«La Madonna di Fatima ha raggiunto i nostri cuori»



«Vedere entrare in carcere la Madonna di Fatima è stato qualcosa di unico, difficile da raccontare – confessa Rosario Tortorella, direttore del penitenziario di Reggio Calabria, raccontando la visita della Statua all’istituto di pena calabrese -. In un luogo segnato dalla sofferenza, dagli errori commessi e dalla fatica del cambiamento, la sua presenza ha portato luce e speranza».
In una realtà complessa «la Madonna è arrivata in silenzio, ma ha parlato ai cuori di tutti con le parole semplici e sincere di don Vittorio De Paoli, che ha saputo raggiungere anche i più lontani. Attraverso di lui è giunto a ciascuno il conforto di Maria. È stata lei che con il suo sguardo e il suo sorriso ha riscaldato l’anima di ciascuno e per un attimo il peso della sofferenza è parso alleggerito».
Tortorella racconta di detenuti «con lo sguardo commosso e il capo chino», un segno che «apre alla speranza di una possibilità di revisione di vite sinora cosparse di errori».
Il poliziotto
Anche un poliziotto penitenziario racconta di «una giornata particolare» nel contesto di un lavoro «tra i più difficili», che porta ad affrontare «situazioni pericolose, al limite della sopportazione, ma anche momenti di profonda umanità e speranza».
Durante la visita don Vittorio De Paoli, che ha portato la Statua, ha dedicato un momento di riflessione anche agli operatori penitenziari: «Parole di pace, amore e speranza… Un invito alla preghiera, alla penitenza e alla devozione al cuore di Maria, che ha arricchito il mio cuore. La presenza della Madonna di Fatima mi ha fatto ricordare l’importanza della ricerca della santità, di vivere una vita secondo la volontà di Dio».
«Sono certo – conclude – che la Madonna favorirà l’unità fra tutti noi colleghi e la comunione all’interno di questa nostra comunità, e ci farà superare tutte le difficoltà e divisioni che il nostro difficile lavoro comporta».
Il funzionario
Un funzionario giuridico pedagogico che si è adoperato a lungo per questo evento, non nascondendo «un po’ di apprensione», definisce «una grazia» il fatto che tutto si sia svolto secondo i programmi previsti. Due giorni che resteranno indelebili e che hanno lasciato nel suo cuore gratitudine («per l’opportunità di accogliere la statua della Madonna di Fatima e di pregare insieme ai detenuti e agli altri operatori»), speranza («per il messaggio di amore e di redenzione portato dalla Madonna, che può aiutare i detenuti a trovare la strada della riabilitazione e della pace»), consolazione («per una presenza che può portare conforto e sollievo ai detenuti e agli operatori che lavorano in un ambiente spesso difficile»), riflessione («sulla propria vocazione e sul proprio ruolo all’interno del carcere, con un rinnovato senso di impegno e di dedizione») e pace («per la sensazione di aver ricevuto un messaggio di amore e di pace, che può aiutare a mitigare le tensioni e le difficoltà del lavoro quotidiano»).
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