Lettera a mio marito, l’imam prigioniero
A tutti coloro che leggeranno, e in particolare al mio caro marito Mohamed. E’ il tuo compleanno e come hanno scritto i tuoi figli è il primo compleanno che non festeggiamo insieme. Questo periodo è duro per tutti noi perché, nonostante tutti i giudizi, spesso negativi, che abbiamo letto e ascoltato, non abbiamo mai dubitato della tua persona.
Chi meglio di me può descriverti: Sei sempre stato una guida, con il tuo esempio quotidiano hai trasmesso il valore dell’onesta, la compassione per il prossimo e il rispetto per la legge e per la vita ai tuoi figli, a tutta la comunità di San Salvario e a tutte le persone che si sono rivolte a te o che hai incrociato nel tuo percorso di vita. Hai sempre cercato di superare tutte le difficoltà che ognuno di noi vive nel proprio cammino con un’ottica positiva, cercando di instaurare dialoghi di pace anche nei momenti di confronto più critici. Noi, supportati da tutte le “belle persone” che sanno chi sei veramente e che manifestano per la tua libertà in modo pacifico come tu hai sempre voluto e dimostrato, stiamo bene grazie anche al calore e all’affetto che ci circonda.
Ma ci manchi! Ogni mattina i nostri figli guardano la porta e ogni sera preghiamo per il tuo ritorno come ci hai insegnato a fare. I tuoi avvocati hanno cercato di spiegarci che non è così semplice perché ci sono delle procedure da seguire ma siamo fiduciosi che la tua innocenza venga compresa il più presto possibile e che tu possa entrare improvvisamente dalla porta di casa come nei sei uscito.
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