I ricci sono a rischio estinzione: la loro scomparsa nel Mediterraneo preoccupa gli esperti

I ricci di mare sono a rischio di estinzione a causa dell’inquinamento degli oceani: la loro prossima scomparsa nel Mediterraneo preoccupa gli esperti.
Muoiono in silenzio, nascosti sui fondali marini. Presto la loro specie potrebbe scomparire per sempre, ma gli esseri umani non se ne rendono conto. Nel Mediterraneo i ricci di mare stanno scomparendo. A dimostrarlo sono i monitoraggi effettuati lungo le coste di Puglia e Sicilia. Ma quale è la ragione della morte dei ricci? E come è possibile cercare almeno di arginare, se non risolvere, il problema?
La scomparsa dei ricci di mare dal Mediterraneo: un’ecatombe silenziosa
Ad essere in pericolo di estinzione è il riccio di mare viola, noto scientificamente come Paracentrotus lividus. La lenta scomparsa di questa specie metterà a rischio lo stesso equilibrio degli ecosistemi marini del Mar Mediterraneo.
A lanciare l’allarme è stato uno studio internazionale pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Scientific Reports, che documenta la scomparsa progressiva di questa specie chiave per la biodiversità e l’economia delle coste mediterranee. La ricerca è stata condotta da un team multidisciplinare coordinato dal professor Stefano Piraino, direttore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento.
L’ecosistema è un insieme naturale formato da una comunità di organismi e dall’ambiente fisico nel quale vivono. In un ecosistema ogni singola forma di vita, da quella più piccola a quella più grande, ha un suo ruolo fondamentale. Dalle ostriche (minacciate dalla pesca delle perle) alle formiche della savana, ogni specie vivente influenza l’ambiente in cui vive. La scomparsa dei ricci potrebbe portare a danni irreversibili per l’oceano. Il ricercatore Andrea Toso, primo autore dello studio, ha sottolineato come il riccio di mare rappresenti un indicatore ecologico fondamentale. La sua scomparsa mette a rischio non solo una risorsa gastronomica tipica del Mediterraneo, ma riflette anche un profondo squilibrio ambientale.
Il progetto per salvare i ricci e comprenderne i motivi della loro scomparsa si inserisce nel quadro delle attività del National Biodiversity Future Center (NBFC) e ha coinvolto anche ARPA Puglia, l’Università di Palermo e l’Università di Malta. Lo studio ha permesso di analizzare la popolazione di ricci nel Mediterraneo, attraverso monitoraggi intensivi effettuati nell’estate del 2023 lungo le coste di Puglia e Sicilia.
Le rilevazioni hanno mostrato una densità media di meno di 0,2 individui per metro quadrato, con notevoli differenze tra aree marine protette e non. Si tratta di un dato preoccupante dal punto di vista ecologico. Secondo gli studiosi, il sovrasfruttamento della specie e l’aumento della temperatura delle acque sono i fattori principali della scomparsa dei ricci marini.
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Secondo i dati raccolti negli ultimi trent’anni, l’ondata di calore del 2003 e un progressivo riscaldamento del Mediterraneo sono stati i momenti chiave dell’inizio del declino della popolazione dei ricci. Gli scienziati evidenziano la necessità di azioni urgenti e mirate, come il rafforzamento del monitoraggio ambientale e l’adozione di politiche di pesca sostenibili, capaci di tenere conto anche degli effetti del cambiamento climatico.
Ogni animale piccolo o grande che sia influenza gli ecosistemi. Le balene, ad esempio, influenzano il ciclo dei nutrienti e la quantità di carbonio, modificando reti alimentari e regolando persino il clima. L’urina delle balene influenza lo spostamento di enormi quantità di nutrienti in mare. A tale proposito si parla di “whale pump”, fertilizzatori galleggianti rilasciati dai grandi cetacei. Nutrendosi nella profondità degli oceani e tornando in superficie per respirare, le balene rilasciano elementi come ferro e azoto, indispensabili per far crescere e proliferare il fitoplancton e che altrimenti resterebbero inaccessibili nelle profondità oceaniche. Sfortunatamente, le balene come moltissime altre specie marine sono a rischio estinzione a causa dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e della pesca, e i pesci come gli squali sono tra queste. Gli agenti inquinanti e le emissioni di CO2 secondo recenti studi porteranno infatti la Terra a perdere più di un decimo del suo patrimonio vegetale e animale e all’estinzione di una specie vivente su dieci. Per questo motivo assume grandissima importanza la salvaguardia degli oceani e del Pianeta.
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La biodiversità è a rischio così come gli ecosistemi. Nella lista rossa delle specie in via di estinzione si allunga ogni anno. Secondo le ultime ricerche apparse sulla pubblicazione scientifica statunitense, la «Science Advances», il pianeta Terra «potrebbe perdere più di un decimo delle sue specie vegetali e animali entro la fine del secolo». Gli scienziati affermano infatti che una specie su dieci si estinguerà per i cambiamenti climatici nei prossimi decenni. (di Elisabetta Guglielmi)
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