I quattro prezzi politici che Schlein ha pagato per salvare il campo largo

Agosto 9, 2025 - 05:00
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I quattro prezzi politici che Schlein ha pagato per salvare il campo largo

Obiettivamente Elly Schlein ce l’ha fatta. Voleva il campo largo, che poi significa avere il Movimento Cinque Stelle dentro la coalizione in tutte le Regioni che andranno al voto nei prossimi mesi, e questo lo ha ottenuto. Ha sudato sette camicie e lavorato giorno e notte: e il risultato c’è. Al Nazareno la cosa è vissuta come l’antipasto del campo largo alle prossime elezioni politiche ma, con altrettanto spirito obiettivo, questo non lo può giurare nessuno: con un giocatore di poker come Giuseppe Conte tutto è possibile, e mancano due anni al voto.

Più concretamente, a queste regionali l’alleanza larga dovrebbe essere più competitiva, anche se, andando al sodo, qui la competizione vera sarà solo nelle Marche, dove Conte ha graziosamente elargito la benedizione a un Matteo Ricci gravato da un’indagine i cui sviluppi sono imprevedibili. Ieri il Corriere della Sera ha riportato una frase dell’avvocato secondo il quale anche in caso di rinvio a giudizio Ricci non perderebbe comunque l’appoggio del Movimento. Vedremo.

La domanda, piuttosto, è capire quali prezzi la leader del Pd abbia dovuto pagare per ottenere l’en plein del campo largo. Il primo prezzo consiste nell’aver dovuto subire la costante pressione, spesso polemica, del capo del Movimento, a partire proprio dal caso Ricci, allorquando Conte annunciò di voler vedere le carte dell’inchiesta (ma quali poi?) prima di emettere la sentenza favorevole al candidato dem, che in tempo reale lo ringraziò sentitamente come un imputato fa con il giudice che lo assolve.

È anche in Toscana, dove pure è del tutto ininfluente, Conte si è affannato a sottolineare che sarebbe stato un «sacrificio» appoggiare Eugenio Giani e che solo uno di questi grotteschi voti online avrebbe potuto sciogliere il nodo gordiano: col risultato che alla fine è prevalso lo spirito di sacrificio, cioè un probabile assessore pentastellato. Schlein ha assistito a queste manfrine senza battere ciglio e senza smuovere l’orgoglio di un partito che oltretutto è molto più forte: una bella prova di tenuta nervosa, o di masochismo, se si preferisce.

Il secondo prezzo pagato dalla segretaria è quello imposto dai famosi cacicchi. Vincenzo De Luca in Campania le ha fatto ballare la rumba, alla fine – così almeno pare – imponendo il figlio Piero a capo del partito campano, oltre la garanzia che verrà confermato deputato e la certezza di assessorati pesanti per i suoi fedelissimi.

Un prezzo pesante per cosa poi? Per mandare alla guida della Regione Campania il grillino-contiano Roberto Fico, uno del tutto privo di esperienza amministrativa, già dimenticabilissimo presidente della Camera, figura politicamente di secondo piano di cui nulla si ricorda se non una sua foto in autobus in chiave polemicamente anti-casta. Dunque, in Campania ci sarà un governo De Luca-ter con una foglia di Fico.

Terzo prezzo che Schlein ha dovuto pagare è il fatto che dei candidati-presidenti Pd non ce n’è uno vicino a lei: fallito l’assalto a Giani per metterci Marco Furfaro – assalto condotto pesantemente anche con una vicenda oscura come quella della federazione di Pisa commissariata senza spiegazioni – la leader dem deve prendere atto che né Ricci né tantomeno Antonio Decaro in Puglia sono schleiniani, come d’altronde non lo sono Michele De Pascale, che vinse in Emilia-Romagna, o Silvia Salis, che ha prevalso a Genova.

Quarto prezzo, forse è il più inquietante: i programmi. Basti guardare le addirittura ventitré condizioni poste da Conte in Toscana: tra queste, il no alla nuova pista dell’aeroporto di Firenze (lo scoglio sulla carta più tosto), il no alla stazione Medio Etruria, il no alle basi Nato in Toscana (una richiesta ridicola perché su questo non decide la Regione) e il no alla Multiutility spoglia di società in house per la gestione dei servizi pubblici, a partire dall’acqua.

Si vedrà se il Pd trangugerà questi diktat (e sarà interessante capire cosa diranno gli altri componenti della coalizione, e lo stesso Giani). Di certo, da questo punto di vista, si comincia male. Ma Elly è contenta così.

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