L’Italia con le idee chiare di Mattarella, e quella di Meloni-signora Tentenna

L’Italia di Sergio Mattarella, con le idee chiare sui pericoli e la schiena dritta per fronteggiarli. E l’Italia di Giorgia Meloni, tentennante se non ambigua, un po’ da 8 settembre.
La situazione al momento è segnata dalle folate di ottimismo su un qualche accordo Usa-Ucraina. Vedremo. Ma intanto tra Quirinale e Palazzo Chigi si apre il consueto baratro. Domani in Parlamento, prima alla Camera e poi al Senato, ci saranno le consuete comunicazioni di Giorgia Meloni alla vigilia del Consiglio europeo di giovedì e venerdì. Sarebbe bellissimo se tutto il Parlamento votasse queste parole pronunciate ieri dal presidente della Repubblica in un discorso davvero mirabile: «Permane l’aggressione russa ai danni all’Ucraina con l’aberrante intendimento di infrangere il principio del rifiuto di definire con la forza gli equilibri dei confini in Europa. Azione ritenuta irresponsabile e inammissibile già cinquanta anni fa alla conferenza di Helsinki sulla cooperazione e la sicurezza nel continente».
Già, sarebbe bellissimo se tutti i deputati e i senatori sottoscrivessero l’assunto del Presidente: non si cambiano i confini delle nazioni con la forza. Purtroppo non succederà. Perché la prima a non poter aderire a questo messaggio così netto è la presidente del Consiglio che, è vero, non ha mai esitato a schierarsi dalla parte di Kyjiv ma ha sempre tentennato a trarne le conseguenze: per non urtare Donald Trump, per non creare problemi con Matteo Salvini. Meloni alza la voce a Atreju – bella forza – ma non laddove sarebbe giusto e necessario, nell’esecutivo: la differenza che passa tra una statista e una capo-partito sta qui, e non è poco. Sono mesi che la premier traccheggia.
Va alle riunioni dei Volenterosi come se andasse dal dentista a farsi tirare un dente, resta sempre dieci passi indietro al momento di prendere decisioni importanti. E infatti nella bozza della risoluzione di maggioranza in vista del dibattito di domani non compaiono impegni concreti né sul piano militare né su quello finanziario; si rende omaggio alla “mediazione” di Trump; si frena sui tempi della adesione di Kyjiv all’Ue: Salvini è accontentato. Questa è la posizione ambigua dell’Italia mentre l’Unione europea non può rinviare la scelta se continuare a esistere o rassegnarsi a essere una periferia del mondo, schiacciata tra la bestialità di Putin e l’arroganza di Trump. Il punto centrale – come osserva Lia Quartapelle – è quello degli asset russi congelati. Usarli per sostenere l’Ucraina oppure no. Il resto è contorno, tattica, alibi. Senza un sostegno finanziario serio, continuativo, l’Ucraina non potrà difendersi né militarmente né politicamente.
Tutto il mondo ha capito che senza il necessario sostegno sarà costretta ad accettare una pace imposta, cioè una resa mascherata, scritta altrove e firmata sotto ricatto. È stato approvato un primo regolamento, necessario per lanciare il prestito, ma, oltre ai ruggiti di Mosca, subito sono emersi i tentennamenti, le paure, le furbizie. L’Italia, insieme a Belgio, Malta e Bulgaria, chiede alternative: il debito comune, una roba impraticabile perché bloccata dalla mancanza di unanimità. Di fatto, il governo italiano sta ostacolando una misura assolutamente necessaria per Kyjiv barattando il sostegno all’Ucraina con la compiacenza di Salvini. Così Meloni dimostra non solo la sua doppiezza, che si potrebbe definire in modo più duro, ma anche di non capire cosa sta succedendo nel mondo.
E qui torna il bellissimo discorso di Mattarella che lei dovrebbe leggere e rileggere e, se del caso, farselo spiegare. «È evidente che è in atto un’operazione, diretta contro il campo occidentale, che vorrebbe allontanare le democrazie dai propri valori, separando i destini delle diverse nazioni»: l’attacco all’Ucraina, cioè, è parte integrante di un progetto teso a annichilire progressivamente l’autonomia e la democrazia dei Paesi europei. Con dura amarezza il Capo dello Stato ha ammonito: «Non è possibile distrarsi e non sono consentiti errori». E lo ha detto sapendo che errori e distrazioni sono all’ordine del giorno di questo governo che egli, senza minimante strappare l’ordito politico e costituzionale, tenta da mesi di ricondurre sulla via di un serio impegno incontrando il favore di Guido Crosetto ma non quello della presidente del Consiglio. In tutto questo, manco a dirlo, le opposizioni proseguono in ordine sparso tra un Pd che tiene la barra ma senza esagerare (allora ditelo che non volete fare uno straccio di manifestazione pro-Kyjiv) e un Giuseppe Conte, l’alleato-non alleato, che vuole dare carta bianca al Re di Washington. Nell’insieme, c’è da vergognarsi di questa politica.
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