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A Venezia c’è un nuovo indirizzo che vale una visita: la Fondazione Dries Van Noten
Venezia si prepara ad accogliere un nuovo indirizzo culturale. Ad aprile 2026 apre a Palazzo Pisani Moretta la Fondazione Dries Van Noten, pensata come spazio di ricerca, dialogo e sperimentazione tra artigianato, arte e design contemporaneo.
Non un museo in senso tradizionale, ma un luogo che nasce per far incontrare persone, idee e gesti creativi. Tutti i dettagli.
A Venezia, la Fondazione Dries Van Noten
Concepita dallo stilista Dries Van Noten (che a marzo 2024 ha lasciato la direzione del suo brand omonimo) insieme a Patrick Vangheluwe, la Fondazione prende forma all’interno di Palazzo Pisani Moretta, uno dei luoghi simbolo del decorativismo veneziano. La scelta non è casuale: qui il lavoro artigianale è parte della storia stessa dell’edificio, dalle superfici ai dettagli, e diventa il punto di partenza per una riflessione attuale su come si crea oggi.
Palazzo Pisani Moretta, a Venezia.
L’artigianato viene raccontato come pratica viva, fatta di competenze, materiali e tempo, ma anche di sperimentazione e confronto con linguaggi diversi. Non si tratta di conservare, ma di osservare da vicino i processi, il “dietro le quinte” della creazione, mettendo in relazione saperi tradizionali e approcci contemporanei, locali e internazionali.
Dries Van Noten davanti al palazzo Pisani Moretta.
Un luogo di creatività collettiva
La programmazione della Fondazione si svilupperà durante tutto l’anno e includerà presentazioni, progetti collaborativi, residenze e iniziative educative pensate anche per studenti e giovani creativi. L’obiettivo è offrire uno spazio concreto di lavoro e di scambio, dove artisti, designer e artigiani possano incontrarsi, collaborare e condividere progetti.
La Fondazione Dries Van Noten apre ad aprile 2026 a Venezia.
Un luogo aperto, pensato per attivare relazioni e non solo per ospitare eventi, capace di dialogare con il tessuto culturale di Venezia e allo stesso tempo di aprirsi a una rete più ampia. Per investire sulla continuità, più che sull’evento, guardando alla creatività come processo collettivo, da costruire nel tempo.
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