Bologna Game Farm: abbiamo provato i prototipi dell’edizione 2024 (con un occhio al 2025)

Giugno 4, 2025 - 15:30
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Bologna Game Farm: abbiamo provato i prototipi dell’edizione 2024 (con un occhio al 2025)

Negli scorsi giorni avevamo parlato di un interessante progetto dedicato allo sviluppo di videogiochi nel nostro belpaese, ovvero Bologna Game Farm: superando la semplice retorica del sostegno ai talenti nostrani, questo progetto ideato di concerto tra Comune di Bologna e Regione Emilia Romagna si prepone di selezionare e “accelerare” alcune delle produzioni più interessanti tra quelle che si candidano in quella che è ormai una gradita tradizione annuale.

Dopo aver raccontato cosa rappresenta Bologna Game Farm, è tempo di andare a conoscere più in dettaglio i progetti che ho avuto il piacere di testare durante l’evento stampa dedicato. Si tratta di 8 titoli tutti molto diversi tra loro per visione, scopo e professionalità (che si alterna tra elementi di esperienza e totali esordienti) ma che offrono comunque un’ottima visione d’insieme sulle potenzialità di questo “laboratorio”.


Darwake”, di Samuele Canina (Torino):

Sentori di Limbo e profumi di Little Nightmares in questa produzione costruita da un team decisamente variegato come distribuzione nel belpaese, spaziando da nord a sud per incorporare tutte le skill necessarie.

Questo titolo colpisce davvero in modo efficace per la sua ricercatissima estetica, capace di ammaliare utilizzando artwork 2D tra il caricaturale e il surreale. A livello di gameplay l’idea è tanto semplice quanto intrigante, prendendo come spunto la sconfinata storia dei titoli in stile “Another World” e trasportandoli in un contesto a la Tim Burton, quasi disturbante.

Puzzle ambientali, nemici da cui fuggire, sequenze di azioni da interpretare con un po’ di trial and error… i classici del genere, con un pizzico di varietà grazie all’interazione tra il protagonista e il suo curioso compagno, un piccolo gufo. L’alternanza tra i due e il legame narrativo che li contraddistingue sono il cardine di un’esperienza che punta a “durare il giusto” e a non diluire il suo grande potenziale.

Apprezzato anche dal maestro Kojima, Darwake: Awakening from the Nightmare è giocabile su Steam grazie a una demo che offre una piccola porzione del gioco ma che è sufficiente a trasportarci nel suo mondo con tutte le scarpe. Il difficile sarà uscirne!


In Their Shoes”, di We Are Muesli srl – Impresa Sociale (Milano)

Bologna Game Farm non è solo scoperta di nuovi talenti, ma è anche l’occasione per team di esperienza di condensare ancora più efficientemente la propria visione. Nel caso di We Are Muesli parliamo di una sinergia tra creatività e mondo reale, espressa negli anni tra videogiochi ed esperienze interattive peculiari.

In Their Shoes riprende la struttura tipica di una graphic novel, quindi di un titolo principalmente incentrato sul dialogo e le sue ramificazioni, per “metterci nelle scarpe” di 7 personaggi alle prese con momenti più o meno rilevanti delle proprie vite: lavoro, amore e futuro, tutto assume una forma diversa a seconda di come lo approcciamo.

È qui che entra in gioco il concetto delle “7 scarpe per 7 personaggi”, da combinare per dare vita a 49 storie da seguire ed esplorare in ogni dettaglio durante le situazioni a scelta multipla. Con ogni percorso, con ogni storia, andiamo a conoscere di più i personaggi e ad aprire le porte a una storia conclusiva in grado di raccordare tutti i partecipanti che per scelta o necessità vivono nella città di Milano.

Il progetto di In Their Shoes è al suo primo passo di un cammino che potrebbe attraversare differenti metropoli per raccontare storie sempre nuove e ambientate in contesti variegati, sempre con grande attenzione rivolta al trasporre la realtà con la giusta delicatezza ed empatia.


Astro Ski”, di Digital Mosaik srl (Modena)

Entriamo nel mondo della realtà virtuale con una piccola follia digitale: Astro Ski è infatti un gioco capace di ribaltare totalmente le aspettative dei titoli VR, che passa da immersività totale a frenetico playground.

Di base abbiamo di fronte un titolo dalla spiccata natura arcade in cui si impersona uno sciatore non propriamente “comune” e alle prese con differenti pianeti da esplorare, nei quali potrà affrontare sfide contro il tempo o gare di punteggio. Nulla di troppo complicato, certo.

L’esperienza però cambia nel momento in cui non viviamo la discesa attraverso i nostri occhi quanto invece ci troviamo quasi in un diorama e controlliamo lo sciatore in terza persona, a distanza, con i sensori di movimento di controller e casco.

Viste le “dimensioni”, sembra quasi di giocare con le miniature e in sé la cosa risulta particolarmente divertente (a patto di reggere la VR). Si è potuto provare un paio di mondi e modalità, piuttosto semplici, e se l’esperienza saprà crescere organicamente il gioco potrebbe davvero sorprendere.


Bad Water” di AC Software srl (Bologna)

Bad Water è stata una bellissima sorpresa, in quanto parliamo di un progetto nato da una costola di un’azienda che ben poco ha a che fare con il videogioco. Nell’intento di diversificare e provare nuove strade, ACSoftware esce dalla sua comfort zone di solution provider per offrirci un interessante ibrido tra city-builder e tower defence.

Nel mezzo di tante presentazioni molto “standard”, in questa occasione si è pensato di andare dritto al sodo e mostrare direttamente la vertical slice di riferimento e completarla davanti al pubblico. E così ci siamo tuffati (letteralmente) in un mondo sommerso dall’acqua e ben oltre la civiltà che conosciamo, un po’ alla Waterworld, e che ospita creature inquietanti pronte a emergere di notte per fare piazza pulita di qualsiasi stanziamento umano.

Il gameplay di Bad Water è diviso in due distinte sezioni, giorno e notte, che ci vedono prima raccogliere risorse e costruire strutture per far progredire la nostra piccola città in crescita per poi passare alla fase di “difesa” da una misteriosa oscurità che può essere fermata solo con la luce, del sole o artificiale.

Molto interessante è la dicotomia tra un mondo letteralmente agli sgoccioli e la rappresentazione grafica scanzonata (fantastici gli omini che si muovo a raccogliere risorse usando il surf): alla luce del sole tutto sembra un normale gestionale e pianifichiamo con creatività il nostro perimetro d’azione, mentre di notte viviamo la disperazione di chi spera di non aver sbagliato nulla, pena l’estinzione. Non male davvero, almeno al momento!


Journey to the Void” di RuneHeads srl (Milano)

Altro giro, altro team decisamente esperto: RuneHeads non è certo alla sua prima avventura (senza contare le collaborazioni con altri team italiani), ma potrebbe aver finalmente dato vita a una formula di successo con il suo Journey to the Void.

Ancora una volta deck builder e roguelite strategico, è vero, ma la dinamica dei combattimento che associa a ogni carta la possibilità di attaccare uno specifico punto della scacchiera e la possibilità di concatenare sequenze di colpi tenendo conto di tutti i nemici che ci circondano è il perfetto inizio per un gameplay loop sempre in crescita.

Semplice nell’estetica ed estremamente “accattivante” come mood, Journey to the Void riesce nell’impresa di attirare grazie all’aspetto carino per poi invece costruire elementi di lore decisamente poco leggeri, sostenuti da un art style che evolve di bioma in bioma e di mostro in mostro.

Quando la corruzione è fuori controllo infatti il mondo che ci circonda diventa sempre più pericoloso e irriconoscibile, e il nostro cammino di avventurieri che inizialmente ci ricordava un po’ Pokémon diventa un viaggio di speranza in cui provare, provare e riprovare attraverso 8 differenti biomi e oltre 120 nemici. Forse il titolo all’apparenza più “completo” tra quelli della selezione. 


The island of crossed destinies” di Paper Tigers (Brescia)

Avete bisogno di una vacanza tra terre selvagge e avventure da fumetto? Tra le pieghe dei libri di Salgari e le atmosfere da Monkey Island emerge The island of crossed destinies, un titolo spiccatamente narrativo che prova a fare forma a un gioco che potremmo definire “Pentiment-like”.

L’ispirazione è presto detta: al di là degli evidenti rimandi visivi, attenuati dall’originale stile pennellato a mano, il team di Paper Tigers ha provato a dare forma a questo titolo forte dell’esperienza nell’adattamento proprio del titolo di casa Obsidian, divenuto ispirazione ma a conti fatti vocazione innata.

Muovendosi in un tradizionale punta e clicca e interagendo con i personaggi in modo sagace e frizzante, il giocatore si troverà a indagare su un mistero che cela i suoi segreti nella memoria, proprio quella che il protagonista ha perso nell’incipit del gioco.

Cercare di mettere insieme pezzi di indizi e di ricordi è solo l’inizio di una storia in cui diventeremo veri e proprio investigatori moderni, con tanto di parete in cui raccogliere indiziati e teorie (come nelle moderne opere crime) per veicolarle attraverso i messaggi misteriosi dei tarocchi. Tutto nel tentativo di trovare il colpevole e nella speranza di non essere noi stessi l’assassino!


Lofsöng” di Unrelated srl (Torino)

Come è possibile immaginare la comunicazione tra civiltà distanti nel tempo intere ere, quasi che il tempo avesse cancellato ogni traccia di chi è venuto prima? L’obiettivo di Lofsöng è proprio questo, immaginare un mondo capace di comunicare nel tempo.

Prendendo in prestito il feeling di produzioni come Journey, strepitosamente legate alla comunicazione estetica prima ancora di quella audio, in questo gioco si unisce un’esplorazione che si muove dolce, sospinta dal vento, alla scoperta di caverne, anfratti e architetture risalenti ad epoche lontane.

Apprezzabilissima la direzione artistica, in grado di valorizzare inquadrature e profondità quasi a dare vita delle opere d’arte, mentre i sistemi funzionano con qualche riserva (ma nulla di critico, basterà solo un po’ di lavoro di rifinitura).

L’idea che un gioco in cui voce e comunicazione passano in secondo piano ma al tempo stesso è il nostro obiettivo ricreare un collegamento tra ere è stimolante. La curiosità sul risultato finale è tanta!

Nota a margine: il logo (sì, il logo) di Unrelated è davvero spettacolare!


Road to Yvhalon” di Levante Games (Bologna)

A che cosa pensereste se vi venisse chiesto di immaginare un “soulslike” nella realtà virtuale? Forse un po’ di mal di testa a furia di rotolare, nevvero? Per fortuna Road to Yvahalon sta provando a non fare il passo più lungo della gamba e, anzi, ci propone un gameplay impegnativo ma adattato appositamente al visore.

L’esperimento è interessante perché se da un lato abbiamo un gameplay impegnativo e ricco di opzioni offensive e difensive, dall’altra troviamo anche la raccolta materiali, il crafting e perfino la collezione di creature da cui prendere in prestito alcune abilità offensive. C’è di tutto quindi, pure i Pokémon, e tutto si controlla padroneggiando posizione delle braccia, direzione delle mani e imparando a interagire con gli elementi del nostro corpo (inventario, armi, etc.).

Non è però troppo facile trovare il giusto equilibrio tra ambizione e design e Road to Yvahalon al momento soffre un po’ sotto il peso della sua voglia di fare tutto, forse troppo. C’è da dire che la vertical slice mostrata era effettivamente uno spezzone creato ad altre per mostrare tutte le possibilità offerte e non un estratto dal gioco finale, quindi il gioco finale potrebbe liberarsi di questa “congestione ludica” che si percepisce.

Di sicuro è intrigante il sistema di combattimento, che mette a disposizione attacchi normali, colpi caricati, parate, contromosse, magie e chi più ne ha ne metta. Se si troverà il giusto equilibrio tra esplorazione e progressione e si riuscirà a ottimizzare la risposta dei comandi, un po’ lasca, potremo apprezzare il vero potenziale del gioco.


Il percorso di questi promettenti giochi continua e farà tappa anche al First Playable a Firenze, mentre la nuova edizione di Bologna Game Farm ha già incoronato 6 nuovi candidati al percorso di accelerazione.

Il settore dello sviluppo in Italia ha quindi sempre più occasioni per esprimersi, rendendo estremamente interessanti gli anni a venire: riusciremo a tirare fuori dal cilindro “il nostro Expedition 33”?

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Redazione Redazione Eventi e News