In Israele la campagna elettorale ruota tutta intorno al 7 ottobre

Dicembre 25, 2025 - 14:30
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In Israele la campagna elettorale ruota tutta intorno al 7 ottobre

In Israele è iniziata la campagna elettorale. La più dura e feroce campagna elettorale dell’intera storia del Paese, che non si combatte e non si combatterà sui temi dell’economia e della normale politica, ma verterà in larga parte sulle responsabilità per il vulnus subito dal popolo di Israele col pogrom del 7 ottobre e con la successiva guerra per liberare gli ostaggi di Hamas.

Sullo sfondo, lo scoglio dei rapporti con il popolo palestinese. Incombente, il decisivo rapporto con Donald Trump e la sua strategia politica per risolvere la crisi della guerra di Gaza, incluso, in tempi biblici, il processo delineato dal presidente americano per arrivare a quello Stato palestinese che l’attuale governo rifiuta.

Da parte della maggioranza di governo, martedì ha dato il fuoco alle polveri il ministro della Difesa Israel Katz, un falco, assieme a Moshe Arens, l’unico civile in tutta la storia di Israele, l’unico a non provenire dalle Forze Armate. Un oltranzista dell’estrema destra nel Likud, scelto quindi da Benjamin Netanyahu proprio per contrastare e debellare i vertici militari che da un anno in qua si sono contrapposti al governo su temi fondamentali della guerra e soprattutto delle responsabilità sul 7 ottobre.

Due le mosse elettorali di Israel Katz: la prima è stata la annunciata chiusura della radio delle Forze Armate, Galei Tzahal, popolarissima, la seconda per ascolti nel paese, spesso critica nei confronti del governo. Una decisione che tocca, con violenza, il nodo delicatissimo del formidabile e prezioso rapporto biunivoco e unico al mondo tra popolazione civile e forze armate. Di fatto, una censura.

La seconda mossa, di nuovo provocatoria, è stata la decisione proclamata martedì mattina dallo stesso Katz in pompa magna di occupare il nord della Striscia di Gaza con i famosi “nuclei Nahl”, unità speciali israeliane composte da militari e civili, molto impiegate in Cisgiordania per preparare il terreno per installare nuove colonie ebraiche. Una provocazione a favore dell’elettorato dei coloni e dell’estrema destra, in contrasto peraltro con le ripetute dichiarazioni di Netanyahu di non voler assolutamente colonizzare Gaza. Una provocazione, dunque, da parte di un alto membro del Likud, in piena sintonia con i programmi di annessione della Striscia a Israele proclamati a gran voce dai ministri dell’estrema destra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.

Comunque, dopo una dura reazione americana, Israel Katz è stato costretto a una rapidissima e non molto dignitosa negazione delle proprie intenzioni. Di fatto, però, il messaggio elettorale oltranzista, l’aspirazione del Likud ad arrivare a Eretz Israel, erano stati lanciati.

Da parte sua, Netanyahu ha iniziato la sua campagna elettorale presentando alla Knesset una proposta di legge consona solo ai propri interessi e non a quelli del Paese, per costruire una commissione d’inchiesta politica e non indipendente sul 7 ottobre.

Questo, in un contesto in cui il capo dell’Idf, il generale Eyal Zamir, ricordando che tutti i responsabili militari del 7 ottobre si sono dimessi, mentre quelli politici sono rimasti al proprio posto, aveva appena chiesto con voce ferma che questa commissione fosse del tutto indipendente e non politica. Una richiesta che ha schierato i vertici militari al fianco sia delle opposizioni sia dei familiari delle vittime e degli ostaggi di quel pogrom.

La proposta di Netanyahu mostra invece e fin troppo chiaramente la volontà di rallentare, come ha fatto per due anni, i lavori di questa commissione. Un rallentamento tutto politico, con la scusa pretestuosa della guerra. Le Forze Armate, che la guerra l’hanno combattuta e la combattono, non solo hanno istituito più di una commissione d’inchiesta sulle proprie responsabilità, ma le hanno condotte con estrema severità e con conseguenti dimissioni a catena dei vertici militari implicati nel disastro della sicurezza.

Netanyahu, insomma, lavora per ridurre al minimo i possibili contraccolpi dell’inchiesta per lui negativi, facendo in modo che i risultati delle indagini della commissione giungano dopo le elezioni politiche dell’autunno del 2026. Per ottenere questo risultato artificiale preme perché la commissione sia obbligata a iniziare la sua inchiesta a partire dagli Accordi di Oslo del 1993 – un trucco surrettizio – e impone una commissione politica e non indipendente. In totale contrasto con la tradizione governativa israeliana di piena trasparenza.

Tutte le quattro commissioni d’inchiesta su avvenimenti gravi istituite dalla Knesset nel tempo, infatti, erano state nominate e composte da alti magistrati o ex generali. Queste sono state: la commissione Agranat sul disastro dei primi giorni della guerra dello Yom Kippur del 1973; la commissione Kahan sulle responsabilità di Ariel Sharon e dell’Idf sul massacro di Sabra e Chatila; la commissione Shamgar sulle responsabilità che hanno permesso l’assassinio di Yitzhak Rabin; e la commissione Turkel sull’abbordaggio maldestro della Mavi Marmara.

Netanyahu invece oggi intende imporre una commissione politica di sei membri, tre decisi dalla maggioranza di governo e tre dall’opposizione. Uno schema che mira a coprire le responsabilità sul 7 ottobre del governo stesso. I tre membri di nomina governativa, infatti, hanno tutte le possibilità sia di deviare o impedire l’individuazione di responsabilità degli attuali membri del governo, sia di ritardare ad libitum i tempi delle conclusioni per bypassare le elezioni e comunque stemperare le conclusioni.

Nettissima la denuncia da parte delle famiglie delle vittime e degli ostaggi del 7 ottobre della strumentalità del progetto di commissione. Radicale la posizione dell’opposizione politica, che ha annunciato che ne boicotterà i lavori a partire dal proprio rifiuto di nominare i tre membri della commissione che gli spetterebbe indicare. In questo caso, la legge imposta da Netanyahu prevede che questi tre membri vengano nominati dall’alta magistratura.

Lo scontro sulle responsabilità del 7 ottobre, drammatico ma fondamentale per il popolo israeliano, è solo all’inizio.

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