Forno elettrico a Genova, metalmeccanici compatti: “Sì al lavoro ma Urso risponda su investimenti e salute”


Genova. “Il messaggio che passa è quello di una città tutta, sindacato, parti sociali, istituzioni, favorevole all’insediamento di un nuovo impianto industriale a Genova”. E’ stata la frase scandita al megafono da Stefano Bonazzi, segretario generale della Fiom di Genova, all’uscita dal palazzo della prefettura e dal tavolo con il ministro delle Imprese Adolfo Urso sull’ipotesi del forno elettrico nello stabilimento ex Ilva di Cornigliano.
Fiom e Cgil: “Questa città non sopravvive di solo terziario, senza forno rischi per l’occupazione”
Prima dell’incontro i sindacati metalmeccanici hanno organizzato un breve corteo con presidio sotto la prefettura con fumogeni e slogan: “Lavoro e ambiente pulito”. Sostanziale condivisione della linea da parte delle varie sigle, con qualche differenza di sfumatura tra confederali e sindacati di base, e tra segreterie generali e sigle metalmeccaniche. Ma l’opinione generale è che Genova non possa permettersi di perdere il treno della siderurgia. “Il rischio di non avere un forno elettrico è che prima o poi la fabbrica chiuda lasciando a casa 900 persone“, tuonava, prima del vertice, Franco Grondona, storico esponente della Fiom genovese.
“Da anni Cgil e Fiom – si legge in una nota congiunta – sostengono che la nostra economia non può essere schiacciata solo su servizi, commercio e turismo, senz’altro settori economici importanti, ma da soli non sufficienti a garantire sviluppo e lavoro di qualità. Tra l’altro, in una regione che sta vivendo un pesante inverno demografico, dove fare a meno dello sviluppo industriale significherebbe condannare i giovani all’emigrazione e la Liguria ad un veloce declino demografico. Infine è indispensabile che nei nuovi investimenti siano garantite le risorse che il quartiere di Cornigliano aspetta da tempo e che questi possano finalmente portare a compimento la completa riqualificazione e lo sviluppo economico e sociale”.
Fim e Cisl: “Forno opportunità ma sia realizzato con criteri di sostenibilità ambientale”
Più cauta la Cisl, non tanto sull’ipotesi forno – anzi, un esponente nazionale della Fim, Valerio D’Alò ha addirittura appoggiato l’idea di un dri a Genova – ma sulla possibilità che essa diventi realtà: “Ci aspettavamo risposte più precise e dettagliate dal ministro Urso: non possiamo dirci soddisfatti“, è la posizione espressa dal segretario generale della Cisl Liguria, Luca Maestripieri, e dal segretario generale della Fim Liguria, Christian Venzano, dopo l’incontro di oggi.
Secondo i sindacalisti Cisl, il rilancio dell’ex Ilva continua a essere caratterizzato da troppe incertezze: “Ciò che serve al Paese è un grande piano unitario per rilanciare la siderurgia italiana, non soluzioni parziali o frammentate”. Per Cornigliano, spiegano Maestripieri e Venzano, “il forno elettrico può rappresentare un’opportunità importante sia dal punto di vista produttivo sia sotto il profilo occupazionale, ma solo a una condizione imprescindibile: che venga realizzato con criteri di piena e certificata sostenibilità ambientale“.
La Cisl e la Fim ribadiscono inoltre la necessità di un pacchetto di investimenti concreti: “Cornigliano ha bisogno di una prospettiva industriale solida e duratura e di un ripristino effettivo delle condizioni di sicurezza nello stabilimento. Senza queste garanzie, ogni ipotesi di rilancio rischia di rimanere incompiuta”.
Uilm: “Incontro odierno non ha risolto tutte le questioni”
Antonio Apa, coordinatore Uilm Liguria parla di “Adesione del sindacato, della città e delle istituzioni alla realizzazione del forno elettrico a Genova – afferma Apa – ma a mio avviso l’incontro odierno non ha risolto sostanzialmente tutte le questioni attorno alla vicenda siderurgica, indipendentemente dal forno elettrico sul quale abbiamo dato la nostra adesione, rimangono alcuni punti decisivi che esigono assolutamente delle risposte. In primis ancora non si intravede un punto di equilibrio tra governo e istituzioni locali tarantine poiché non è stato realizzato un accordo di programma ma solo un documento di intenti. Per poter salvare la siderurgia all’interno di questo Paese occorrono scelte decisive non più rinviabili. Se qualcuno ostenta la volontà di realizzare solo tre forni elettrici, un dri e non la nave a gas significa la chiusura della siderurgia”.
“Invece, come sostiene da sempre la Uilm in tutte le sedi, bisogna realizzare tre forni elettrici a Taranto e uno a Genova, più quattro dri e il gas sempre a Taranto. In questo modo si creerebbero le condizioni per salvaguardare l’assetto siderurgico. In questo contesto abbiamo richiamato il ministro Urso su altre due questioni dirimenti: la prima che è necessario che il governo, così come era presente nel passato con Invitalia, mantenga una sua presenza finanziaria nell’ambito di chi acquisisce il gruppo siderurgico; la seconda è che sono necessarie più risorse in quanto il miliardo e 700 milioni dati in dotazione sono insufficienti”.
Riccardo Serri, segretario generale Uil Liguria, è più critico: “Incontro deludente, nessuna strategia vincente per le acciaierie, per l’economia e il lavoro servono idee, coraggio e determinazione. Sul territorio non si riesce a fare sistema ed il ministro non è riuscito a dare un orizzonte alle acciaierie di Cornigliano. La politica dell’emergenza non funziona più. Occorre mettere a sistema ciò che abbiamo in termini di risorse industriali, politiche, istituzionali per mettere al centro la qualità del lavoro, del reddito e delle strategie per il rilancio. Un’economia sana produce, non si fa solo con il terziario. Le aree ex Ilva sono troppo appetibili ma non possiamo destinarle solo al terziario. Siamo per la produzione e per un patto per l’economia e per il lavoro che superi quelli piccoli di turismo, commercio, artigianato. Abbiamo bisogno dell’impegno di politica e istituzioni per porre al centro la questione industriale a Genova e in Liguria”.
Bellapianta (Usb): “Quale riconversione possibile?”
Per Matteo Bellapianta, dell’Usb ci sono vari problemi da affrontare: “Taranto non accetta la nave rigassificatrice, non accetta l’accordo di programma. Quindi Genova rimane comunque legata a Taranto. Non ce lo dobbiamo dimenticare. Poi sinceramente per noi questa ipotesi di piano A, piano B o piano C oggi il ministro è stato chiaro, sarà il privato a decidere cosa fare e dove fare”.
“Quindi oggi noi come Usb – conclude – vogliamo sia fatta chiarezza sulla questione occupazione, e questa riconversione come verrà fatta? Visto che gli altiforni a Taranto sono spenti. Questo è il nostro dubbio che l’abbiamo chiesto al ministro e il ministro non ci ha risposto”.
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