Il Parlamento europeo vicino a chiedere di vietare i social network ai minori di 16 anni
Bruxelles – La questione della protezione dei minori online e della possibile imposizione di una maggiore età digitale a livello UE entra nel vivo al Parlamento europeo. l’Aula di Bruxelles potrebbe per prima – dando seguito agli allarmi lanciati da diversi Paesi membri – chiedere che la Commissione europea proponga un divieto d’accesso ai social media per i minori di 16 anni. A spingere, è soprattutto la ‘piattaforma’ centrista guidata da popolari (PPE) e socialisti (S&D).
I dati in possesso degli eurodeputati sono inquietanti: il 97 per cento dei giovani utilizza Internet quotidianamente, il 78 per cento degli adolescenti tra i 13 e i 17 anni dichiara di controllare i propri dispositivi almeno ogni ora, i giovani tra i 16 e i 24 anni trascorrono in media oltre sette ore al giorno su Internet, l’84 per cento dei bambini tra gli 11 ai 14 anni gioca regolarmente ai videogiochi. E un giovane su quattro “mostra un uso problematico o disfunzionale” dello smartphone.
La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) del Parlamento europeo è partita da questa fotografia per orientarsi nella stesura di una risoluzione non legislativa, curata dalla socialista Christel Schaldemose, approvata lo scorso 4 novembre a larga maggioranza. La prossima settimana, il testo che chiede “l’istituzione di un limite di età digitale europeo armonizzato di 16 anni come soglia predefinita al di sotto della quale non dovrebbe essere consentito l’accesso alle piattaforme di social media online, a meno che i genitori o i tutori non abbiano autorizzato i propri figli a farlo” approderà in sessione plenaria.
Non solo, il testo approvato in IMCO chiede “che lo stesso limite di età si applichi alle piattaforme di condivisione di video e agli assistenti di intelligenza artificiale che presentano rischi per i minori” e soprattutto “un limite di età digitale europeo armonizzato di 13 anni, al di sotto del quale nessun minore possa accedere alle piattaforme di social media”. La Commissione europea sta lavorando da tempo a misure più strette sulla protezione dei minori dai rischi di dipendenza, abusi ed esposizione a contenuti dannosi online. Il Digital Services Act, in vigore dal febbraio 2024, obbliga le grandi piattaforme a valutare i rischi per i più giovani e mettere in campo strumenti efficaci per prevenirli. A luglio, Bruxelles ha avviato un progetto pilota in cinque Paesi membri (tra cui l’Italia) per testare un’applicazione per la verifica dell’eta online, che consentirebbe alle piattaforme di ricevere solo la prova che l’utente sia o meno maggiorenne, senza dover a loro volta chiedere dati personali.
Per di più, in cantiere c’è lo European Digital Identity Wallet, con il quale “si potrà mantenere il pieno controllo dei propri dati, ma autenticare e verificare la propria età quando si utilizzano determinati servizi”. Ma finora, la Commissione europea ha sempre respinto l’eventualità di imporre un’età digitale a livello UE: come stabilito dal Regolamento sulla Protezione dei dati (Gdpr), “spetta agli Stati membri stabilire e fissare la maggiore età digitale tra i 13 e i 16 anni“, aveva spiegato pochi mesi fa il portavoce Thomas Regnier, rispondendo alle sollecitazioni del presidente francese Emmanuel Macron.
Il primo nodo è inevitabilmente quello relativo alla tutela della privacy: “Qualsiasi strumento di verifica dell’età utilizzato dovrebbe garantire il massimo livello di accuratezza e affidabilità e soddisfare rigorosi criteri di protezione dei dati e di sicurezza informatica per garantire la sua conformità con i nostri diritti fondamentali”, sottolinea il gruppo dei socialisti e democratici (S&d) in un comunicato stampa in vista del voto.
Oltre ai socialisti, anche il PPE spinge perché “l’accesso ai social media per i minori di 16 anni sia consentito solo con il consenso dei genitori“, ha confermato oggi il portavoce del gruppo, Daniel Köster. Anche i liberali di Renew e i Verdi dovrebbero essere a bordo. Dai banchi di destra, i Conservatori e Riformisti europei (ECR) – che in commissione IMCO si erano opposti alla risoluzione – avvertono sul rischio che l’obiettivo di garanzie più forti per i bambini “diventi un pretesto per trasformare Internet in uno spazio di costante identificazione e sorveglianza“. La linea del gruppo conservatore è che “i genitori debbano rimanere al comando”: il portavoce Michael Strauss ha affermato che “la Commissione dovrebbe rafforzare gli strumenti di controllo parentale piuttosto che monitorare ogni utente”.
Sugli strumenti di parental control, la risoluzione al vaglio dell’Eurocamera è più scettica: sostiene che “rimangono frammentati tra diverse piattaforme e dispositivi e sono spesso difficili da utilizzare in modo efficace per i genitori”. E che questi ultimi “spesso non dispongono delle conoscenze, delle competenze e degli strumenti adeguati ed efficaci per monitorare e gestire le attività online dei minori”.
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