IL TAORMINA FILM FESTIVAL EDIZIONE 71 CELEBRA MARTIN SCORSESE

Giugno 18, 2025 - 22:00
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IL TAORMINA FILM FESTIVAL EDIZIONE 71 CELEBRA MARTIN SCORSESE

“Taxi driver”, “Toro scatenato”, ”Quei bravi ragazzi”, ”The Aviator” e “The Wolf of Wall Street”. Sono soltanto alcuni dei film esaltati dalla direzione di uno dei più grandi registi mondiali di tutti i tempi. Si tratta di Martin Scorsese, premio Oscar nel 2007 con The Departed – Il bene e il male”, pellicola con protagonista Leonardo Di Caprio, uno degli attori, assieme a Daniel Day-Lewis, Harvey Keitel e, soprattutto, Robert De Niro, con cui il director di origine italiana ha imbastito proficue e memorabili collaborazioni cinematografiche. Lo scorso 12 giugno, al Teatro Antico di Taormina, il Taormina Film festival ha esaltato Scorsese, peraltro protagonista di una masterclass pomeridiana, omaggiandolo con il Lifetime Taormina Achievement Award, consegnatogli dall’Assessora per il Turismo, lo Sport e lo Spettacolo della Regione Sicilia, Elvira Amata.

Il pluripremiato cineasta newyorchese, classe 1942, si è concesso al pubblico e ai giornalisti, donando alcuni suoi pensieri e aneddoti della sua vita.

Cos’è per lei il cinema?

Risponderò citando un grande regista del passato. Frank Capra diceva che la sua dipendenza era il cinema. Lui diceva, quando in realtà tu soffri di una dipendenza, l’unico modo per venirne fuori è creartene un’altra, e poi ancora un’altra, e un’altra, e un’altra. Le mie dipendenze che si susseguono sono le storie che di volta in volta mi attraggono e che divengono i miei film. Per me, l’unica cura per la mia “pazzia” per i film è fare altri film.

 Quando e come è incominciato il suo legame con il mondo del cinema?

 Occorre una premessa. In USA, fatta eccezione per i nativi americani, noi siamo tutti immigrati, discendenti di immigrati, figli di immigrati. Il paese è giovane perché ha soltanto 250 anni di storia. È un po’ come quando un bambino comincia a gattonare e comincia a pensare di poter crescere. Ma, prima o poi, i figli di tutti gli immigrati vengono richiamati dalle proprie origini. Le origini chiamano sempre e ti portano a tornare ad esse. Il mio richiamo alle origini giunge nel 1948, quando avevo solo 5 anni. Mi ricordo bene di quello che succedeva all’epoca, perché a casa nostra c’era una televisione con uno schermo piccolino e con un canale che trasmetteva solo film italiani, una volta a settimana, per tutta la comunità. Quella settimana fu trasmesso “Paisà” di Roberto Rossellini. Ho un ricordo vivido di quella serata, perché i miei nonni sono venuti a casa insieme a tutti gli zii; ci siamo riuniti attorno alla tavola per guardare questo film e indovinate un po’? Quel film comincia proprio in Sicilia. In quegli anni mi accorgo che le persone che sono nel film, in realtà, stanno parlando la stessa lingua che parlano i miei genitori, i miei nonni. Non c’è nessuna differenza. La cosa bella è che mi rendevo conto che quel film in realtà era stato girato proprio diciamo “sul posto”. Insomma, non era stato fatto in uno dei grandi studios americani in cui venivano ricreati gli ambienti per somigliare ai paesi dei soggetti cinematografici. E questo mi ha contemporaneamente ancorato ancor di più alle mie origini e mi ha scatenato una grande passione per il cinema. Tra l’altro, nel mio caso il cinema ha giocato veramente un ruolo importante per me perché ero sempre ammalato da piccolo e quindi mi muovevo sempre tra il cinema e altri luoghi a me familiari nel quartiere. Comunque, quella serata mi ha colpito proprio per la verità che veniva fuori da quel televisore, perché addirittura si era creata un’atmosfera per cui le persone che erano attorno a me interagivano con i personaggi che erano dentro al film. Quindi, quella sera, mi sono reso conto che veniva raccontata una storia vera e, soprattutto, che quella storia veniva raccontata nel modo in cui la mia famiglia stessa l’avrebbe fatto ed era la prova dell’esistenza del neorealismo. È arrivata la chiamata, quella sera, me lo ricordo benissimo. È arrivata una sorta di epifania. In quel momento io riuscivo a sentire quello che riuscivano a sentire anche gli altri nella stanza perché quel film stava parlando a loro e questo mi è arrivato in modo nitido.

 Quindi, in fondo, è La Sicilia ad averla avvicinata dl mondo del cinema?

Ed è bello notare una cosa. La Sicilia mi ha portato a fare il cinema e il cinema mi ha portato anche a venire qui in Sicilia. Ogni volta che io viaggio, ogni volta che io vengo qui, ripercorro tutto il cinema fatto da Visconti, da Rosi e avverto le sensazioni legate agli scritti di Tomasi di Lampedusa. Per me, inoltre, è una sensazione incredibile, bellissima, essere all’interno di questo teatro.

 Quanto la sua infanzia ha influito sul suo essere cineasta?

Essere cresciuto in un ambiente difficile ha molto condizionato il mio modo di fare cinema. Ho passato la mia infanzia con una cultura siciliana. A due passi da noi, c’erano i napoletani e poi i calabresi. Da un lato, si evidenziavano i valori tradizionali di famiglia e solidarietà e, dall’altro lato, c’era la vita di strada e il crimine organizzato. Tutti allo stesso livello. Questo è il mondo che mi ha modellato.

Un’altra sua grande passione è l’archeologia.

Proprio la scoperta della Sicilia mi ha portato anche ad amare tantissimo l’archeologia. L’amore, la storia e la cultura che trovo in questa terra mi hanno portato ad amare tantissimo l’archeologia. È straordinario essere qui in un grande teatro greco antico. È qualcosa di straordinario. E sullo sfondo abbiamo anche l’Etna. Con un’archeologa, proprio sul patrimonio siciliano, abbiamo fatto una lunga ricerca insieme, scoprendo delle cose molto interessanti.

Cosa pensa delle politiche di Trump?

Trump fonda i suoi comportamenti su rabbia e odio, colpendo profondamente le persone e facendo male, indirettamente, pure a sé stesso. In questa amministrazione non riscontro compassione. Anzi, sembra che siano felici del contrario: pare che si compiacciano nel ferire e nell’umiliare.  La democrazia sembra a rischio. Bisogna comprendere quanto potere può esercitare un presidente, fino a dove può spingersi. Al contempo, bisogna capire per quanto tempo il popolo americano tollererà politiche che potrebbero determinare costi sociali ed economici molto importanti, come nel caso dei dazi.

L’intelligenza artificiale è una determinante della realtà sempre più invasiva.

Con l’AI non si comprende più cosa sia vero e cosa no. A volte non si riesce a capire se quello che osserviamo, una foto o un video, sia vero o falso. E questo altera la nostra percezione di ciò che ci circonda. Quindi, nonostante gli aspetti positivi, avverto parecchi elementi destabilizzanti.

di Gianmaria Tesei

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