Germania. Merz fa di tutto e di più per armare l’Ucraina
di Giuseppe Gagliano –
C’è una nuova Germania, e parla il linguaggio della deterrenza. Non più l’interlocutore prudente che cercava di tenere il piede in due scarpe tra Mosca e Bruxelles, ma un attore militare-industriale a tutti gli effetti, pronto a legarsi mani e piedi a Kiev. Con l’accordo annunciato il 28 maggio tra il cancelliere Friedrich Merz e il residente ucraino Volodymyr Zelensky, Berlino ha formalizzato la propria partecipazione alla produzione in Ucraina di missili a lungo raggio. Un passo che segna non solo un impegno militare senza precedenti, ma anche una ridefinizione del ruolo tedesco nella geopolitica europea post-2022.
L’intesa, siglata con una lettera d’intenti, autorizza la produzione locale dei cosiddetti Long Range Fires e prevede l’assenza di limiti di gittata. Tradotto: sarà Kiev a decidere fino a dove spingersi, con implicazioni dirette per la strategia offensiva ucraina in territori controllati dalla Russia. La Germania, con un pacchetto di aiuti da 5 miliardi di euro, non si limita a inviare munizioni o supporti logistici: investe direttamente in un’industria bellica sul suolo ucraino, assumendosi una corresponsabilità strutturale nell’evoluzione del conflitto.
Il programma include anche nuovi sistemi di difesa aerea, forniture satellitari e l’importantissima infrastruttura logistica per la manutenzione. Berlino si è inoltre impegnata a coprire parte dei costi del servizio Starlink, la piattaforma di comunicazione via satellite divenuta cruciale per le operazioni ucraine sul campo.
Ma non è finita qui. Con una dichiarazione di portata strategica, Merz ha ribadito la volontà della Germania di opporsi in modo definitivo alla riattivazione del gasdotto Nord Stream 2, affermando che impedire il ripristino dei flussi energetici dalla Russia significa “indebolire la macchina da guerra di Mosca” e “aprire la strada a negoziati”. Parole pesanti, che prendono posizione in un dibattito mai sopito nel cuore della politica tedesca: cosa fare con le infrastrutture del gas, vero nervo scoperto delle relazioni con Mosca.
Va ricordato che i Nord Stream, fatti esplodere nel settembre 2022 da un commando ucraino, sono da tempo al centro di manovre sotterranee. Secondo diverse fonti, tra cui il Financial Times, Mosca avrebbe tentato di riattivarli tramite prestanome e intermediari con legami stretti al Cremlino. Alcuni politici tedeschi, come il premier della Sassonia Kretschmer, spingono per il ripristino dei flussi, motivandolo con la crisi energetica e la stagnazione industriale. Ma Merz ha scelto la strada opposta, abbracciando una logica di rottura definitiva con la Russia, anche a costo di ulteriori tensioni interne.
Il pacchetto militare annunciato da Berlino è dunque il simbolo di una svolta irreversibile. Non si tratta solo di forniture: è la costruzione di un’alleanza industriale bellica permanente tra una potenza dell’Unione Europea e un Paese in guerra con la Russia. È la dimostrazione che, almeno per Merz, non si torna indietro. Nessun negoziato, nessun gasdotto, nessun compromesso. Solo escalation e deterrenza.
E Zelensky? Da questa strategia ottiene più che semplici armi: ottiene una partnership politica che indebolisce le reticenze degli altri Stati europei. Di fianco a Merz, il presidente ucraino ha rilanciato la richiesta di sanzioni più dure contro Mosca, estese non solo all’energia, ma anche al sistema bancario russo e alla cosiddetta “shadow fleet”, la flotta fantasma che permette alla Russia di esportare petrolio eludendo le sanzioni occidentali.
Ma in tutto questo, resta una domanda cruciale: può la militarizzazione del conflitto, sostenuta da alleanze industriali come quella tra Kiev e Berlino, portare alla pace? O stiamo assistendo all’istituzionalizzazione di una guerra permanente, in cui l’economia di guerra diventa parte dell’ordine europeo?
Mentre Ursula von der Leyen lavora a nuove sanzioni e Washington valuta ulteriori forniture, l’Europa si ritrova sempre più imbrigliata in un conflitto che rischia di non avere più limiti territoriali, né temporali. E in cui la Germania, da ex colosso economico pacifista, è ora tornata ad essere, a pieno titolo, una potenza armata.
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