La minaccia della disinformazione è entrata nel dibattito pubblico, finalmente

In una fase storica complicatissima, dove gli strumenti di guerra non lineare si fanno sempre più sofisticati e l’ingegnerizzazione della guerra ibrida è realtà storica, alcuni eventi e scelte recenti hanno contribuito e stanno contribuendo a portare tema e dibattito relativo agli occhi del grande pubblico.
L’Unione europea ha infatti presentato, il 12 novembre, un nuovo scudo contro disinformazione e minacce ibride, con un pacchetto costruito dalla Commissione incentrato su due iniziative: lo Scudo europeo della democrazia – piano volto a proteggere i sistemi democratici dell’Unione dalle manipolazioni informative – e la Strategia dell’Ue per la società civile, pensata per sostenere il ruolo delle organizzazioni civiche in Europa.
Nel marzo di quest’anno era stato pubblicato il terzo rapporto annuale sulla Fimi (Foreign Information Manipulation and Interference) dall’Eeas, il Servizio europeo per l’azione esterna, che disegnava una mappatura delle operazioni di interferenza straniera contro le democrazie liberali comunitarie, dove emergeva che canali ufficiali e media statali di realtà autocratiche – quali Russia, Cina, Iran e Corea del Nord – erano solo la punta dell’iceberg di un’architettura multilivello, digitale e non, finalizzata a incidere nei processi elettorali (soprattutto, tramite la diffusione di notizie false online).
Per quel che riguarda l’Italia, il 17 novembre, per la prima volta, il Quirinale, nella persona del Presidente della Repubblica Mattarella, ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa – organo di rilievo costituzionale per problemi riguardanti sicurezza e difesa nazionale – con focus, appunto, su minacce ibride e cognitive.
Si può dire che si è trattato della certificazione massima, nel nostro Paese, della gravità del problema. A ciò ha contemporaneamente fatto seguito la pubblicazione di un documento, un fruibilissimo non-paper del Ministero della Difesa guidato da Guido Crosetto dal titolo “Il contrasto alla guerra ibrida: una strategia attiva”, analisi approfondita e finalmente molto netta e senza equivoci sulle strutturazioni di attacchi che colpiscono l’Italia e l’intero spazio europeo, insieme a strumenti pensati per difendersi.
La difesa dei valori di libertà e democrazia contro le ingerenze di dittature e autocrazie che vorrebbero disgregare i sistemi politici liberaldemocratici e i nostri diritti è una battaglia esiziale, del domani come di oggi, che nasconde le insidie dell’erosione della consapevolezza della scelta e della comprensione dei dati di realtà.
Non solo: è diventata ormai dovere civico, che, come tale, dovrebbe vedere impegnate tutte le forze democratiche e partitiche, ma anche qui spesso manca la corretta sensibilità. L’invasione dell’Ucraina è senza dubbio la manifestazione massima della fenomenologia di guerra non lineare, dove ormai da quasi quattro anni ci troviamo a sorbire continui ribaltamenti della realtà e pericolose falsità spacciate come fatti incontrovertibili. La cronaca ci mostra come, anche sulla recente questione della scoppiata corruzione, ci sia una copertura diffusamente distorta da parte dei media nazionali.
Il dibattito si è se possibile incattivito ancor di più contro gli ucraini, contribuendo a inquinare la realtà e perdendo – intossicati dall’ideologia – gli elementi cardine, e cioè che in Ucraina il tema è emerso proprio perché esiste una Autorità nazionale di anticorruzione, che non può esistere in un’autocrazia come quella russa, che è per di più uno degli stati più corrotti al mondo. Nel mentre, nessun talk show nazionale si dedica in maniera seria ai ventimila bambini ucraini rapiti dal regime putiniano. Guerra ibrida significa pure che, in un periodo di importanza vitale come quello al quale andiamo incontro, il Cremlino proverà a convincere l’opinione pubblica – italiana e occidentale tutta – che l’irricevibile e umiliante piano di pace trumpiano, se rifiutato dall’Ucraina, lo sarà perché gli ucraini vogliono la guerra, e che in quanto proiezione di interessi altri, come se fossero privi di autodeterminazione propria, non possono che continuare a combattere.
In una fase storica complicatissima, dove gli strumenti di guerra non lineare si fanno sempre più sofisticati e l’ingegnerizzazione della guerra ibrida è realtà storica, alcuni eventi e scelte recenti hanno contribuito e stanno contribuendo a portare tema e dibattito relativo agli occhi del grande pubblico.
L’Unione europea ha infatti presentato, il 12 novembre, un nuovo scudo contro disinformazione e minacce ibride, con un pacchetto costruito dalla Commissione incentrato su due iniziative: lo Scudo europeo della democrazia – piano volto a proteggere i sistemi democratici dell’Unione dalle manipolazioni informative – e la Strategia dell’Ue per la società civile, pensata per sostenere il ruolo delle organizzazioni civiche in Europa.
Nel marzo di quest’anno era stato pubblicato il terzo rapporto annuale sulla Fimi (Foreign Information Manipulation and Interference) dall’Eeas, il Servizio europeo per l’azione esterna, che disegnava una mappatura delle operazioni di interferenza straniera contro le democrazie liberali comunitarie, dove emergeva che canali ufficiali e media statali di realtà autocratiche – quali Russia, Cina, Iran e Corea del Nord – erano solo la punta dell’iceberg di un’architettura multilivello, digitale e non, finalizzata a incidere nei processi elettorali (soprattutto, tramite la diffusione di notizie false online).
Per quel che riguarda l’Italia, il 17 novembre, per la prima volta, il Quirinale, nella persona del Presidente della Repubblica Mattarella, ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa – organo di rilievo costituzionale per problemi riguardanti sicurezza e difesa nazionale – con focus, appunto, su minacce ibride e cognitive.
Si può dire che si è trattato della certificazione massima, nel nostro Paese, della gravità del problema. A ciò ha contemporaneamente fatto seguito la pubblicazione di un documento, un fruibilissimo non-paper del Ministero della Difesa guidato da Guido Crosetto dal titolo “Il contrasto alla guerra ibrida: una strategia attiva”, analisi approfondita e finalmente molto netta e senza equivoci sulle strutturazioni di attacchi che colpiscono l’Italia e l’intero spazio europeo, insieme a strumenti pensati per difendersi.
La difesa dei valori di libertà e democrazia contro le ingerenze di dittature e autocrazie che vorrebbero disgregare i sistemi politici liberaldemocratici e i nostri diritti è una battaglia esiziale, del domani come di oggi, che nasconde le insidie dell’erosione della consapevolezza della scelta e della comprensione dei dati di realtà.
Non solo: è diventata ormai dovere civico, che, come tale, dovrebbe vedere impegnate tutte le forze democratiche e partitiche, ma anche qui spesso manca la corretta sensibilità. L’invasione dell’Ucraina è senza dubbio la manifestazione massima della fenomenologia di guerra non lineare, dove ormai da quasi quattro anni ci troviamo a sorbire continui ribaltamenti della realtà e pericolose falsità spacciate come fatti incontrovertibili. La cronaca ci mostra come, anche sulla recente questione della scoppiata corruzione, ci sia una copertura diffusamente distorta da parte dei media nazionali.
Il dibattito si è se possibile incattivito ancor di più contro gli ucraini, contribuendo a inquinare la realtà e perdendo – intossicati dall’ideologia – gli elementi cardine, e cioè che in Ucraina il tema è emerso proprio perché esiste una Autorità nazionale di anticorruzione, che non può esistere in un’autocrazia come quella russa, che è per di più uno degli stati più corrotti al mondo. Nel mentre, nessun talk show nazionale si dedica in maniera seria ai ventimila bambini ucraini rapiti dal regime putiniano. Guerra ibrida significa pure che, in un periodo di importanza vitale come quello al quale andiamo incontro, il Cremlino proverà a convincere l’opinione pubblica – italiana e occidentale tutta – che l’irricevibile e umiliante piano di pace trumpiano, se rifiutato dall’Ucraina, lo sarà perché gli ucraini vogliono la guerra, e che in quanto proiezione di interessi altri, come se fossero privi di autodeterminazione propria, non possono che continuare a combattere.
Ora, con specifico riguardo alla disinformazione veicolata da queste azioni di guerra asimmetrica, verrebbe da chiedersi cosa può concretamente fare il mondo in primis del giornalismo e degli operatori dell’informazione per proteggersi in maniera più solida e resistente.
Un suggerimento ce lo offre ad esempio The Guardian Foundation, ente no-profit indipendente che lavora per contrastare la manipolazione cognitiva e percettiva, che ci spiega come uno dei migliori metodi è fornire sin da giovanissimi i corretti mezzi per valutare i fenomeni, estirpando, da subito, i germi della falsificazione. L’ente ha avviato un programma (europeo) per costruire progetti pilota nelle scuole, appunto, al fine di combattere fake news e insegnare giornalismo ai bimbi dai sette agli undici anni (!).
L’Italia è fortunatamente uno dei Paesi scelti, tramite la sigla NewsWise, progetto di educazione all’informazione, digitale e non, pensato appunto per le scuole primarie. L’obiettivo è formare una generazione in grado di pensare in modo critico, consapevole e informato: l’espressione non è di facile traduzione, riferendosi alla capacità di analizzare e valutare criticamente le notizie dei media. Si tratta essenzialmente di avviare i bambini a muoversi all’interno del mondo dell’informazione, lavorando con loro sullo sviluppo delle capacità necessarie per distinguere le notizie vere da quelle false.
La risposta contro l’alterazione delle percezioni e le armi di contrasto cognitivo va e andrà ovviamente data in modo organico – come politica ma anche come società civile – soprattutto in un Paese come il nostro, particolarmente vulnerabile alla propaganda, soprattutto russa, e considerato anche all’estero ventre molle dell’Occidente, ma progetti di questo tipo sono l’alfabeto democratico da cui sicuramente costruire una ripartenza e un futuro capace di tutelarsi dai nemici delle libertà e delle società aperte.
L'articolo La minaccia della disinformazione è entrata nel dibattito pubblico, finalmente proviene da Linkiesta.it.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




