Dare una nuova forma al mondo, attraverso il rito del linguaggio

Dicembre 6, 2025 - 20:30
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Dare una nuova forma al mondo, attraverso il rito del linguaggio

Dal 9 al 14 dicembre, il Golem del drammaturgo e filosofo Juan Mayorga arriva nella Sala Grande del Teatro Franco Parenti, con la regia di Jacopo Gassmann e una produzione congiunta tra il Teatro di Roma, Sardegna Teatro e Teatro Stabile dell’Umbria. Il testo – tradotto da Pino Tierno – è uno dei lavori più inquieti dell’autore spagnolo, pensato e ripensato negli anni segnati dalla pandemia, dalla crisi climatica, ma anche da guerre e scosse sociali. Un clima che nel copione si deposita in ogni battuta, trasformando la scena in un territorio obliquo e incerto, attraversato da una domanda persistente: cosa possono davvero le parole.

La vicenda ruota attorno al personaggio di Felicia, interpretata dall’attrice e drammaturga italiana Elena Bucci. Suo marito è condannato a una malattia cronica e incurabile. Un’organizzazione segreta promette una cura, ma chiede in cambio che la donna impari tre parole nuove al giorno: un patto apparentemente marginale diventa così un dispositivo che incrina e altera la sua identità, in una metamorfosi quasi kafkiana. Felicia assorbe il linguaggio e la memoria di un leader rivoluzionario del passato. La metamorfosi procede per slittamenti minimi, quasi impercettibili, finché il confine tra sé e l’altro si sfalda. 

Mayorga usa la figura del Golem come specchio. Nel mito, l’essere d’argilla prende vita grazie a una parola. Qui la parola non anima un corpo inerte ma apre un vuoto dentro chi la usa. Una tensione che Gassmann fa emergere attraverso un impianto scenico essenziale, firmato da Gregorio Zurla. Le luci di Gianni Staropoli contribuiscono invece a disegnare corridoi mentali, insieme ai video di Lorenzo Letizia. 

Jacopo Gassmann legge il testo come un organismo in crisi continua. Un materiale attraversato da scosse, come se l’autore avesse voluto registrare l’instabilità del presente, più che raccontarla. E i richiami di Mayorga – da Borges a Kafka, passando per Primo Levi e la tradizione mistica ebraica analizzata da Scholem, fino ad arrivare alla filosofia del linguaggio di Walter Benjamin – fungono da strumenti per raccontare un mondo che lentamente si sta sgretolando. 

Il thriller sociale annunciato dal programma non punta su un enigma da risolvere. La suspense è un labirinto mentale che mostra come un lessico imposto possa cambiare la percezione della realtà. Il pubblico osserva Felicia cambiare postura, ritmo, e sguardo. Non perché la sua volontà vacilli, ma perché il linguaggio che l’attraversa decide al suo posto. Il tema trattato nello spettacolo tocca il nervo degli anni recenti, in cui il flusso di parole – mediatiche, politiche, digitali – ha ridisegnato opinioni, identità, e perfino intere comunità. Mayorga riduce il meccanismo all’osso, evidenziandone la violenza.

Il Golem diventa così una storia su ciò che ci forma, senza che noi ce ne accorgiamo. Una riflessione aspra che affida agli attori il compito di restituire la fragilità dei personaggi senza cedere al patetico. Bucci, Piseddu e Sferrazza Papa lavorano su un registro asciutto, con riflessioni che offrono parole che avanzano, si sovrappongono, sostituiscono, cancellano. In questo attrito si consuma il cuore dell’intero spettacolo, che chiede di guardare alla lingua come al luogo in cui si decide la forma del mondo.

«Avevo scritto “El Golem” alcuni anni fa, ma qualcosa è accaduto durante il lockdown ― in mezzo allo sconvolgimento generale, all’angoscia di tanti, alla paura di altri che l’ordine in cui avevamo vissuto potesse crollare ― che mi ha spinto a riscriverlo – dice l’autore Juan Mayorga –. Il tema centrale, credo, è il potere delle parole che ci avvolgono e ci attraversano e con le quali costruiamo i nostri incubi e i nostri sogni».

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Redazione Redazione Eventi e News