Rom alla gogna nell’Italia razzista e securitaria: la criminalizzazione di un gruppo etnico di politici e tv

Il recente tragico evento di Milano, in cui ha trovato la morte la 71enne Cecilia De Astis, investita da una macchina con 4 minorenni a bordo, ha sconvolto l’opinione pubblica. È assurdo morire mentre si attraversa la strada. Lo è ancora di più se la tragedia avviene per mano di un gruppo di ragazzini che non dispongono di alcuna certificazione che li autorizza a guidare, visto che sono minori di 18 anni.
La reazione dell’opinione pubblica, tuttavia, eccede la portata dell’evento tragico. Lungi dal restituire giustizia alla vittima e alla sua famiglia, si concentra sulla criminalizzazione dei rom, gruppo etnico a cui appartengono i ragazzini alla guida della macchina. Spaziando dalle televisioni che provano a fare incursione nei campi rom all’indignazione per il fatto che i ragazzi non saranno arrestati ma affidati alle famiglie, in quanto minori di 14 anni. Con in mezzo la mappatura dei presunti campi rom clandestini da parte di quotidiani autorevoli. E il culmine nell’affermazione del vice-premier, che parla di radere al suolo i campi rom, una dichiarazione che, in bocca ad un autorevole esponente della compagine governativa suona inopportuna, ancorché sinistra.
Se, come abbiamo premesso, nessuno sminuisce la gravità dell’accaduto, non sarà certo l’ennesima caccia alle streghe a risolvere la questione. Non esiste alcuna correlazione diretta tra le tipologie di reato e l’etnia. Malgrado il governo attuale, ad esempio con la parte del decreto sicurezza che abolisce la custodia attenuata per le madri, si sforzi in ogni modo di smentire la realtà. In particolare, gli incidenti stradali, molto raramente coinvolgono minori, ancora meno quelli di etnia rom. Pensiamo al recente incidente avvenuto l’11 luglio in Costa Smeralda, quando una manager tedesca ha investito mortalmente una giovane di 24 anni. In quel caso non è scattata la caccia alle streghe ai turisti tedeschi in Italia.
Oppure si prenda il caso di Cinzia del Pino, che l’anno scorso, a Viareggio, a bordo del suo SUV, investì mortalmente, intenzionalmente, il migrante Nourdine Mezgoui. In quel caso, dalla stampa mainstream, dalla coalizione governativa, si invitò addirittura a comprendere il gesto della donna, in quanto esasperata dalla criminalità, ovviamente straniera. Così come non abbiamo mai sentito parole di biasimo verso quei militanti che gravitano attorno alla coalizione governativa che lanciano molotov nei campi rom, organizzano spedizioni punitive nei quartieri abitati da migranti, spruzzano lo spray sulle prostitute, spargono letame sui terreni individuati come sedi possibili di moschee. Eppure sono comportamenti esecrabili, ancorché perseguibili penalmente. Ma quasi mai occupano le ribalte della cronaca e del dibattito politico. Malgrado, a differenza dei ragazzi milanesi, queste condotte siano molto spesso intenzionali.
Soprattutto, colpisce l’indignazione per il fatto che i minori siano stati riaffidati alle famiglie. Certo, il governo ha ricevuto, un mese fa, uno stop significativo dalla Consulta, che ha sottolineato l’incostituzionalità del decreto Caivano. Ne consegue che i fatti di Milano rappresentino un’occasione per rialzare la testa. Al contrario, noi crediamo che il securitarismo abbia fallito, e che debba essere messo in soffitta, se non in posti peggiori. Il pregiudizio endemico della società italiana verso i rom, la loro marginalizzazione e criminalizzazione, hanno prodotto un circolo vizioso, di mancata integrazione e ostilità reciproca. È all’interno di questo circolo che si è prodotto un fatto tragico come quello milanese.
Così come la crescente esclusione sociale, portato diretto del neoliberismo, accompagnata alla tolleranza zero, ha realizzato, come dice il sociologo francese Loic Wacquant, una simbiosi mortale. Che comporta crescente esclusione sociale e alimenta il clima di intolleranza, restringendo in una misura sempre più preoccupante gli spazi della convivenza civile. La penalità, lungi dal risolvere i conflitti che attraversano la società contemporanea, li aggrava. Sarebbe ora che se ne rendessero conto in molti. In particolare, certi settori dell’apparato mediatico. Riposi in pace Cecilia De Astis. Condoglianze alla sua famiglia.
Qual è la tua reazione?






