Alberto Trentini detenuto in Venezuela, parla l’ex compagno di cella: “El Rodeo è un inferno, lì legati e torturati dalle guardie”

Alberto Trentini dal 15 novembre è agli arresti in Venezuela, detenuto nel carcere di El Rodeo nella capitale Caracas, lui invece da quell’incubo è riuscito ad uscire. Vive oggi in Svizzera l’uomo che a lungo ha condiviso col cooperante italiano per la Ong Humanity & Inclusion una cella del penitenziario.
Intervistato da Repubblica, nascosto dietro l’anonimato per ragioni di sicurezza, oggi può raccontare dopo esser finalmente uscito da El Rodeo l’incubo che è stato esser reclusi all’interno del carcere di Caracas, dove ancora oggi è prigioniero Alberto, strumentalmente accusato dal regime di Nicolas Maduro di “terrorismo”.
Stare a El Rodeo, racconta l’ex compagno di cella di Trentini, è “un inferno”. “Non era un carcere, era un quartiere. Ogni padiglione aveva le sue regole, e le regole le faceva chi aveva le armi. Io ho dormito per mesi su un lenzuolo appoggiato al cemento. I topi ti passano vicino alla faccia. Ti ci abitui. L’acqua arrivava due volte al giorno, per venti minuti”, racconta a Giuliano Foschini l’uomo, oggi rientrato in Svizzera.
Come Trentini, una lunga esperienza nel campo della cooperazione con diverse missioni tra Sud America ma anche Africa e Medio Oriente, anche l’ex compagno di cella di Alberto racconta di esser stato arrestato senza motivo. “Siamo stati presi in quaranta, tutti stranieri. Non ci hanno dato alcuna spiegazione. Quando ci hanno portato davanti ai tribunali hanno parlato di “terrorismo” e “cospirazione” abbiamo capito di essere tutti innocenti. In fondo siamo pedine di scambio”, le sue parole.
All’interno di El Rodeo le condizioni di vita per i detenuti sono drammatiche: “Le guardie ti entrano in testa”, racconta l’ex detenuto, spiegando che “sono in grado di ridere con te e qualche minuto dopo di torturarti” e che “non le vedi mai in faccia perché hanno sempre il volto coperto ma seguono ogni tuo movimento”. A lui “hanno cercato spesso di estorcere confessioni false: mi legavano, incappucciavano, puntavano pistole alla testa. Sono ossessionati dai complotti terroristici anti Maduro”.
La sua liberazione è arrivata grazie ad una trattativa diplomatica portata avanti dal ministro degli Affari Esteri svizzero. In Venezuela, racconta, “possono decidere solo in tre: il presidente Nicolás Maduro, il ministro dell’Interno Diosdado Cabello o il ministro della Difesa Vladimir Padrino López. È stato uno di loro a portarmi nella residenza dell’ambasciatore”.
La speranza, dei familiari di Alberto Trentini ma anche del suo ex compagno di cella, è di rivedere il cooperante italiano a casa presto. “Quando ho rivisto il cielo da uomo libero, ho pensato che lì dentro nessuno dovrebbe restarci. Nemmeno i colpevoli”, chiosa l’ex detenuto di El Rodeo.
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