Gaza. Lula sfida il G7, ‘vittima con l’Iran della legge del più forte’
di Giuseppe Gagliano –
Nel cuore del vertice G7 in Canada, mentre i leader occidentali cercavano compattezza su guerra, energia e sicurezza, la voce più dissonante è arrivata dal sud globale. Il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha preso la parola per denunciare apertamente quella che ha definito la “selettività” dell’indignazione internazionale. La sua condanna è stata inequivocabile: “Ciò che sta accadendo a Gaza è un massacro indiscriminato”, ha dichiarato, riferendosi agli attacchi israeliani contro la popolazione civile palestinese. Ma non si è fermato lì. Ha definito “inaccettabili” anche gli attacchi israeliani contro l’Iran, denunciando l’uso della fame come arma di guerra.
In una sala gremita di capi di Stato e governo delle maggiori potenze mondiali, Lula ha scelto di mettere a nudo le contraddizioni dell’ordine liberale. “Nulla giustifica la fame e la morte inflitte deliberatamente”, ha detto, sottolineando che il mancato riconoscimento dello Stato palestinese dimostra “una selettività inaccettabile nella difesa dei diritti umani”.
Dietro lo scontro verbale, si legge un’altra battaglia: quella per ridefinire il ruolo del Brasile e del Sud globale nella politica internazionale. Lula ha avvertito che l’estensione del conflitto all’Iran rischia di trasformare l’intero Medio Oriente in un teatro di guerra permanente. “Non ci sarà sicurezza energetica in un mondo in fiamme”, ha ammonito, invocando una riforma strutturale dell’ONU e un suo rinnovato ruolo come garante della pace.
Ma l’intervento del leader brasiliano è andato oltre la denuncia. Ha attaccato il riarmo globale, che oggi tocca quota 2.700 miliardi di dollari, equivalente del PIL italiano. “Sono risorse che dovrebbero essere investite nella transizione ecologica e nella lotta alla fame, non in armamenti”, ha detto. Un messaggio scomodo per i leader europei e statunitensi intenti a spingere per aumenti generalizzati della spesa militare.
Lula ha ribadito anche la posizione di equilibrio sul conflitto in Ucraina: nessuna delle due parti potrà vincere con la forza. Solo il dialogo – ha ripetuto – potrà portare a una pace sostenibile. E in questo ha rivendicato per il Brasile un ruolo propositivo e pacificatore, alternativo alla logica dei blocchi.
Ha poi promosso l’autonomia energetica brasiliana: “Il 90% della nostra energia elettrica proviene da fonti rinnovabili”, ha dichiarato con orgoglio, proponendo il modello brasiliano come esempio per il Sud del mondo. Al tempo stesso, ha rivendicato la sovranità dei Paesi in via di sviluppo sulle proprie risorse strategiche – niobio, terre rare, grafite, nichel – lanciando un chiaro messaggio contro lo sfruttamento neocoloniale da parte di potenze occidentali.
Le reazioni non si sono fatte attendere. La destra brasiliana ha accusato Lula di schierarsi con i nemici di Israele. Il deputato Messias Donato ha ricordato i legami dell’Iran con gruppi terroristici, mentre il senatore Carlos Viana ha parlato di un governo “amico dei seminatori di terrore”. L’ex presidente Bolsonaro, fedele alla linea pro-Israele, ha definito il discorso “vergognoso”.
Ma la polemica si è intensificata quando Lula, durante una visita in Francia, ha accusato Israele di usare l’antisemitismo come scudo per coprire un “genocidio a Gaza”. Le sue parole hanno provocato una reazione durissima della Confederazione Israelita Brasiliana (Conib), che le ha definite “pericolose” e “minimizzanti” rispetto alla reale minaccia antisemita. Secondo Conib, le dichiarazioni del presidente avrebbero contribuito all’aumento dell’odio online verso ebrei e israeliani in Brasile, dove i casi di antisemitismo sarebbero aumentati del 350% tra il 2022 e il 2024.
Anche la stampa conservatrice ha attaccato. Il giornalista José Roberto Guzzo ha scritto che Lula avrebbe “abbracciato l’ideologia antiebraica dietro la maschera della solidarietà palestinese”.
Sul piano della sicurezza, cresce la preoccupazione. Alcuni analisti evocano il rischio che membri del regime iraniano possano sfruttare i legami con il Sud America per trovare rifugio. La memoria torna al novembre 2023, quando l’FBI segnalò un piano terroristico di Hezbollah in Brasile, poi sventato dalla polizia federale.
Infine, si è fatta strada anche un’ombra nucleare: teorie sul presunto traffico di uranio tra Brasile e Iran. L’azienda pubblica Industrias Nucleares do Brasil ha smentito categoricamente, parlando di notizie false e di assenza di qualsiasi rapporto commerciale con Teheran. Ma il sospetto, come spesso accade in geopolitica, è più difficile da spegnere delle smentite ufficiali.
Lula ha voluto scuotere le fondamenta della narrazione occidentale. Che ci sia riuscito o meno, ha già lasciato un segno. Perché, in un G7 sempre più segnato dalla logica dei blocchi, è la voce fuori dal coro a indicare che il mondo, oggi, non è più quello del 1945.
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