Chiarimenti sulla collaborazione tecnica tra in house e amministrazione controllante
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Confini funzionali, responsabilità e neutralità competitiva della collaborazione tecnica tra in house e amministrazione controllante: focus a cura del Dott. Luca Leccisotti.
L’astratto di questo elaborato mette a fuoco la cooperazione operativa tra i dipendenti della società in house e il personale dell’ente controllante nei procedimenti di gara e nell’esecuzione dei contratti pubblici, tema che incrocia la natura pubblicistica dell’in house providing, la disciplina sulle funzioni tecniche, i limiti alla commistione di ruoli e le cautele necessarie per garantire neutralità competitiva quando l’in house assista l’ente in affidamenti che coinvolgono operatori di mercato.
La tesi centrale è che la collaborazione tecnica è ammissibile e, in molte ipotesi, funzionale al principio di risultato, purché rimanga entro perimetri chiari: distinzione netta tra poteri valutativi e supporto tecnico, tracciabilità degli apporti, prevenzione dei conflitti di interessi e piena separazione tra funzioni di stazione appaltante e attività d’impresa della società in house, soprattutto quando quest’ultima opera anche sul mercato per quota non marginale.
Qualifica della società in house
La qualifica dell’in house come longa manus organizzativa dell’amministrazione controllante, delineata dall’art. 192, d.lgs. 50/2016 e oggi riflessa nel Codice del 2023, legittima l’affidamento diretto dei contratti alla società partecipata quando ricorrano i requisiti comunitari (controllo analogo, attività prevalente, capitale pubblico) e allo stesso tempo consente forme di cooperazione istituzionale che non si esauriscono nell’affidamento di esecuzioni ma coprono, a certe condizioni, anche attività di supporto alla stazione appaltante nelle fasi di programmazione, progettazione, gara ed esecuzione.
La giurisprudenza amministrativa più recente ha chiarito che tale supporto non può mai sconfinare nella sostituzione dei poteri decisori propri del RUP, del DEC o della commissione, né può alterare la neutralità del procedimento quando l’in house sia, o possa diventare, operatore economico interessato.
È qui che intervengono i principi codicistici di fiducia e trasparenza: la collaborazione è uno strumento per fare meglio e più in fretta, non un varco per concentrare in capo alla partecipata funzioni che il legislatore tiene presidiate dalla responsabilità pubblica.
Collaborazione tecnica tra in house e amministrazione controllante
Sotto il profilo funzionale, la collaborazione tecnica può assumere tratti diversi.
- Nella programmazione, la società in house può fornire analisi di fabbisogni, benchmark di costi standard, studi di fattibilità tecnico-economica, schemi di capitolato tipo coerenti con i bandi-tipo e le linee ANAC;
- nella fase di gara, può assicurare il supporto informatico e la gestione operativa della piattaforma, la verifica di congruità documentale, il presidio del FVOE per i profili meramente strumentali;
- nella fase esecutiva, può coadiuvare il DEC nelle verifiche di conformità e nel controllo dei livelli di servizio.
In tutte queste ipotesi, tuttavia, la responsabilità della decisione resta ferma in capo agli organi della stazione appaltante e non può essere “esternalizzata”: il RUP deve “fare propria” l’istruttoria, valutare criticamente i contributi, assumere il provvedimento e motivare. La firma non è un atto notarile, ma un’assunzione di responsabilità sostanziale: è la grammatica del nuovo Codice.
Rischi giuridici
I rischi giuridici si annidano soprattutto dove la partecipata svolga anche attività sul mercato. Se la società in house partecipa a gare indette da altri enti, la collaborazione con l’ente controllante nelle procedure di quest’ultimo deve essere disegnata in modo da non generare vantaggi competitivi indiretti: accesso a informazioni riservate, influenza sulla definizione dei requisiti, anticipo su specifiche tecniche che potrebbero essere replicate altrove.
La prevenzione qui è fatta di regole organizzative: chi collabora per l’ente controllante non può, per statuto e regolamento interno, essere impegnato in aree di business rivolte al mercato; deve esistere un Chinese wall effettivo e verificabile; i flussi informativi devono essere tracciati, le versioni dei documenti archiviate e le piattaforme digitali impostate in modo da profilare e loggare ogni accesso. Non sono finezze burocratiche: sono dispositivi di accountability che salvano la neutralità e, con essa, la legittimità dell’intero modello in house.
Nesso tra funzioni tecniche e incentivi
Una parola va spesa sul nesso con le funzioni tecniche e con il tema, sempre sensibile, degli incentivi ex art. 45, laddove si configuri un coinvolgimento della società in house nell’esecuzione di prestazioni di supporto tecnico di elevata specializzazione. La regola, consolidata nel diritto vivente, è che il perimetro degli incentivi riguarda il personale dell’ente per le attività tipizzate di programmazione, progettazione, direzione lavori/direzione esecuzione, collaudo e supporti necessari; l’estensione alla partecipata non deve trasformarsi in una duplicazione di trattamenti economici o in una traslazione dell’incentivo a personale che non riveste, in capo all’ente, la titolarità delle funzioni. La collaborazione, dunque, è remunerata in corrispettivo contrattuale all’in house, non in incentivi individuali modellati su figure e compiti propri dell’amministrazione.
Sul piano operativo, la cooperazione tecnica migliore è quella che lascia impronte chiare. Ogni apporto della partecipata va descritto negli atti di programmazione e di avvio della procedura; i documenti “di supporto” recano firma e responsabilità della società, i provvedimenti e le determinazioni restano in capo all’ente; i verbali esplicitano che le valutazioni discrezionali, specie nelle gare OEPV, sono espressione della commissione e non mera riproduzione di schede o matrici elaborate dal supporto; i rapporti di audit interno verificano periodicamente l’assenza di commistioni.
L’esperienza dimostra che quando queste cautele sono osservate, la collaborazione aumenta la qualità delle gare, riduce i tempi, limita gli errori documentali e rafforza la difendibilità degli esiti in giudizio.
Considerazioni finali
Le considerazioni finali suggeriscono una linea evolutiva semplice ma esigente: trasformare la collaborazione in house da “pratica” a “istituto” con regole di ingegneria organizzativa codificate in manuali interni di procurement. Non servono nuove norme, servono standard: mappe di processo che dicano chi fa cosa, quando e con quali controlli; protocolli di trasparenza che pubblicano i confini del supporto; clausole statutarie che separano effettivamente business e supporto; e un lessico comune che impedisca equivoci tra “assistenza tecnica” e “delegazione di potere”.
È in questo spazio che il principio di fiducia smette di essere un manifesto e diventa governance: l’amministrazione decide, l’in house aiuta, il mercato compete. E ciascuno risponde del proprio mestiere.
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