Diritti editori di giornali e piattaforme digitali: UE apre all'equo compenso

Lug 12, 2025 - 07:30
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Diritti editori di giornali e piattaforme digitali: UE apre all'equo compenso

lentepubblica.it

L’Avvocato Generale UE, nell’ambito dei diritti degli editori di giornali legati alle piattaforme digitali, apre agli interventi degli Stati in materia di equo compenso, ma sempre nel rispetto della libertà contrattuale.


La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è chiamata a decidere su una controversa questione che coinvolge Meta e la normativa italiana in materia di diritti connessi degli editori di giornali. Nelle sue conclusioni, l’Avvocato Generale Maciej Szpunar riconosce la possibilità per gli Stati di introdurre misure di sostegno agli editori, purché non si violi il principio della libertà contrattuale.

L’impatto dell’avvento del digitale sul settore

L’ecosistema dell’informazione è stato profondamente modificato dall’avvento del digitale. La diffusione dei social media, la nascita di piattaforme di aggregazione di notizie e il cambiamento nei consumi informativi hanno messo in crisi il modello economico tradizionale della stampa. Con la diminuzione delle entrate pubblicitarie e la crescente dipendenza dai colossi tecnologici, il ruolo degli editori è sempre più fragile, nonostante la loro funzione essenziale nella tenuta democratica delle società europee.

In questo contesto si inserisce la direttiva europea sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, approvata con l’obiettivo di offrire nuove tutele agli editori. Tra queste, un diritto specifico a essere remunerati per l’uso online dei propri contenuti da parte di soggetti come Meta Platforms Ireland, la società che controlla Facebook.

La controversia

La controversia oggetto del procedimento C-797/23 riguarda proprio la compatibilità tra la normativa italiana che recepisce la direttiva e il diritto dell’Unione. Meta ha impugnato una decisione dell’AGCOM – l’autorità italiana per le comunicazioni – chiedendone l’annullamento dinanzi al TAR del Lazio. A suo avviso, le regole italiane violerebbero i principi fissati dalla direttiva stessa e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Il giudice amministrativo italiano ha ritenuto necessario rivolgersi alla Corte di Giustizia, sollevando dubbi sull’interpretazione di alcune disposizioni chiave: quale sia la portata effettiva del diritto riconosciuto agli editori, quali obblighi ricadano sulle piattaforme e quale margine d’azione abbia un’autorità come l’AGCOM nei negoziati tra le parti.

Diritti editori di giornali e piattaforme digitali: UE apre all’equo compenso

Nelle sue conclusioni, presentate l’11 luglio 2025, l’Avvocato Generale Maciej Szpunar ha chiarito che il diritto connesso istituito dalla direttiva non equivale ai tradizionali diritti d’autore. Il suo scopo principale non è bloccare la diffusione dei contenuti editoriali, ma creare le condizioni per una loro utilizzazione remunerata e sostenibile. In altre parole, il legislatore europeo ha inteso offrire agli editori una leva per ottenere una giusta quota dei ricavi generati dalle piattaforme digitali attraverso l’uso delle loro pubblicazioni.

Per garantire l’efficacia di questo strumento, secondo Szpunar, gli Stati membri possono introdurre meccanismi che incentivino e regolino le trattative tra le parti. Obblighi come l’avvio di negoziati, la trasparenza sulle informazioni economiche, o il divieto di penalizzare la visibilità dei contenuti editoriali durante le trattative, sono compatibili con il diritto europeo, purché non impongano un contratto né un pagamento in assenza di un effettivo utilizzo.

Anche il ruolo dell’AGCOM viene considerato legittimo, a condizione che le sue funzioni si limitino ad attività di supporto, come la definizione di criteri orientativi per la remunerazione, l’assistenza nella risoluzione delle controversie o il controllo sul rispetto degli obblighi informativi.

Le conclusioni e il testo del procedimento

Questi interventi, secondo l’Avvocato Generale, servono a riequilibrare un rapporto contrattuale segnato da una profonda disparità tra i giganti del web e le testate giornalistiche.

Infine, Szpunar esclude che tali misure violino la libertà d’impresa sancita dalla Carta europea dei diritti fondamentali. L’intervento pubblico, afferma, risponde a un interesse generale chiaramente riconosciuto dall’Unione: tutelare la sostenibilità economica dell’informazione e rafforzare la stampa come presidio democratico.

Le conclusioni dell’Avvocato Generale non vincolano la Corte, ma spesso ne anticipano l’orientamento. La sentenza definitiva della Corte di Giustizia chiarirà se le misure adottate dall’Italia siano compatibili con il diritto europeo e, più in generale, se gli Stati abbiano davvero spazio per difendere i propri sistemi informativi in un contesto dominato dalle grandi piattaforme digitali.

Qui il documento completo.

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