sede gli impianti della Venture Global, esistenti e in fase di pre-costruzione.

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