L’Anticorruzione avvisa il Governo, il ponte sullo Stretto di Messina è a rischio infrazione Ue

Due giorni fa il Governo Meloni, attraverso il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess), ha approvato la realizzazione del fantomatico ponte sullo Stretto di Messina – il cui costo è stimato ad almeno 13,5 miliardi di euro tutti a carico dello Stato – senza che sia neanche definito l’intero progetto esecutivo.
Mentre il ministero dei Trasporti capitanato dal vicepremier Matteo Salvini magnifica le sorti dell’infrastruttura – sforando di molto nell’improbabile, come nella prospettiva di veder passare fino a 200 treni al giorno sul ponte –, ci pensa l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) a riportare il progetto coi piedi per terra.
Intervistato da La Repubblica, il presidente dell’Anac Giuseppe Busia mette in guardia oggi per l’ennesima volta sul rischio di «non rispettare la direttiva europea», in quanto «la stessa prevede che, non avendo fatto la gara, il costo complessivo non possa crescere più del 50%. E qui c’è un problema giuridico delicato: perché la gara era stata fatta molti anni prima, con un importo di poco più di 4 miliardi, lievitati agli oltre 8 miliardi del 2012. Con il 50% in più, si arriva ai 13,5 miliardi previsti oggi. Qualunque imprevisto, finisce per porre un problema di compatibilità con la direttiva Ue. E tutto questo, sempre che le istituzioni Ue accettino che si parta dalla cifra già raddoppiata di 8 miliardi anziché da quella iniziale di 4. Il contratto oggi risuscitato, coi costi più che duplicati, ha già mostrato di non trasferire adeguatamente i rischi sul privato, scaricandolo invece sulle casse pubbliche. Ma c’è di più: si è rinunciato a un progetto esecutivo unitario e di procedere per fasi».
Senza dimenticare che oltre alla «spada di Damocle delle possibili infrazioni Ue», con l’approvazione del Cipess «i privati hanno messo al sicuro i guadagni, mentre il pubblico è esposto a rischi di risarcimenti ingentissimi».
Nel frattempo restano intatte le incognite sulla validità tecnica del ponte in progetto, anche perché appunto un progetto esecutivo completo neanche c’è. «Si possono costruire ponti nelle regioni più sismiche della Terra, però bisogna studiarle bene», osserva nel merito Mario Tozzi, geologo e primo ricercatore del Cnr, che da tempo su queste colonne ha spietato come quella in progetto col ponte sia «un’opera inutile, costosa e molto rischiosa».
«Nel caso dello stretto di Messina – argomenta Tozzi –, nel progetto esecutivo, manca una caratterizzazione del campo deformativo di superficie e delle faglie sottomarine. Ci vorrebbe uno studio mesostrutturale ad hoc, non solo la raccolta della letteratura esistente. E ci dovrebbero essere una relazione ufficiale riconosciuta dell'Ingv come istituto e una del Cnr e dell'Enea. Che non ci sono. Faglie appena ristudiate, come quella di Palmi, andrebbero caratterizzate con studi ad hoc. Di questo non vi è traccia. Si possono costruire ponti nelle regioni più sismiche della Terra, ma se il contesto costruito non è adeguato antisismicamente, un ponte che rimane in piedi dopo un terremoto unirebbe due cimiteri.
Si possono costruire ponti nelle regioni più sismiche della Terra, ma la ferrovia non passa in quelli più lunghi. Siamo sicuri che qui l'alta velocità passerebbe e non scopriremo, all'ultimo, che non si può fare?».
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