Quanta paura fa ai lavoratori l’intelligenza artificiale: la jobpocalipse, il taglio dei posti e i giovani della “GenAi Anxiety”

Ottobre 15, 2025 - 20:00
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Quanta paura fa ai lavoratori l’intelligenza artificiale: la jobpocalipse, il taglio dei posti e i giovani della “GenAi Anxiety”

Si chiama jobpocalyspe ed è il nome assegnato alla paura di tutti, addetti ai lavori o meno, anche perché alla fine centrano tutti, lavoratori e studenti: le conseguenze dell’Intelligenza artificiale, gli effetti nefasti e devastanti, nascosti o evidenti, sui lavoratori con competenze ancora minime, ancora da formare, quindi facilmente rimpiazzabili dalla tecnologia in continua specializzazione ed espansione e sui professionisti già formati. È un tema ormai all’ordine del giorno, non bastano a ridurre le preoccupazioni le osservazioni di chi all’efficienza dell’AI contrappone la creatività e il problem solving degli esseri umani.

Si sta parlando molto in questi giorni di una ricerca internazionale del British Standards Institution citata dal Guardian: un’analisi secondo la quale il 41% delle aziende interpellate in Cina, Giappone, Australia, Germania, Stati Uniti e Regno Unito hanno osservato come sia ormai prassi aziendale sperimentare le soluzioni offerte dall’AI quando si presenta una nuova necessità lavorativa, invece di ricorrere a nuove assunzioni. “Due quinti dei leader hanno rivelato che i ruoli entry-level sono già stati ridotti o tagliati grazie all’efficienza ottenuta dall’intelligenza artificiale nella conduzione di attività di ricerca, amministrazione e briefing, e il 43% prevede che ciò accadrà nel prossimo anno”.

È come se ci fosse un nuovo concorrente in più, un altro candidato a un posto di lavoro, ma ancora più competitivo e imperscrutabile. È così che scatta la “GenAi Anxiety”. Allo stesso tempo il 55% dei dirigenti d’azienda interpellati ritiene che i benefici ottenuti dall’implementazione dell’AI compensino l’impatto devastante della tecnologia sulla forza lavoro. Secondo lo stesso studio il 51% degli intervistati che lavorano in PMI afferma che l’IA è fondamentale per la crescita della propria azienda, un dato che sale al 69% se si parla di grandi organizzazioni, il 70% delle quali dichiara di risparmiare denaro grazie alla stessa tecnologia.

“La nostra ricerca – ha dichiarato Susan Taylor Martin, CEO di BSI – evidenzia chiaramente che la tensione tra lo sfruttamento ottimale dell’intelligenza artificiale e la creazione di una forza lavoro fiorente è la sfida decisiva del nostro tempo. C’è un urgente bisogno di una visione a lungo termine e di investimenti nella forza lavoro, oltre a investimenti in strumenti di intelligenza artificiale, per garantire un’occupazione sostenibile e produttiva”.

Espresso Comunication in una ricerca che ha analizzato diverse fonti internazionali, tra cui il sondaggio “AI at work” condotto dal Boston Consulting Group su oltre 10mila colletti bianchi a livello mondiale, ha riportato come una percentuale del 46% di leader e dirigenti di aziende che hanno adottato massicciamente l’intelligenza artificiale si sente “precario” nei confronti dell’avanzata della tecnologica, la percentuale scivola al 34% presso le realtà che utilizzano l’AI in maniera meno intensiva. Resta comunque alta, con una media del 43%. È una conferma l’indagine di Resume.org, secondo la quale sei aziende su dieci, nel 2026, ipotizzano di sostituire lavoratori umani con l’intelligenza artificiale mentre quasi la metà sta riducendo le assunzioni.

“L’AI generativa viene utilizzata regolarmente da tre quarti dei dirigenti – hanno commentato a TgCom24 Giacinto Fiore e Pasquale Viscanti, fondatori della community Intelligenza Artificiale Spiegata Semplice – mentre gli impiegati si fermano al 51%. Il fatto che ai piani più bassi della gerarchia aziendale sia meno conosciuta e temuta, però, non deve ingannare: una minore conoscenza rischia di aggravare la posizione di queste categorie di lavoratori”. Considerazione trasversale ad alcune di queste indagini: alcuni dei manager riconoscono, per esempio, che la professione con la quale hanno cominciato il loro percorso professionale oggi non esiste già più.

Secondo gli stessi esperti la soluzione dovrebbe passare dalla formazione: investimenti nello studio e nella pratica, consapevolezza degli strumenti e riduzione della demonizzazione. Sicuramente la strada più saggia, più proattiva, meno ansiolitica. Certo è però pure che se quei lavori vengono tagliati a monte, in partenza, c’è poco da familiarizzare e approfondire la conoscenza con questi strumenti. Appena lo scorso agosto, a un sondaggio citato dal Guardian del TUC condotto presso oltre duemila lavoratori adulti britannici, anche di aziende come Amazon e Microsoft, oltre il 51% diceva di temere l’impatto che l’intelligenza artificiale possa avere sul loro posto di lavoro.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia