La time machine di Louis Vuitton: la sfilata Cruise 2026 nel Palazzo dei Papi
I francesi, si sa, sono sempre stati i migliori promotori si se stessi. Quest’anno il direttore creativo di Louis Vuitton Nicolas Ghesquière ha individuato un luogo emblematico per presentare la sfilata Cruise 2026: il Palazzo dei Papi di Avignone (nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra), capolavoro dell’architettura medievale e Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
La location è stata annunciata, ironia della sorte, il 18 aprile, una manciata di giorni prima della morte di Papa Francesco, appena prima che il papato diventasse argomento da prima pagina dei giornali. E oggi sembra ricordarci con nonchalance che un tempo perfino i papi hanno perferito la Francia a Roma. Louis Vuitton riposiziona così l’ago della bilancia verso Oltralpe e fa da contrappeso alla tendenza che vede i brand del lusso francese scegliere sempre più spesso l’Italia come cornice delle loro collezioni: da Chanel che il 29 aprile ha sfilato sul lago di Como a Dior che il 27 maggio arriva a Villa Albani Torlonia a Roma, fino allo stesso Vuitton che due anni fa era approdato sull’Isola Bella del Lago Maggiore e a Jacquemus, che ha portato vip e addetti ai lavori sullo scenografico tetto di Villa Malaparte a Capri.
Il Palazzo dei Papi sì è aperto così alla moda. Qui, ne La Cour d’Honneur, il cortile principale che ogni luglio ospita il Festival d’Avignone, è andata in scena la sfilata Cruise 2026 di Louis Vuitton, ponte tra passato e presente. A partire dalla passerella che ribaltava la prospettiva del pubblico: bianca, luminosa, da 2001 Odissea nello spazio, attraversava le poltroncine che di solito ospitano i 2000 spettatori del Festival. Le le star e gli altri invitati invece erano seduti nella zona del palco, accolti su poltrone in velluto rosso che ricordavano quelle vescovili. Qui, in front row, c’erano tra gli altri Cate Blanchett, Emma Stone, Pharrel Williams e Saoirse Ronan.
Come lo spazio, anche la collezione è un connubio di rimandi e contrasti dove si fondono varie epoche. Un invito a riflettere sul carisma di un guardaroba, sull’immaginario che può evocare e sui significati che assume a seconda del contesto storico e della personalità che lo indossa: potere, libertà, ribellione.

Louis Vuitton Cruise 2026, Palais des Papes, Avignon. (Photo by Sylvain THOMAS / AFP) (Photo by SYLVAIN THOMAS/AFP via Getty Images)
In passerella sfilano cappotti mini bordati da una pelliccia bianca che evoca le silhouette borghesi degli anni 60, ma anche gli antichi finimenti in ermellino della mozzetta e del camauro riesumati da Papa Benedetto XVI. I ricchi broccati delle vesti argento e oro sono lavorati in modo da diventare così lucidi da apparire lamè, mentre gli stivaletti aderenti sono fondono i calzari e le scarpette medievali con i cuissard stile Barbarella. Anche le borsette si trasformano in scrigni preziosi, così come le maxi t-shirt ricamate di “lingotti” di paillettes dai richiami Eighties, decennio a cui Ghesquière non rinuncia mai.
Le fantasie astratte che decorano cappe e abiti sono prese in prestito dagli arazzi della stanza del papa del Palazzo di Avignone, mentre gli abiti con le maniche a palloncino ricordano quelli rinascimentali, rivisitati in versione mini per moderne donne di potere, novelle Caterine dei Medici ed Elisabette I.
Va in scena una sorta di gioco di specchi dove vecchio e nuovo convivono, fusi nella bellezza. Un po’ come nelle opere di Bill Viola, l’artista dei celebri video ispirati ai capolavori della storia dell’arte che Ghesquière aveva scoperto proprio ad Avignone: «Nell’estate del 2000, una serie di mostre e performance chiamata “La Beauté in fabula” fu messa in scena in preparazione al Festival. Trascorsi due giorni completamente immerso nelle incredibili sale del Palazzo dei Papi, dove per la prima volta scoprii il lavoro di Bill Viola, che mi colpì profondamente e mi influenzò molto» ha raccontato il designer che in ogni collezione sviluppa interferenze storico-culturali. Ma il medioevo in chiave space age non l’avevamo ancora visto.
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