«Educarsi alla pace non è da ingenui, ma da chi crede nel dialogo»

Ottobre 14, 2025 - 17:30
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«Educarsi alla pace non è da ingenui, ma da chi crede nel dialogo»
Un momento della celebrazione in Duomo

Cosa possono fare i cristiani, ciascuno di noi, per la pace, per dare almeno un piccolo segno di fronte all’orrore dei tanti conflitti che insanguinano il mondo intero? Possiamo pregare, educare ed educarci alla pace, essere profeti contro la guerra.

Dall’altare maggiore di un Duomo apertosi all’alba, l’Arcivescovo lascia questa consegna ai molti fedeli riuniti per chiedere appunto la pace, nella celebrazione da lui presieduta per la Zona pastorale I Milano. Una delle 7 Messe che il vescovo Mario sta celebrando in questi giorni feriali nelle altrettante Zone della Diocesi, al mattino presto, per permettere a ciascuno di partecipare, prima degli impegni di studio e lavoro, all’Eucaristia. Con l’intenzione di dire – come sottolinea – «che ogni giorno è adatto per pregare per la pace e per incoraggiare ad andare nei luoghi della vita quotidiana; per essere, oggi e sempre, operatori di pace e figli di Dio».

La celebrazione

Una quarantina i sacerdoti concelebranti, tra cui 4 vescovi – il vicario generale, monsignor Franco Agnesi, il vicario episcopale di Zona I, monsignor Giuseppe Vegezzi, monsignor Erminio De Scalzi, e l’Arcivescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, a Milano in occasione della Messa di ringraziamento per la canonizzazione di san Carlo Acutis. Accanto a loro, in altare maggiore, i membri del Cem, i Canonici del Capitolo metropolitano al completo, e altri sacerdoti, tra cui l’abate di Sant’Ambrogio, monsignor Carlo Faccendini e i cappellani delle Università.  

A tutti – tanti giunti con intere comunità guidate dai parroci -, si rivolge la riflessione di monsignor Delpini che, aprendo la celebrazione, osserva: «Siamo in questa Messa feriale a riconoscere la nostra impotenza di fronte ai drammi delle guerre diffuse sulla faccia della terra, siamo qui a professare la nostra fede nel Signore della pace, alimentata da qualche  segno di tregua e soluzione del conflitto in Terra Santa, che rischia però di oscurare tutte le altre guerre e per riconoscere il bisogno che abbiamo di conversione per vivere un vita nuova e costruire una convivenza pacifica».

Dopo la lettura del Vangelo del giorno, nella pagina di Luca 22, l’omelia si fa accorato appello a non dimenticare, con realismo e tenacia, la sofferenza «causata dall’insensatezza»  umana. 

Pregare ed educare alla pace

«Consultando gli strumenti di comunicazione, la risposta che ho trovato è che ci sono 59 guerre in atto in tante parti della terra e in ogni continente e, perciò, siamo sopraffatti da questo orrore, da questo censimento e, forse, ci lasciamo condizionare troppo dagli strumenti di comunicazione per cui ci sembra che ciò di cui non si dà notizia non esista, e invece esistono Paesi dove si muore, dove si uccide, dove si fa del male, si distrugge ogni giorno. Ci sentiamo sopraffatti da questo orrore» scandisce il vescovo Mario.

Ma i cristiani, allora, cosa possono fare? «Ciascuno di noi può fare qualcosa o soltanto lasciarsi schiacciare dall’impressione di un male insostenibile, di una umanità incorreggibile?», si chiede e chiede l’Arcivescovo.

«Noi possiamo pregare, per questo siamo qui e abbiamo caratterizzato questa Messa come un momento speciale, con la proposta che in tutta la città, questa mattina e oggi, si celebri una Messa per la pace. È un piccolo segno per dire che possiamo pregare, il che non consiste nel delegare a un Dio immaginario i nostri problemi perché li risolva, ma che vuole dire entrare in una relazione con Gesù, e attraverso di Lui con il Padre, perché orienti il nostro cammino, suggerisca le vie da percorrere, ci convinca a essere i suoi discepoli che caminano sulla terra annunciando “pace a questa casa, pace a voi”. Pregare, dunque, non è un esonerarsi dalla conversione e dall’obbedienza allo Spirito, ma è accogliere quello che lo Spirito ci suggerisce».

Inoltre, i cristiani «e tutte le persone di buona volontà possono educare ed educarsi alla pace, formandosi una mentalità che prenda atto con realismo che la conflittualità non è estranea alla convivenza, ma che tale conflittualità, non si risolve rendendola peggio con la violenza. Occorre risolvere le inevitabili divergenze e i conflitti con il dialogo, con il confronto, con la trattativa. Educarsi alla pace non vuol dire essere idealisti o ingenui, ma piuttosto persone che si attrezzano per favorire la convivenza pacifica. I cristiani possono gridare contro la guerra, esercitare un ruolo di profeti e credo che il Papa, come è nella tradizione dei nostri Pontefici, sia una di queste voci che noi possiamo fare nostra. Il Papa che ripete “Pace a voi”, perché questa pace si diffonda».

Il riferimento è alla Veglia di sabato scorso e alle parole stesse di papa Leone: «La Santa sede è a disposizione perché i popoli si incontrino, si guardino negli occhi e dico, con il cuore in mano, ai responsabili dei popoli: negoziamo, la guerra non è inevitabile. La pace disarmata e disarmante non è deterrenza, ma fratellanza, non ultimatum, ma dialogo, seme di giustizia e di perdono».

«Così noi raccogliamo questi coraggiosi messaggi», conclude l’Arcivescovo.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia