Roma, detenuto muore a Rebibbia dopo pestaggio in cella

Dicembre 12, 2025 - 19:00
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Roma, detenuto muore a Rebibbia dopo pestaggio in cella

Aggredito e massacrato di botte da altri detenuti nel carcere di Rebibbia (Roma), è morto oggi 12 dicembre dopo mesi di lotta tra la vita e la morte. L’Osapp, sindacato della polizia penitenziaria, comunica che ha perso la vita il detenuto 45enne Francesco Valeriano, pestato nell’istituto penitenziario lo scorso agosto.

La storia di Francesco Valeriano

Valeriano era “originario di Fondi”, racconta l’Osapp. Era stato “arrestato lo scorso 15 aprile per atti persecutori nei confronti dell’ex moglie”. Viene “inizialmente ristretto nel carcere di Cassino, per poi essere trasferito, dopo circa un mese e mezzo, nella casa circondariale di Rebibbia. Ad agosto, secondo quanto riportato da diverse testate, viene aggredito e massacrato di botte all’interno dell’istituto. Gli agenti lo trovano agonizzante, con gravissime lesioni cerebrali, e viene trasferito d’urgenza al Policlinico Umberto I di Roma, dove resta in coma, ridotto – come hanno scritto alcuni giornali – ‘in fin di vita‘”, prosegue il comunicato.

Osapp: “È una sconfitta per tutti”

“Per mesi la famiglia ha chiesto verità e trasparenza: cosa è accaduto realmente in quella cella? Chi ha ridotto Francesco Valeriano in quelle condizioni? Perché le notizie più concrete arrivano dall’ospedale e dai media più che dal circuito amministrativo-penitenziario? Oggi, con la morte di Francesco Valeriano, la vicenda non si chiude: si aggrava. Una vita umana persa in carcere è una sconfitta per tutti“, si legge ancora nella nota dell’Osapp. “La morte di un detenuto in conseguenza di un’aggressione rappresenta una sconfitta dello Stato e del sistema penitenziario nel suo complesso. Un uomo – prosegue il sindacato – può essere detenuto per reati anche gravi, può avere fragilità personali e dipendenze, ma la pena detentiva non comprende, né può mai comprendere, il rischio di essere massacrato e morire in un letto di ospedale dopo mesi di agonia. Il carcere è – o dovrebbe essere – il luogo in cui lo Stato custodisce, non abbandona; protegge, non espone; controlla e previene la violenza, non la subisce passivamente tra le sue mura. Questa morte apre interrogativi pesantissimi: sulla prevenzione: c’erano segnali, tensioni, situazioni a rischio che avrebbero dovuto essere intercettate? Sulla trasparenza: perché, come avrebbe denunciato la famiglia, le informazioni più rilevanti sono arrivate dall’ospedale e non dal carcere? Sulle condizioni strutturali e organizzative: sovraffollamento, carenza cronica di Personale di Polizia Penitenziaria, reparti e sezioni ingestibili, con un livello di rischio che viene scaricato quotidianamente sugli agenti e sui detenuti più vulnerabili“.

“Appello per verità, responsabilità e rispetto della dignità umana”

“Come Organizzazione Sindacale Autonoma di Polizia Penitenziaria, l’OSAPP lo ribadisce con forza: gli agenti non possono essere trasformati in sentinelle colpevoli a cui si chiede l’impossibile in contesti strutturalmente insicuri; ogni volta che esplode un caso, l’Amministrazione cerca spesso un capro espiatorio nel singolo o più Agenti o nel Comandante di Reparto, invece di interrogarsi sulle proprie scelte gestionali, allocative e organizzative. La morte di Francesco Valeriano chiama in causa non solo gli autori materiali dell’aggressione, che dovranno essere individuati e giudicati, ma anche quelle responsabilità di sistema che da anni l’Osapp denuncia: politiche penitenziarie che ignorano i segnali di allarme; istituti sovraccarichi di detenuti problematici, senza adeguate risorse; personale ridotto all’osso e lasciato solo a ‘tenere insieme’ strutture che si reggono su un equilibrio precario”. L’Osapp chiede “verità, responsabilità e rispetto della dignità umana, chiede che le indagini sulla brutale aggressione siano portate fino in fondo, con l’individuazione degli autori e di tutte le eventuali responsabilità omissive o organizzative; sia fatta piena luce sulle comunicazioni intercorse tra carcere, autorità giudiziaria, ospedale e famiglia, per verificare se vi siano stati ritardi, sottovalutazioni o mancanza di trasparenza; il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria apra una seria riflessione sulle condizioni di sicurezza e vivibilità degli istituti, a partire dai reparti più critici, assumendosi le proprie responsabilità politiche e gestionali; si rafforzino, e non solo a parole, gli strumenti di tutela sia per i detenuti più fragili, sia per il personale di Polizia Penitenziaria che ogni giorno opera in un clima di tensione permanente”.

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Redazione Redazione Eventi e News