Serie A: ma non doveva essere una giornata senza scossoni? Cambia tutto in vetta. La crisi dei numeri 9.

Dicembre 15, 2025 - 10:11
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Serie A: ma non doveva essere una giornata senza scossoni? Cambia tutto in vetta. La crisi dei numeri 9.

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Doveva essere una classica giornata di campionato di transizione, senza stravolgimenti al vertice, invece si è trasformata in un incubo per le due capoliste, Napoli e Milan, scavalcate entrambe in un colpo solo dall’Inter, brava e cinica a Genova contro un Genoa sempre vivo e mai domo.

Vittoria non banale quella dell’Inter, anche e soprattutto per il valore, umano prima che tecnico, della squadra di De Rossi, sempre più plasmata a immagine e somiglianza del proprio tecnico. Non è un caso che De Rossi, a fine gara, abbia rivendicato di essere estremamente orgoglioso del secondo tempo dei suoi ragazzi.

All’Inter basta un avvio di gara da prima della classe, con due gol nei primi 40 minuti, per costruire con Bisseck e Lautaro il doppio vantaggio decisivo, scalfito ma non smontato dalla rete di Vitinha che ha riaperto i giochi a venti minuti dalla fine.

I nerazzurri sono scesi in campo già conoscendo i passi falsi di Napoli e Milan, dunque ulteriormente galvanizzati dalla prospettiva (poi concretizzata) di volare da soli al comando. Ma cosa è successo alle squadre di Conte e Allegri?

Niente di nuovo, in realtà, e questo, se vogliamo, rende ancora più sorprendenti le rispettive debacle. Il Napoli è caduto ancora una volta in trasferta, testimonianza del fatto che, quando i ragazzi di Conte si allontanano dal fortino del Maradona, la musica (spesso) cambia. Sono 7 le sconfitte, tra campionato e Champions, degli azzurri, e sono arrivate tutte in trasferta. L’ultima, in ordine di tempo, si era registrata mercoledì in Champions sul campo del Benfica di Mourinho, mentre precedentemente c’erano stati i tonfi di Bologna, Eindhoven (una vera e propria disfatta), Torino, Milano (contro il Milan) e Manchester (City). Se in casa i partenopei hanno un ruolino di marcia da big, in trasferta la musica cambia ed è evidente che questo trend preoccupante non possa essere ascritto solamente agli infortuni (tanti) che deve fronteggiare da mesi Conte, perché quelli ci sono anche quando gioca (e vince) davanti al proprio pubblico.

Il problema, altrettanto ricorrente del Milan di Allegri, sono i punti persi, soprattutto in casa, con le piccole. In ordine di apparizione, ricordiamo la sconfitta nell’esordio stagionale di san Siro contro la Cremonese (che rimane l’unica gara persa dai rossoneri, in striscia di risultati positivi aperta da 14 gare), il pareggio per 2-2 casalingo con il Pisa, il pareggio per 2-2 in trasferta contro il Parma e, domenica all’ora di pranzo, il pareggio del Meazza per 2-2 contro il Sassuolo.

Sembra un deja-vù: quattro partite che hanno praticamente seguito lo stesso copione, con errori di distrazione a dilapidare situazioni di vantaggio e ribaltoni sorprendenti. Quattro partite sulla carta semplici, o comunque abbordabili, nelle quali il Milan ha subito 8 gol, alla media di 2 reti incassate a gara, roba da Metaverso considerando che i rossoneri hanno una media gol subiti complessiva di 0,86 gol a partita nelle 15 gare fin qui disputate e hanno chiuso a rete inviolata i big match contro Juventus, Roma, Inter e Lazio, subendo una sola rete nello scontro al vertice (comunque vinto per 2-1) contro i campioni d’Italia in carica del napoli.

Se c’è un Napoli in versione casalinga e uno (molto meno performante) in versione esterna, possiamo dire che ci sia un Milan in versione big match ed uno (molto meno affidabile) contro le squadre della classe media e piccola. Allegri dovrà lavorare molto su questo aspetto, che riguarda più la sfera psicologica (leggete “approccio alla gara”) che quella tecnica della sua squadra.

In attesa dell’interessante posticipo dell’Olimpico tra la Roma e il Como, che vedrà i giallorossi di Gasperini chiamati a consolidare il quarto posto in classifica, la Juventus ha ottenuto una importantissima vittoria esterna sul campo del Bologna, sferrando il primo attacco deciso proprio al quarto posto che significa qualificazione in Champions League.

Con i tre punti del Dall’Ara la squadra di Spalletti ha scavalcato in classifica quella di Italiano, portandosi ad un solo punto dalla Roma, con la prospettiva di ospitare sabato prossimo allo Stadium proprio la squadra di Gasperini. La rete decisiva ha portato la firma di Cabal, che di professione non ha mai fatto il bomber ma, e questa non è certo una novità in casa Juve, quelli che di mestiere dovrebbero fare i bomber (vedi David, ma anche Openda) sembrano aver perso ogni qualità offensiva.

Non fa più notizia la sterilità offensiva di Jonathan David, arrivato con un curriculum da bomber che non ha ancora mai confermato a Torino, a fare notizia piuttosto è la seconda titolarità che gli ha offerto Spalletti dopo la conferenza stampa nel postpartita di Napoli nella quale aveva, di fatto, bocciato il canadese, sostenendo che le possibilità da titolare vanno guadagnate e non si possono pretendere. Se contro i volenterosi (ma limitati) ciprioti del Pafos, in Champions, David aveva risposto con un gol, contro la più organizzata difesa del Bologna l’attaccante bianconero non ha praticamente mai trovato nè la posizione in campo né il pallone, finendo per vagare, avvilito, in mezzo al campo. Più avvilito di lui, peraltro, è sembrato Spalletti, che l’ha sostituito con Openda dal quale ha trovato più attacco alla profondità, anche se la stessa sterilità offensiva…

FOCUS – Serie A: la crisi profonda degli attaccanti

Solo quattro “numeri 9” a segno in nove partite della 15ma giornata: tra infortuni e scelte tattiche, nel mercato di gennaio il campionato cerca disperatamente nuovi bomber

Quello degli attaccanti è un tema portante in Serie A. In attesa di Roma-Como c’è un dato che dovrebbe far riflettere: su 9 partite andate in archivio, dunque considerando un campione di 18 squadre che sono scese in campo nel week end, soltanto in due casi hanno segnato gli attaccanti schierati titolari dai propri allenatori.

Scamacca, titolare dell’Atalanta, ha segnato una doppietta (decisiva) contro il Cagliari (confermando l’ottimo stato di forma visto in Champions contro il Chelsea) e Lautaro Martinez ha segnato il secondo gol dell’Inter a Genova. Per il resto tutti gli altri attaccanti schierati titolari hanno fallito l’appuntamento con il gol.

Certo, ci sono stati attaccanti che hanno segnato gol decisivi da subentranti: Stulic del Lecce, Noslin della Lazio, Laurientè del Sassuolo, Orban del Verona (addirittura doppietta per lui), per un totale di 5 reti che vanno a sommarsi alle 3 segnate da Scamacca e Lautaro. 8 reti su 18 complessive hanno portato la firma di attaccanti, ma se Scamacca, Lautaro, Stulic e Orban sono da considerarsi (sia pur con caratteristiche fisiche e tecniche differenti) degli attaccanti veri e propri, intesi come “numeri 9”, Noslin e Laurientè sono più degli esterni offensivi.

Rileggiamo questi dati in altra ottica, alla luce delle considerazioni fin qui fatte, per semplificare il concetto: nella 15ma giornata di serie A hanno segnato solamente 4 attaccanti puri, su 9 partite giocate per un totale di 18 squadre scese in campo. E questo non è un dato sporadico, perché trova una diretta corrispondenza nella classifica marcatori, che vede Lautaro al comando con 8 reti, seguito da Pulisic (esterno offensivo) con 7 e Calhanoglu (centrocampista) con 6.

Che sia per motivi fisici (leggi infortuni) o per motivi tecnici i grandi attaccanti, i numeri 9, i bomber, in Serie A sono quasi scomparsi. Il mercato di gennaio vedrà tante squadre alla ricerca dell’attaccante giusto che possa aiutarle a raggiungere i propri obiettivi. Chi, in tal senso, si è mosso d’anticipo, leggendo la malparata, è la Roma di Gasperini, con il DS Massara che ha aperto da tempo il tavolo delle trattative con lo United per portare a Roma Joshua Zirkzee: le parti sembrano essere molto vicine. Sarebbe un grandissimo ritorno per una Serie A alla disperata ricerca di numeri 9 che sappiano infiammare il pubblico e, soprattutto, fare gol con continuità.

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