Strumentalizzazione dei migranti, il monito dell’Agenzia Ue: “Punire i Paesi terzi, non le persone”

Lug 24, 2025 - 09:00
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Strumentalizzazione dei migranti, il monito dell’Agenzia Ue: “Punire i Paesi terzi, non le persone”

Bruxelles – Anziché punire le persone migranti e i rifugiati che vengono “sfruttati e maltrattati per fini politici”, i Paesi dell’Ue devono indirizzare le loro misure “contro gli attori ostili”. È l’indicazione che arriva dall’Agenzia europea per i diritti fondamentali (FRA), un’indicazione rivolta a est – ai flussi di persone migranti che Russia e Bielorussia indirizzano deliberatamente verso Polonia e Lituania, ma anche al Mediterraneo, dove l’aumento delle partenze dalla Libia potrebbe essere legato a un’attività di guerra ibrida orchestrata da Mosca.

Il documento pubblicato oggi (23 luglio) dall’Agenzia con sede a Vienna esamina in che modo l’Ue può contrastare la strumentalizzazione dei migranti senza minare il rispetto dei diritti fondamentali. Il punto di partenza è che, nonostante gli Stati membri dispongano di “strumenti legali e legittimi”, alcune delle “attuali risposte potrebbero compromettere” tali diritti, tra cui il diritto d’asilo.

“L’uso dei migranti come strumento politico non è una novità”, sottolinea la direttrice di FRA, Sirpa Rautio. Al confine orientale dell’Ue, è da ormai cinque anni che Minsk spinge migliaia di persone migranti provenienti soprattutto dal Medio Oriente verso la Polonia. Varsavia ha risposto con il pugno duro, che spesso però finisce per colpire gli stessi migranti: secondo l’Agenzia, nel biennio 2023-24 quasi 60 persone sono morte lungo il confine, “molte delle quali per ipotermia mentre erano bloccate lì”. In Polonia, Medici Senza Frontiere ha curato più di 220 persone migranti che hanno attraversato il confine solo nel 2023.

Muri Europa Migranti 21 OttobreAl confine con la Bielorussia, la Polonia ha costruito un muro lungo 186 chilometri, alto 5,5 metri e dotato di rilevatori di movimento e telecamere termiche. Negli ultimi anni, ha inviato migliaia di truppe e agenti di polizia per rafforzare il controllo dell’area.

Lo scorso inverno, la Commissione europea ha chiuso un occhio di fronte alla decisione del governo europeista guidato da Donald Tusk di sospendere il diritto d’asilo nel Paese. Anzi, a febbraio, dopo l’annuncio dello stesso Tusk che Varsavia non ha intenzione di attuare il Patto Ue per la migrazione e l’asilo, Bruxelles ha ceduto e ha pubblicato delle linee guida per consentire la sospensione dei diritti fondamentali in circostanze “eccezionali” e per ciò che è “strettamente necessario”.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Ue – sottolinea il rapporto di FRA – prevede che le limitazioni dei diritti fondamentali debbano essere “necessarie e proporzionate”, e che alcuni diritti assoluti non possano essere derogati anche in tempi straordinari. È il caso del principio di non respingimento e dell’accesso alle procedure d’asilo. Il diritto europeo stabilisce che, perché una situazione possa essere qualificata come strumentalizzazione, l’azione ostile “deve essere di intensità tale da mettere oggettivamente a rischio funzioni essenziali dello Stato“.

Nel Regolamento per le crisi, la strumentalizzazione e le cause di forza maggiore, parte del Patto che si applicherà nell’Ue a partire da giugno 2026, è previsto che scatteranno delle deroghe al sistema generale di gestione dell’asilo nel caso in cui “un Paese terzo o un attore non statale ostile incoraggi o faciliti il movimento di cittadini di Paesi terzi e di apolidi” verso le frontiere esterne Ue “con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”, mettendo “a rischio le funzioni essenziali di uno Stato membro”. La soglia del tasso di riconoscimento per cui le persone richiedenti asilo possono essere ammesse alle procedure accelerate – e quindi nella maggior parte dei casi respinte – si alzerà dal 20 fino al 100 per cento.

“Le risposte alla strumentalizzazione non devono diventare un modello per il trattamento di tutti i migranti e i rifugiati che attraversano la frontiera in modo irregolare”, è il monito dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali. Nemmeno per quanto riguarda le reazioni al traffico di migranti e all’aiuto all’ingresso irregolare andrebbe fatto, si chiarisce. “Le misure contro il traffico illecito di migranti non dovrebbero prendere di mira gli operatori umanitari che assistono i migranti e i richiedenti asilo alle frontiere esterne dell’Ue”, sottolinea ancora il rapporto. Il rischio infatti è che tra gli “attori non statali ostili” vengano incluse le Ong, in un pattern di criminalizzazione della solidarietà già visto e rivisto.

I rischi della militarizzazione delle frontiere

L’Agenzia indica quattro tipi di azioni per contrastare il fenomeno. Prima di tutto, “prendere di mira” gli attori ostili che strumentalizzano le persone migranti, attraverso sanzioni e restrizioni delle politiche in materia di visti. Dopodiché, la FRA suggerisce di colpire le compagnie di trasporto e “altri operatori commerciali attivamente coinvolti” nel trasferire i migranti verso l’Ue “per conto di un Paese terzo”. Ad esempio, revocando licenze di esercizio alle compagnie.

Strumentalizzazione Migranti Confine Bielorussia Polonia
Persone migranti al confine tra Bielorussia e Polonia [Foto d’archivio]
La questione si fa più delicata quando si passa al “modo in cui l’Ue e i suoi Stati membri trattano i cittadini di Paesi terzi strumentalizzati”. Le nuove regole permetteranno alle capitali, una volta trattate le richieste d’asilo in modo accelerato, di “procedere al rimpatrio dei richiedenti asilo respinti attraverso una procedura di rimpatrio più rapida“. Il rapporto mette in chiaro che “l’uso della forza deve sempre rimanere necessario e proporzionato”, che il principio di non respingimento deve essere sempre rispettato e che restano illegali le espulsioni collettive e la negazione dell’accesso alle procedure d’asilo.

L’ultimo avvertimento riguarda la tendenza alla militarizzazione delle frontiere: qualsiasi soggetto che svolga funzioni di gestione delle frontiere, “comprese le forze armate, deve ricevere una formazione adeguata in materia di diritti fondamentali e istruzioni chiare e inequivocabili sui limiti dell’uso della forza, sul divieto di maltrattamenti e sulla necessità di deferire qualsiasi cittadino di un paese terzo fermato all’autorità competente”.

Questa tendenza ne riflette un’altra sottostante, e cioè quella di gestire le frontiere come se fossero materia di difesa, competenza nazionale “in cui gli Stati membri agiscono tipicamente al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto dell’Ue”. Il rischio di violazioni dei diritti fondamentali è altissimo (come peraltro ampiamente dimostrato in Polonia): ad esempio – conclude il rapporto – “le barriere fisiche o le recinzioni alle frontiere erette come misura di difesa possono essere dotate di lame a spirale o di altre caratteristiche tecniche pericolose senza valutare se siano necessarie e proporzionate”.

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