Cina: ad aprile le riserve di titoli di Stato Usa ai minimi dal 2009

Giugno 20, 2025 - 22:30
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Cina: ad aprile le riserve di titoli di Stato Usa ai minimi dal 2009

La Cina ha ridotto le proprie riserve di titoli di Stato Usa ad aprile, portandole ai livelli più bassi degli ultimi 16 anni, in un contesto segnato dal deterioramento dei rapporti commerciali con Washington e dal crescente dibattito sul futuro del dollaro come valuta di riserva globale. Secondo i dati pubblicati dal dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, a fine aprile Pechino deteneva 757 miliardi di dollari in titoli del Tesoro, in calo di 8,2 miliardi rispetto al mese precedente. Si tratta della seconda riduzione mensile consecutiva e del valore più basso registrato dal marzo 2009. La Cina ha così confermato il terzo posto tra i detentori stranieri di debito pubblico Usa, dietro a Giappone e Regno Unito. Il trend discendente è iniziato durante il primo mandato del presidente Donald Trump, quando l’introduzione di dazi commerciali punitivi inaugurò un’epoca di scontro aperto tra le due maggiori economie mondiali.

Il 2 aprile scorso, in occasione del cosiddetto “Giorno della Liberazione”, Trump ha annunciato dazi “reciproci” su alleati e rivali commerciali. La mossa ha innescato forti turbolenze sui mercati globali, con forti cali a Wall Street e vendite massicce sia sul mercato obbligazionario sia sul dollaro. Lo scontro commerciale con Pechino si è intensificato rapidamente, con dazi incrociati arrivati a superare il 100 per cento, prima della tregua concordata a maggio, che ha portato a un parziale ritiro delle misure. In quel contesto, analisti ed economisti cinesi avevano sollevato l’ipotesi che Pechino potesse utilizzare come leva la sua vasta esposizione in titoli del Tesoro Usa, mentre da parte statunitense si valutava la possibilità di escludere le imprese cinesi dalle borse di Wall Street. L’aumento delle tensioni ha alimentato il timore, tra i funzionari cinesi, che Washington possa arrivare a congelare asset finanziari all’estero, come fatto con la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Ieri, durante il Forum finanziario di Lujiazui, il governatore della Banca popolare cinese (Pboc), Pan Gongsheng, ha ribadito la necessità di un sistema finanziario globale multipolare e sostenuto l’internazionalizzazione dello yuan. Senza menzionare esplicitamente gli Stati Uniti, Pan ha messo in guardia dal rischio di “guerre valutarie” alimentate dalla crescente competizione geopolitica. Wang Xin, direttore del dipartimento ricerche della Pboc, ha affermato che il futuro del dollaro, ancora valuta di riserva dominante, dipenderà dalla solidità dell’economia degli Usa, dall’orientamento delle politiche di Washington e dalla comparsa di alternative credibili. “Abbiamo già assistito a segnali importanti in tal senso, incluso un calo della fiducia nei confronti del dollaro”, ha dichiarato Wang. Nonostante il calo delle riserve cinesi, la quantità complessiva di titoli Usa da parte di investitori esteri è rimasta solida. Ad aprile, il totale – inclusi titoli a breve termine e obbligazioni a lungo termine – si è attestato a 9.010 miliardi di dollari, secondo valore mensile più alto mai registrato, nonostante una flessione di 36 miliardi rispetto a marzo.

Secondo il Tesoro Usa, la diminuzione è stata guidata principalmente dalle vendite nette da parte di investitori privati stranieri, per un totale di 46,8 miliardi di dollari. Al contrario, le riserve ufficiali di titoli a lungo termine detenute da enti pubblici esteri sono aumentate di 1,5 miliardi, con Giappone e Regno Unito che hanno rafforzato le rispettive posizioni. Il Regno Unito rimane l’unico grande partner commerciale ad aver concluso un accordo commerciale con gli Stati Uniti, mentre il Giappone registra progressi limitati in vista della scadenza della moratoria di 90 giorni imposta da Trump sui nuovi dazi. Infine, le riserve detenute dal Belgio – che secondo alcuni analisti includerebbero anche quote di debito Usa riconducibili alla Cina attraverso conti fiduciari – sono aumentate di 8,9 miliardi, raggiungendo quota 411 miliardi di dollari.

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