Liscia o frizzante?

Dicembre 13, 2025 - 14:00
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Liscia o frizzante?

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Questa settimana il bicchiere della gastronomia internazionale si presenta liscio solo in apparenza: basta un attimo perché emergano bollicine, contraddizioni e qualche retrogusto inatteso. Dalla celebrazione della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’umanità al prezzo del cioccolato che lievita proprio sotto Natale, dalle infezioni alimentari in aumento in Europa ai pasti pronti che dividono la Cina, fino ai farmaci dimagranti che riscrivono il comportamento dei consumatori: l’impressione è quella di un sistema alimentare che cambia ritmo, densità e consistenza da una settimana all’altra.

Il nostro viaggio comincia a New Delhi, dove il 10 dicembre l’Unesco ha inserito la cucina italiana tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità. Come ricorda il Washington Post (e altre testate in questi giorni), si tratta di una candidatura senza precedenti per ampiezza: non un piatto, né una tecnica, ma l’intero sistema gastronomico italiano, un insieme di abitudini e scelte che definiscono il modo in cui gli italiani vivono il cibo. Un riconoscimento che offre all’Italia una nuova leva di diplomazia culturale e che accende entusiasmi politici e mediatici.

Ma il 10 dicembre non è stato accolto solo da applausi. Gli storici dell’alimentazione hanno ricordato che la cucina italiana, così come oggi la immaginiamo, è un costrutto recente: un mosaico composto, fatto di contaminazioni regionali, influenze esterne, migrazioni, scambi commerciali e un’incessante negoziazione tra territori. Un’identità culinaria che, paradossalmente, si rafforza proprio nella sua natura ibrida e dinamica. È forse qui che risiede il valore del riconoscimento: non nella fissazione di un repertorio immutabile, ma nel riconoscere un patrimonio vivo, in movimento, che continua a reinventarsi pur rivendicando la propria storia.

Dal riconoscimento passiamo al Regno Unito, dove il Natale arriva con un conto un po’ sbilanciato. Come racconta The Guardian, il prezzo del cioccolato è salito di oltre il 18 per cento per via dei raccolti scarsi in Africa occidentale, messi in crisi dal clima: un colpo proprio ai prodotti più simbolici delle feste. Eppure, in modo controintuitivo, il costo medio del pranzo di Natale per quattro persone è leggermente diminuito grazie al calo del prezzo del tacchino congelato e alle promozioni aggressive dei supermercati. Ne emerge un quadro economico che alterna bollicine e frenate: alcuni prodotti salgono, altri scendono, e l’effetto finale è più sfumato che rassicurante. Resta però una costante: anche sotto pressione, molti consumatori non rinunciano ai piccoli piaceri di stagione, confermando il ruolo emotivo che il cibo continua ad avere nei momenti difficili.

Dall’isola britannica ci muoviamo verso l’Europa continentale, dove Le Monde segnala un dato meno celebrativo: nel 2024 le malattie di origine alimentare sono aumentate del 20 per cento nell’Unione europea e nel Regno Unito, con 62.000 casi e oltre 3.300 ospedalizzazioni. Campylobacter e Salmonella restano i principali imputati, spesso legati a carni e uova, mentre la Listeria – meno diffusa ma più letale – colpisce soprattutto gli anziani, che oggi rappresentano una parte crescente della popolazione. Il quadro è complesso: più controlli, più cibi pronti, più vulnerabilità biologiche. Una combinazione che rende il tema della sicurezza alimentare sempre meno liscio e sempre più delicato da gestire.

Dall’Europa alla Cina, dove il South China Morning Post racconta un boom che divide: quello dei pasti pronti confezionati, ormai onnipresenti tra supermercati, delivery e piattaforme e-commerce. Crescono a doppia cifra, trainati da ritmi lavorativi frenetici e vite domestiche sempre più ridotte. Ma l’entusiasmo non è unanime: molti consumatori lamentano sapori piatti, ingredienti anonimi e una qualità lontana da ciò che ci si aspetta da una cucina di strada espressa — wok bollenti, brodi tirati, cotture veloci, aromi freschi. È il paradosso della convenienza: funziona, ma difficilmente emoziona. E in un paese in cui il gusto è anche una questione di immediatezza, questa distanza rischia di diventare il vero limite del settore.

La settimana si chiude negli Stati Uniti, dove il Financial Times analizza un cambiamento che potrebbe ridisegnare il futuro del cibo più di qualsiasi trend tecnologico: la diffusione dei farmaci per la perdita di peso come Ozempic e Mounjaro. Questi trattamenti, che riducono appetito e desiderio per zuccheri e grassi, stanno già modificando i consumi: per la prima volta, nel 2025, negli USA potrebbe registrarsi un calo del volume complessivo di cibo venduto. Le aziende alimentari iniziano a riformulare assortimenti, ridimensionare porzioni e spostare il marketing verso prodotti nutrienti. È come se un interruttore chimico avesse cambiato lo spartito del mercato, obbligando l’industria a ricalibrare offerte e priorità. Una trasformazione silenziosa, ma destinata a pesare molto sulle scelte alimentari dei prossimi anni.

E così, tra riconoscimenti Unesco, prezzi ballerini, allarmi sanitari, fiducia altalenante nei piatti pronti e farmaci che riscrivono la fame, il quadro della settimana si presenta tutt’altro che piatto. Liscia o frizzante? Dipende da come lo si guarda. Di certo, il menù globale continua a mescolare ingredienti nuovi, tensioni sottili e sorprese che arrivano proprio quando pensavamo che tutto scorresse tranquillo.

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