I nuovi dazi voluti da Trump non piacciono a nessuno

Sono entrati in vigore i nuovi dazi voluti da Donald Trump. Più di novanta Paesi dalla mezzanotte di Washington – dalle 6, ora italiana – pagheranno di più per le loro esportazioni verso gli Stati Uniti. Un minuto più tardi, il presidente americano già gongolava su Truth social, dicendo che miliardi di dollari avrebbero iniziato ad affluire negli Stati Uniti a causa dei nuovi oneri doganali. «L’unica cosa che può fermare la grandezza dell’America sarebbe una corte di sinistra radicale che vuole vedere il nostro Paese fallire», ha scritto il presidente con il solito maiuscolo.
Sono dazi del dieci per cento per i Paesi con cui gli Stati Uniti hanno un surplus commerciale, mentre per gli altri saranno decisamente più alti. Il quindici per cento per Unione europea, Giappone e Corea del Sud, il trentanove per cento per la Svizzera, il quaranta per Laos e Myanmar, il quarantuno per cento per la Siria e addirittura il cinquanta per cento per il Brasile. E dal prossimo 27 agosto ci saranno dazi al cinquanta per cento anche nei confronti dell’India, per punirla per aver acquistato petrolio dalla Russia.
Il rapporto con New Delhi rischia di incrinarsi su questo punto. L’India, la democrazia più popolosa del mondo, e gli Stati Uniti hanno un rapporto particolare. Non sono mai stati grandi alleati, ma sono storicamente uniti da interessi comuni e valori condivisi, soprattutto negli ultimi decenni in cui la competizione globale per l’America si è spostata dalla Russia alla Cina – storico rivale continentale dell’India.
Secondo il New York Times, ieri Trump sembrava pronto a interrompere questa relazione, per come si è comportato. All’accusa del presidente sul finanziamento alla guerra della Russia, l’India ha risposto dicendo di aver bisogno di petrolio a basso costo per soddisfare il fabbisogno energetico della sua economia in rapida crescita. Per New Delhi i dazi aggiuntivi sono «ingiusti, ingiustificati e irragionevoli».
Altri Paesi, scrive il Guardian, stanno negoziando dazi non coperti dall’annuncio della scorsa settimana. Il Canada è stato colpito da un’aliquota totale del trentacinque per cento, introdotta venerdì scorso, mentre il Messico ha evitato un aumento rispetto alla sua aliquota del venticinque per cento dopo aver ottenuto una proroga di novanta giorni. La Cina si trova ad affrontare dazi del trenta per cento, mentre i negoziati proseguono prima della scadenza del 12 agosto per le aliquote più elevate.
Ieri Trump ha detto anche che gli Stati Uniti avrebbero imposto un dazio pari a circa il cento per cento sui chip semiconduttori importati da Paesi che non producono in America o che non intendono farlo.
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