Un metabolita del microbiota intestinale legato all’aterosclerosi potrebbe rivoluzionare la diagnosi e il trattamento

Lug 20, 2025 - 08:00
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Un metabolita del microbiota intestinale legato all’aterosclerosi potrebbe rivoluzionare la diagnosi e il trattamento

I risultati di un nuovo studio, pubblicati su Nature, supportano la diagnosi precoce di questo metabolita nel sangue come nuovo strumento diagnostico e aprono la porta a strategie di trattamento personalizzate.

 

 

Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in tutto il mondo e spesso hanno origine nell’aterosclerosi, una condizione cronica in cui l’infiammazione e i depositi di grasso causano l’indurimento e il restringimento delle arterie.

Sebbene la pratica clinica si concentri già su fattori causali come il colesterolo, l’ipertensione e il fumo, rilevare l’aterosclerosi nelle sue fasi iniziali rimane difficile.

Un nuovo studio condotto dal Centro Nacional de Investigaciones Cardiovasculares (CNIC) e pubblicato su Nature ha identificato un metabolita derivato dal microbiota intestinale, l’imidazolo propionato (ImP), che appare nel sangue durante le prime fasi dell’aterosclerosi attiva.

Lo studio ha ricevuto il sostegno della Fondazione ‘la Caixa’ attraverso il suo bando di ricerca sanitaria CaixaResearch, con un finanziamento di 967.620,20 euro.

Questo metabolita è prodotto in modo univoco dai batteri intestinali”, spiega la ricercatrice del CNIC Annalaura Mastrangelo, uno dei primi due autori dello studio.

“Il nostro studio mostra che la sua presenza nel flusso sanguigno è associata allo sviluppo di aterosclerosi attiva in persone che altrimenti sembrano sane”.

Mastrangelo sottolinea che la scoperta ha importanti implicazioni cliniche: “Il rilevamento di questo marcatore del sangue offre un grande vantaggio perché gli attuali strumenti diagnostici si basano su tecniche di imaging avanzate che sono complesse, costose e non coperte dai sistemi sanitari pubblici. I livelli ematici di ImP forniscono un marcatore diagnostico che potrebbe aiutare a identificare individui apparentemente sani con aterosclerosi attiva e quindi consentire un trattamento precoce”.

Ma la scoperta va ancora oltre. Il co-primo autore Iñaki Robles-Vera spiega: “Non solo abbiamo osservato livelli elevati di ImP nelle persone con aterosclerosi, ma abbiamo anche dimostrato che l’ImP stessa è un agente causale della malattia. Nei modelli animali di aterosclerosi, la somministrazione di ImP ha portato alla formazione di placche arteriose. Lo fa attivando il recettore dell’imidazolina di tipo 1 (I1R), che aumenta l’infiammazione sistemica e promuove lo sviluppo dell’aterosclerosi”.

David Sancho, capo del Laboratorio di Immunobiologia del CNIC e autore principale dello studio, osserva che “questa scoperta è importante perché apre la strada a una linea di trattamento completamente nuova”.

Lo studio dimostra che il blocco del recettore I1R previene l’aterosclerosi indotta da ImP e rallenta la progressione della malattia nei modelli murini alimentati con una dieta ricca di colesterolo.

“Ciò suggerisce che il trattamento futuro potrebbe combinare il blocco dell’I1R con farmaci ipocolesterolemizzanti per produrre un effetto sinergico che previene lo sviluppo dell’aterosclerosi”, spiega Sancho.

“Questi risultati aprono nuove possibilità per la diagnosi precoce e il trattamento personalizzato dell’aterosclerosi”, continua.

“Invece di concentrarci esclusivamente sul colesterolo e su altri fattori di rischio classici, potremmo presto essere in grado di analizzare il sangue per l’ImP come segnale di allarme precoce. Al CNIC, stiamo anche lavorando per sviluppare farmaci che blocchino gli effetti dannosi dell’ImP”.

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Redazione Redazione Eventi e News