La mia storia d’amore è finita

Ho da sempre l’ossessione di ridurre il nostro impatto sul pianeta, ma per lavoro viaggio molto, e molto spesso in posti poco battuti da trasporti pubblici e infrastrutture degne di questo nome.
Sette mesi fa ho deciso di fare un vero test di resistenza, mio e del veicolo. Affrontare quindi i miei 110.000km/anno di media, tutti in elettrico. La scelta è caduta su un ID Buzz, che mi ha sedotto per il suo design retro e un po’ ironico. L’ho amato fin da subito per le sue forme e il suo colore che attiravano l’attenzione di tutti, soprattutto dei bimbi, affascinati da questa auto così fuori dagli schemi. Metteva allegria, non c’è dubbio, e viaggiare con lui è sempre stato divertente e comodo. La sensazione era quella di stare su un tappeto volante.
Cos’ho imparato?
Ricarica sempre. Appena c’è una colonnina disponibile è sempre opportuno fare la ricarica: non sai mai dove arriverai dopo.
Con un po’ di esperienza si tira fino all’ultimo, fidandosi del segnalatore di carica: questo è un vantaggio perché più la batteria è scarica più velocemente si ricarica.
Rilassati: le pause le interpretavo come un momento di “ufficio” che con un’auto tradizionale non avevo mai avuto. Trovare un modo utile ed efficiente per gestire i tempi di ricarica è fondamentale per non perdere quei minuti preziosi.
E allora perché tra noi è finita?
Le mie tratte comprendono molta autostrada, dove le ricariche non sono mediamente un problema, ma costano carissimo! Con una carica in autostrada si fanno mediamente 280km a una velocità media di 117km/ora (non è un numero a caso), la batteria è da 77kw, 68 utilizzabili, quindi ricaricando in autostrada a 0,98€/kw, un pieno costa 66,64€. Per fare una delle mie tratte classiche da Caldaro a Pescara, circa 700km, arriviamo alla modica cifra di 2,5 pieni, a 66,64€ a pieno, fa 166,60€, mentre con la vettura precedente a gasolio (ndr. audi a4 3.0 diesel) facevo 750km con un pieno da 100/110€ andando a velocità decisamente superiori rispetto all’elettrico.
Quindi mettiamo pure che uno si organizzi, come facevo io, facendo abbonamenti a Yonity e Tesla per i Supercharger, dove il kw costa 0,43/0,51 si inizia a ragionare. Il problema è che le colonnine dei due marchi sono fuori dalle autostrade e in estate sono congestionate dai turisti del nord Europa, dove l’elettrico è molto più diffuso ma anche la rete di distribuzione e ricarica è decisamente migliore e le ricariche costano mediamente la metà.
Quindi ti organizzi, fai gli abbonamenti, verifichi che le colonnine sul tragitto siano funzionanti, ti munisci di una tessera RFID di emergenza per poter utilizzare colonnine fuori dai circuiti a cui sei abbonato (costo kw che va da 0,78 a anche più di 1€), parti carico in tutti i sensi e ti avvii. Tutto bene fin qui: con volontà e caparbietà si fa tutto, e quelle fortunatamente non mi mancano.
Perché uno dei grandi problemi è anche questo: non c’è omogeneità tra i sistemi di ricarica, servono almeno tre app diverse, e non esiste una geolocalizzazione universale delle colonnine. Servono tre tipi diversi di connettori e tanta pazienza per identificare quello migliore.
E il gioco si fa duro quando si esce dalle rotte battute o ci si avventura nelle tante e bellissime campagne del nostro paese. In questo caso la miglior preparazione è una preghiera al santo di turno preferito.
Attenzione! La guida, la silenziosità, la risposta, la mancanza totale o quasi di manutenzione, il risparmio dei freni, la bellezza di entrare ovunque in città, sono tutti fattori da considerare, ma il tempo necessario a pianificare i viaggi e gestire gli imprevisti sulle lunghe distanze è proprio un problema, per non parlare della perdita di tempo dovuta alle ricariche. Nel viaggio illustrato precedentemente, su 2,5 pieni, sono da considerare circa 1,5/2 ore in più di viaggio utilizzando i supercharger.
In Italia la rete distributiva – autostrade a parte – è ancora piuttosto carente per quanto riguarda i supercharger, perché in un caricatore “normale” da 22 kw servono tre ore di tempo per fare un pieno. I costi di ricarica sono soprattutto nelle colonnine in città e nei supercharger sono proibitivi. Il costo dell’acquisto dell’auto non è più un tema, perché se ne trovano ormai per tutte le tasche.
Rimane un mezzo ideale per chi ha necessità di spostamenti brevi, massimo 200 km al giorno, e ha a casa una colonnina di ricarica funzionante, magari alimentata da pannelli fotovoltaici e comunque almeno 6kw di potenza installati.
L’Italia, per ora, ci crede più sulla carta che nella realtà.
Ma mi sento di dire che ognuno di noi dovrebbe farsi un esame di coscienza e pensare a quanti km fa per spostarsi e per lavorare: l’auto elettrica, che per me al momento non è purtroppo la scelta praticabile, per moltissimi è invece un’ottima soluzione. Manutenzione ridotta all’osso, bolli ridotti, possibilità di entrare nelle ztl delle città, risparmio dei freni, silenziosità di viaggio sono tutti vantaggi da non sottovalutare.
Per me non è un addio, ma un arrivederci: aspetto batterie più performanti nei tempi di ricarica e nell’autonomia, una standardizzazione dei sistemi di ricarica, e una rete di distribuzione che non mi faccia venire i sudori freddi ogni volta che il segnalatore di autonomia segna tre per cento.
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