Il miliardario Elon gioca al piccolo zar della rete, e minaccia la stabilità europea

È stato un 8 dicembre movimentato nel mondo di X. Un’esplosione di bandiere e di bot con tanto di certificazione, utili a creare uno strano engagement contro l’Unione europea. Ma andiamo con ordine.
L’Unione europea non aveva ancora inaugurato degnamente il suo Digital Services Act, il nuovo scudo normativo contro i giganti del web, quando è arrivata l’occasione perfetta: la prima multa, centocenti milioni di euro a X, l’ex Twitter di Elon Musk. Un debutto con fuochi d’artificio. E non poteva che finire così: una sanzione tecnica si è trasformata in un dramma in tre atti che mescola geopolitica, propaganda digitale e l’ego più ingombrante dell’Ovest tecnologico.
Eppure, tutto era iniziato dalla cosa più banale del mondo: una spunta blu. La Commissione europea, con la pazienza di un insegnante di scuola elementare, ha spiegato a Musk che no, non si può vendere una certificazione come fosse un adesivo da mettere sulla bici. La famosa spunta blu, un tempo simbolo di identità verificata, è diventata un gadget premium acquistabile da chiunque: persona reale, bot, troll, truffatore, influencer o entità misteriose con un arsenale di account generati in serie. E in un santo 8 dicembre, ce ne siamo tutti resi conto.
L’accusa dell’Unione europea è semplice: inganno degli utenti. La seconda accusa: opacità pubblicitaria, ovvero l’illeggibile registro degli annunci, dove risulta impossibile identificare chi paga cosa e perché. La terza: mancato accesso ai ricercatori, fondamentali per monitorare la disinformazione. Tre mattoncini che, insieme, fanno una bella bomba a orologeria informativa.
E quindi sì: multa. Con tanto di timbro istituzionale e sorriso diplomatico. Un’altra persona, davanti a una sanzione amministrativa, forse avrebbe sbuffato, chiamato un avvocato, negoziato, magari pagato e fine. Elon Musk no. Musk ha fatto ciò che Musk fa sempre: ha twittato. Ha trasformato una disputa regolatoria in un manifesto politico continentale, proclamando che l’Unione europea «dovrebbe essere abolita» e che la «sovranità appartiene agli Stati, non ai burocrati».
Nel frattempo, come nei migliori film distopici, il numero di bot certificati su X sembra essere magicamente aumentato, amplificando il messaggio “anti-Eu” con una disciplina che manco un esercito in parata.
L’Europa ha risposto con la sua arma più raffinata: postando la bandiera europea. La guerra dei simboli, nell’anno 2025, è tutta qui: Musk spara meme, Bruxelles risponde con la grafica istituzionale.
Qui entra la parte interessante. Perché Musk, in fondo, non è solo Musk. È un nodo enorme di potere tecnologico, economico e comunicativo. E quando un nodo del genere inizia ad attaccare l’Europa parlando di sovranità nazionale, libertà dalle élite, burocrati oppressivi, il frame ricorda terribilmente quello caro al Cremlino.
Non serve complottare: basta osservare. Da anni, potenze come la Russia coltivano l’obiettivo di indebolire la coesione europea attraverso frammentazione, sfiducia istituzionale e narrazioni sovraniste. E Musk, volontariamente o meno, sta regalando un megafono a queste stesse narrazioni. Non è Vladimir Putin, ovviamente. Però a volte sembra quasi che l’algoritmo di X abbia un leggero accento russo.
È in questa sovrapposizione (tecnologie americane, narrazioni sovraniste, vulnerabilità europee) che nasce il titolo di questo pezzo: Muskitin. Un ibrido, un cortocircuito culturale, un meme geopolitico. La domanda non è “Musk lavora per Putin?”, sarebbe ridicolo. La domanda è: a chi giova l’effetto complessivo? E la risposta, sfortunatamente, non diverte più.
Nel frattempo, gli Stati Uniti sembrano oscillare tra il sostegno convinto e il disimpegno tattico nei confronti dell’Ucraina. Le nuove dottrine sulla “prioritizzazione della difesa” raccontano un mondo in cui Washington preferisce guardare al Pacifico, mentre l’Europa si arrangia da sola. Se la difesa americana non è più garantita, anche la tenuta informativa dell’Occidente diventa più fragile: e le polemiche tra Musk e Bruxelles sono solo un sintomo di questo scollamento.
Che cosa succede quando un singolo individuo, con un potere tecnologico che nessuno Stato ha mai avuto e nessuna legge riesce ancora a contenere, decide di sfidare apertamente le istituzioni democratiche? Succede che la democrazia deve difendersi da qualcosa che non è un esercito, non è un governo, non è un partito, non è neppure una corporation in senso classico. È un ibrido: persona + piattaforma + algoritmo + ideologia + disinformazione + egocrazia.
In un mondo così, la vera domanda è semplice e inquietante: l’Europa saprà reggere l’urto dei nuovi zar digitali? O dovremo tutti prepararci all’era di Muskitin, in cui la sovranità si misura in like, bot e spunte blu?
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