L’Europa è pronta a guidare una forza multinazionale in Ucraina

L’Europa è pronta a guidare una forza multinazionale in Ucraina, possibilmente con il sostegno degli Stati Uniti, come parte di un nuovo pacchetto di garanzie di sicurezza per arrivare a un accordo di pace tra Kyjiv e Mosca. È il principale risultato dai colloqui di Berlino degli ultimi due giorni, dove il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha incontrato i principali leader europei, oltre agli inviati di Donald Trump, Steve Witkoff e Jared Kushner. In totale, si sono svolte otto ore di negoziati in due giorni.
Zelensky ha parlato di negoziati «non facili», ma ha riconosciuto che sul terreno delle garanzie di sicurezza si è fatto «un reale progresso». Due nodi, però, restano irrisolti. Il primo riguarda il futuro dei territori che la Russia non controlla ma che vorrebbe occupare: «C’è stato molto dialogo sul tema del territorio, ma francamente abbiamo ancora posizioni diverse», ha detto il presidente ucraino, ribadendo che qualsiasi concessione potrà avvenire solo con il consenso del popolo ucraino. Il secondo nodo, quello più difficile da sciogliere, riguarda Vladimir Putin: l’autocrate non ha ancora dimostrato alcuna volontà di fare compromessi e concessioni, e non sembra aver cambiato idea proprio ieri.
Il piano in discussione è quello messo sul tavolo da Washington, e prevede garanzie paragonabili a quelle dell’Articolo 5 della Nato, pur senza un’adesione formale di Kyjiv. In concreto, l’Ucraina potrebbe mantenere un esercito permanente di circa ottocentomila uomini, mentre una Forza Multinazionale Ucraina guidata da una coalizione di volenterosi europei opererebbe sul terreno per contribuire alla sicurezza dei cieli, del Mar Nero e alla ricostruzione delle capacità militari ucraine. Gli Stati Uniti, dal canto loro, si assumerebbero la guida di un meccanismo di monitoraggio del cessate il fuoco e di allerta precoce in caso di nuove aggressioni russe, senza però schierare truppe sul terreno. Ci sarebbe poi anche un impegno legalmente vincolante, soggetto a procedure nazionali, a intraprendere azioni per ripristinare la pace e la sicurezza in caso di futuro attacco armato della Russia. Queste misure possono includere l’uso della forza armata, assistenza in materia di intelligence e logistica, nonché azioni economiche e diplomatiche.
Secondo l’amministrazione Trump, questo proposto a Berlino rappresenterebbe il più robusto insieme di garanzie mai offerto all’Ucraina e potrebbe convincere Mosca ad accettare l’accordo. In realtà bisognerebbe sistemare ancora alcuni punti chiave. Resta infatti aperta la questione del Donbas: Washington spinge per un ritiro delle truppe ucraine dalle aree ancora controllate, ipotizzando la creazione di una “zona economica libera” o demilitarizzata. Zelensky ha espresso forti dubbi sulla proposta, chiedendo garanzie concrete che impediscano a Mosca di occupare quei territori una volta ritirate le forze di Kyjiv. «Se una parte si ritira e l’altra resta dov’è, chi impedirà ai russi di avanzare o di infiltrarsi?», ha chiesto il leader ucraino.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha parlato di «un’occasione reale per un processo di pace», sostenendo che per la prima volta dal 2022 un cessate il fuoco appare all’orizzonte. In una dichiarazione congiunta, i leader di Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Polonia e altri Paesi europei hanno salutato i «significativi progressi» dei colloqui, sottolineando la necessità di garanzie solide per evitare una nuova aggressione russa.
Donald Trump, dal canto suo, ha rivendicato di essere «più vicino che mai» a un accordo, parlando di colloqui «molto lunghi e molto buoni» (il suo vocabolario è molto ristretto, come sempre) sia con Zelensky sia con Vladimir Putin. Ma da Washington filtra anche un avvertimento: l’offerta americana non resterà sul tavolo indefinitamente. «Le garanzie sono disponibili ora, ma non per sempre», ha detto un alto funzionario statunitense.
Per Zelensky, una cosa è chiara: senza garanzie credibili e senza una decisione condivisa dagli ucraini sul destino dei territori, la pace non può essere solo una firma su un documento, ma dovrà rappresentare una sicurezza reale e duratura. Resta poi da capire Vladimir Putin sia disposto ad accettare un accordo che limiti la sua libertà d’azione futura. Questo è ancora tutto da vedere.
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