Gustando gli Spaghetti Westner dei Bisanzio | Intervista

Si può scegliere di scappare dalla provincia oppure usarla come spunto per sognare un nuovo orizzonte, lasciando spazio a sogni e fantasia. Bisanzio con il disco “Spaghetti Westner” riescono a fare entrambe le cose, senza mettere le due scelte in conflitto.
Si respira la malinconia del passato, legata al fatto che i luoghi cambiano a seconda del tempo in cui si guardano e forse crescendo quello che ci circonda cambia coordinate, rimanendo fermo nello stesso posto.
INTERVISTANDO BISANZIO
Da dove nasce l’ispirazione per chiamare l’album Spaghetti Westner, citando Sergio Leone a modo vostro, anche con l’errore ortografico?
È una chiara citazione ai film spaghetti western. Dal momento che le canzoni dell’album sono legate da sonorità tipicamente southern e ci piace il country, ci sembrava un titolo adatto. Una presa in giro del west americano, trasposto qui nella provincia di Torino. Poi abbiamo pensato agli argomenti di cui parlano le canzoni e ci è venuta in mente un’iconica gaffe di Luca Giurato. “[…] il cinema Westner”.
Fare il personaggio funziona nella musica, ma fino ad un certo punto. Abbiamo apprezzato il vostro sound e il vostro modo di essere band, ma secondo voi perché bisogna scoprire il progetto Bisanzio?
Proprio perché non siamo personaggi. Non ci piace prenderci sul serio e giocare a fare gli artisti maledetti. Anzi, detestiamo la parola “artisti”, non lo siamo, o almeno non spetta a noi definirci tali. L’importante è suonare bene e scrivere delle belle canzoni, tutto il resto è comunicazione e a noi non piace comunicare l’idea di essere una posa.
Questa cosa si riflette anche nella musica, perché cerchiamo spesso la citazione ma senza scimmiottare nessuno. Siamo alla costante ricerca di un compromesso tra sperimentazione e semplicità. Non facciamo niente di speciale ed è questo il motivo per cui forse bisognerebbe ascoltare le nostre canzoni. Così, poi, si rimane sorpresi delle piccole cose nascoste qua e là.
Tra il Messico e Berlino, quante particolarissime avventure vi sono capitate scrivendo canzoni?
Succedono sempre tante cose quando siamo tutti insieme.
È una continua gag. Di solito negli spostamenti prima di suonare: durante il viaggio, nel backstage, a cena. Incontriamo spesso personaggi peculiari che diventano protagonisti di aneddoti e che, poi, nascondiamo nelle canzoni. Ad esempio c’era questo individuo a Firenze, un produttore, che ci ha mostrato il suo pappagallo preistorico e che fumava una quantità inverosimile di sigarette.
Oppure a Milano, agli esordi, questo giornalista che però era anche un avvocato (non si è capito bene) vestito con un trench beige, un occhiale blu modello aviator e un cappello fedora; ricordava l’ispettore Zenigata e parlava con un buffo accento salernitano.
Probabilmente più che crescere, fa paura accettare la realtà?
La realtà è spaventosa e l’uomo, nella sua finitezza, ha inventato una serie di meccanismi per poterla affrontare. Alle domande che spaventano, non tutti riescono ad accettare una risposta che terrorizza. Noi cerchiamo di sdrammatizzare. Trattiamo temi controversi e delicati con un mezzo sorriso.
Forse la malinconia è una speranza?
È una melassa dentro cui rotolarsi e fare il bagno. Un rifugio caldo, per provare nostalgia verso qualcosa che non abbiamo mai vissuto, o sentire la mancanza di qualcosa che non abbiamo mai avuto. Auguriamo a tutti un po’ di malinconia, ogni tanto.
Come si nutre il nichilismo erotico del brano “Come gli insetti”?
L’idea che il desiderio umano sia ridotto a un automatismo istintivo e minuscolo. Il rapporto erotico diventa alienante, un impulso, una simulazione di un qualcosa che, come un insetto, inerme e schiacciato al suolo, non potrà mai davvero provare. Vorrebbe amare, vorrebbe provare un barlume di un’emozione reale, un affetto spontaneo che, tuttavia, nella società del tecnofedaleusimo, non esiste.
Tuttofare e quali altre canzoni starebbero benissimo in una playlist per sopportare il dolore della Domenica?
Particolarissime avventure sa di Domenica. La mattina si guardavano le repliche della Melevisione, al pomeriggio si andava tutti insieme al lago a dare da mangiare alle papere e alla sera c’era il Tenente Colombo davanti al caffelatte.
Quale potrebbe essere l’ultima scena di questo nuovo disco?
Le canzoni di questo album hanno preso forma in un paio d’anni, e adesso le nostre vite stanno cambiando. Come l’ultima scena di un film, i protagonisti si allontanano all’orizzonte, lasciandosi dietro un west ormai sulla soglia della civilizzazione e dell’industrializzazione, contraddicendo tutto quanto detto fino ad adesso. Ci sono anche gli avvoltoi nel cielo e uno strano tizio che suona l’armonica.
L'articolo Gustando gli Spaghetti Westner dei Bisanzio | Intervista proviene da Indie Italia Magazine.
Qual è la tua reazione?






