Panama. Arresti dei leader del sindacato: Mendez si rifugia nell’ambasciata della Bolivia

Maggio 26, 2025 - 05:30
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Panama. Arresti dei leader del sindacato: Mendez si rifugia nell’ambasciata della Bolivia

di Giuseppe Gagliano

Un uomo salta la recinzione di un’ambasciata nel cuore di Panama City. Non è un agente segreto né un dissidente in fuga da un regime autoritario. È Saul Mendez, storico leader del sindacato panamense SUNTRACS, figura centrale della mobilitazione contro le politiche neoliberiste del governo. Il suo gesto plateale, disperato, politicamente carico, ha risvegliato l’eco dei rifugiati politici del passato. Ma a differenza degli esuli di un tempo, Mendez cerca protezione non da una dittatura, ma da un potere democraticamente eletto che oggi lo accusa di frode e riciclaggio.
Il governo panamense lo insegue con mandati d’arresto, insieme al collega Genaro Lopez, mentre l’ambasciata boliviana lo ospita temporaneamente, in attesa che il Consiglio Nazionale per i Rifugiati di La Paz decida sul suo status. La versione ufficiale lo vuole imputato per gravi reati finanziari. Ma quella parallela, sostenuta da Evo Morales e da settori della sinistra latinoamericana, lo descrive come bersaglio di una repressione politica mascherata da giustizia. Due narrazioni opposte, che riflettono una frattura profonda nell’America Latina del dopo-Covid, segnata dalla polarizzazione sociale e dalla crisi della rappresentanza.
Il presidente panamense Jose Raul Mulino, uomo d’ordine e sostenitore delle riforme contestate, prende le distanze: “L’asilo dipende dalle autorità boliviane”. Ma intanto ammonisce i lavoratori in sciopero, definendo illegale la protesta in corso a Bocas del Toro. Accusa il leader sindacale Francisco Smith di sabotare ogni accordo, minaccia licenziamenti di massa da parte della multinazionale Chiquita Brands. La diplomazia tace, mentre lo scontro si radicalizza. Il caso Mendez diventa il simbolo di una tensione più ampia, in cui il diritto del lavoro, le politiche sociali e il ruolo delle imprese transnazionali si scontrano con gli strumenti coercitivi dello Stato.
Dietro il clamore giudiziario, c’è infatti la contestazione contro la famigerata Legge 462, che modifica la gestione del fondo previdenziale panamense. Una norma che i sindacati definiscono una trappola per i lavoratori e che il governo difende in nome della “sostenibilità”. Da settimane SUNTRACS e le organizzazioni degli insegnanti marciano, scioperano, bloccano strade. La risposta è la criminalizzazione della protesta. Un copione che si ripete in molti Paesi della regione: dove il dissenso sociale incontra l’interesse economico, la giustizia diventa arma e l’asilo ultima difesa.
Se la Bolivia dovesse accogliere la richiesta di Mendez, si aprirebbe un nuovo fronte diplomatico tra La Paz e Panama. Ma anche una crepa nella retorica dell’integrazione latinoamericana, che da anni oscilla tra la solidarietà continentale e il ritorno ai piccoli sovranismi. Intanto, sullo sfondo, restano i lavoratori. Coloro che chiedono salario, diritti, pensioni. E che oggi vedono nei loro leader sindacali non solo rappresentanti, ma potenziali martiri politici.

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Redazione Redazione Eventi e News