ZES Unica 2025, i conti dell’Agenzia delle Entrate: alle imprese solo il 60% del credito d’imposta
INCENTIVI
ZES Unica 2025, i conti dell’Agenzia delle Entrate: alle imprese solo il 60% del credito d’imposta
L’Agenzia delle Entrate ha fissato al 60,38% la percentuale effettivamente utilizzabile del credito d’imposta per la ZES Unica 2025. I 2,2 miliardi di risorse disponibili, che erano state calibrate sulla base della domanda 2024, sono infatti risultati significativamente inferiori ai 3,6 miliardi di investimenti certificati. A guidare la classifica delle regioni più attive è la Campania, seguita da Sicilia e Puglia. I commenti degli analisti.

Il verdetto dell’Agenzia delle Entrate è contenuto nel provvedimento prot. n. 570046 con il quale il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Vincenzo Carbone, ha messo la firma sulla percentuale definitiva del credito d’imposta per gli investimenti nella ZES Unica 2025. Per ogni 100 euro di agevolazione teoricamente maturata, le aziende potranno utilizzarne in compensazione poco più di 60, per l’esattezza il 60,3811%.
Questa percentuale è frutto del rapporto tra risorse disponibili – 2,2 miliardi di euro – e crediti teorici derivanti dagli investimenti effettuati, oltre 3,6 miliardi. Un dato che ha sicuramente deluso alcune imprese, in considerazione del fatto che lo scorso anno la percentuale di riparto fu pari al 100%, e che impone una revisione immediata dei piani finanziari per molte realtà industriali che avevano scommesso su una percentuale più elevata.
Per comprendere la portata di questa misura è necessario fare un passo indietro e analizzare non solo l’aritmetica di questo riparto, ma anche la natura stessa dello strumento che il legislatore ha messo in campo.
Come funziona il meccanismo a “rubinetto” della ZES Unica
La ZES Unica, acronimo di Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno, rappresenta l’evoluzione e l’accorpamento delle precedenti otto zone economiche speciali frammentate. È un perimetro unico che abbraccia Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, all’interno del quale le aziende che investono in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive possono beneficiare di un credito d’imposta. Il meccanismo copre l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature varie, nonché l’acquisto di terreni e immobili strumentali, seppur con precisi limiti percentuali sul valore complessivo dell’investimento.
Il funzionamento dell’incentivo è regolato da un meccanismo finanziario a tetto di spesa, noto tecnicamente come “rubinetto”. Lo Stato stanzia un plafond massimo di risorse e, qualora le richieste valide superino tale disponibilità, l’agevolazione viene ridotta proporzionalmente per tutti i richiedenti. È esattamente ciò che è accaduto quest’anno. La Legge di Bilancio 2025 (n. 207 del 30 dicembre 2024) aveva stanziato per questa misura 2.200 milioni di euro. Un importo rilevante, che tuttavia non è bastato a coprire l’appetito di investimento del tessuto produttivo meridionale.
Dalle tabelle allegate al provvedimento emerge infatti che il totale dei crediti richiesti, basato sulle comunicazioni integrative validamente presentate tra il 18 novembre e il 2 dicembre 2025, ammonta a 3.643.520.511 euro. La divisione tra le risorse disponibili (2,2 miliardi) e il fabbisogno espresso (3,6 miliardi) genera quel coefficiente del 60,38% che oggi rappresenta la misura reale del beneficio.
Perché quest’anno non c’è stato, come nel 2024, il “miracolo” del 100%
È interessante confrontare questo esito con quanto accaduto nell’annualità precedente. Il 2024 è stato un anno di rodaggio turbolento per la ZES Unica. Lo scorso anno, a differenza di quest’anno, l’Agenzia delle Entrate comunicò in via preliminare, nel luglio 2024, una percentuale di pre-riparto, frutto delle prenotazioni riferite alle previsioni di spesa per l’anno, molto bassa, pari a circa il 17%. Un dato che scatenò reazioni veementi nel mondo imprenditoriale, ma che, come accennato, era calcolato sulle “prenotazioni” degli investimenti, molte delle quali erano puramente speculative o precauzionali. Successivamente, grazie a massicce rinunce da parte di chi non aveva realmente effettuato la spesa (in parte disincentivato proprio da quel 17% di potenziale riparto) e a un’iniezione di fondi da parte del Governo, quella percentuale risalì fino a coprire il 100% del credito richiesto.
Quest’anno la dinamica è strutturalmente diversa. Il dato del 60% non corrisponde a quella stima preventiva, ma è già la determina finale. A differenza dell’anno scorso, infatti, l’Agenzia ha evitato di pubblicare percentuali provvisorie in estate, attendendo direttamente la scadenza del termine ultimo per la realizzazione degli investimenti (15 novembre 2025) e l’invio delle comunicazioni integrative a consuntivo.
ZES Unica 2025, Campania locomotiva del Sud, seguono Puglia e Sicilia
Analizzando i dati su base regionale forniti nel provvedimento, si nota come la Campania reciti la parte del leone, confermandosi il polo manifatturiero più dinamico o quantomeno più reattivo alla leva fiscale. Da sola questa regione ha generato una richiesta di crediti superiore a 1,4 miliardi di euro, quasi il 40% dell’intera domanda nazionale per la ZES Unica.
Seguono a distanza la Sicilia e la Puglia, con quote che si attestano rispettivamente al 18,4% e al 18% del totale richiesto. Questo dato offre uno spaccato interessante sulla geografia industriale del Sud, evidenziando dove si concentra la maggiore propensione all’investimento di capitali in macchinari e ammodernamento tecnologico.
Istruzioni per l’uso: F24 e compensazione
Dal punto di vista operativo, per i CFO e i responsabili amministrativi delle aziende beneficiarie, il provvedimento sblocca l’utilizzo del credito. L’importo, ricalcolato applicando la percentuale del 60,3811% al credito richiesto nell’ultima comunicazione integrativa, è visualizzabile nel cassetto fiscale dell’azienda.
L’utilizzo è consentito esclusivamente in compensazione tramite modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Non è previsto alcun rimborso diretto in denaro, una modalità che rafforza la natura dell’agevolazione come strumento di riduzione del carico fiscale e contributivo corrente.
I commenti: maturità del sistema o incertezza finanziaria?
La critica principale che è stata mossa dai “delusi” del riparto ufficiale è che, se da un lato il meccanismo del tetto di spesa tutela i conti pubblici da emorragie impreviste, dall’altro introduce un elemento di incertezza nella pianificazione finanziaria delle imprese. Un’azienda che ha acquistato un macchinario da un milione di euro contando su un credito d’imposta teorico di 500 milioni, si trova oggi a dover rivedere il proprio piano di rientro e i flussi di cassa previsti, potendo contare solo su 300 milioni.
“Il risultato di questo meccanismo è l’assoluta incertezza dello strumento con buona pace degli imprenditori che ci hanno creduto, investendo comunque di tasca propria, senza alcuna base di programmazione legata all’incentivo”, commenta Massimo Mezzina, Co-founder Agevola. “In questo senso anche il principio comunitario del cosiddetto effetto incentivante dello strumento non è affatto rispettato”.
Ma i commenti non sono soltanto negativi, anzi. Secondo Francesco Paolo Trapani, consulente della Errendi, “lo strumento ha dimostrato, a mio avviso, di saper cogliere ed enfatizzare le dinamiche macroeconomiche di specifici territori. In un contesto economico certamente positivo, il 2025 evidenzia un balzo in avanti degli investimenti produttivi nel Mezzogiorno d’Italia. Il credito Zes 2025 registra un incremento medio del 30% sia in termini di investimenti che che di richieste rispetto al 2024”, spiega Trapani. “I dati sugli investimenti dei nostri clienti evidenziano maggiore dinamicità imprenditoriale e investimenti mediamente più alti rispetto all’anno precedente a prescindere dallo strumento utilizzato. In termini generali assistiamo ad un riadeguamento annuale della pianificazione finanziaria ed ad un effetto di trascinamento degli investimenti effettuati nell’annualità precedente. Tutti buoni numeri, pertanto, che dimostrano come il credito Zes abbia rilevanti e significativi effetti nell’annualità successiva rispetto a quella di presentazione dell’istanza, legati probabilmente all’alleggerimento del peso fiscale”.
Guardando al futuro, la proroga della ZES Unica prevista nella manovra di bilancio per il triennio 2026-2028 suggerisce che questo strumento rimarrà centrale nella politica industriale per il Sud. La sfida per i prossimi anni sarà calibrare meglio le dotazioni finanziarie rispetto alla domanda reale, per evitare che l’incertezza sull’aliquota effettiva scoraggi proprio quegli investimenti strutturali e di lungo periodo di cui il settore manifatturiero ha vitale bisogno per competere sui mercati internazionali.
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