La vocazione di un territorio per il Pinot Nero

Conoscevo Conte Vistarino come marchio storico dell’Oltrepò Pavese, ma fino a pochi giorni or sono non avevo mai messo piede a Rocca de’ Giorgi. Un paese che reca nel nome il suo legame con una famiglia (Giorgi di Vistarino) di cui è stato nei secoli fortezza e buen retiro, godendo oggi dell’esistenza di una perla come Villa Fornace, immersa come la sua orangerie nel cuore della tenuta che è guidata, fra i flutti del mercato viticolo contemporaneo, da Ottavia Giorgi di Vistarino.
La proprietà dei Giorgi di Vistarino qui è iniziata intorno all’anno 1000 e la tenuta si estende oggi su 826 ettari, di cui 144 vitati e 65 a Pinot Nero (2,3 per cento della intera denominazione Oltrepò Pavese, che produce da sola il 75 per cento di tutto il Pinot Nero da spumante d’Italia). Ne scaturiscono 220.000 bottiglie, con un fatturato, nel 2024, di 2,5 milioni di euro. Le vendite sono così suddivise: Italia 80 per cento, estero 20 per cento.
L’occasione di imboccare le meravigliose strade dell’Oltrepò è stata la presentazione della Réserve des Amis e dell’originale Wine Club Les Amis, voluto da Ottavia Giorgi di Vistarino, per dare una dimensione conviviale unica alle migliori bottiglie del proprio Pinot Nero fermo, nell’anno in cui Wine Spectator ha inserito il Costa del Nero 2022 fra i cento migliori vini dell’anno.
La nostra ospite prosegue la rivoluzione qualitativa avviata negli anni Duemila, rinnovando immagine, cantina e vigneti, e introducendo nuove tecnologie come i vasi vinari di piccole dimensioni e la selezione ottica degli acini. Da questa visione nascono oggi i tre Cru Pernice, Bertone e Tavernetto, Pinot Nero in purezza da singolo vigneto.
La Réserve des Amis è una collezione limitata di bottiglie da annate selezionate, pensate per la condivisione. Le prime tre cassette includono: verticale Bertone 2013–2017–2019, verticale Tavernetto 2013–2015–2019, orizzontale 2017 dei tre Cru.

Contestualmente nasce il Wine Club Les Amis, una comunità esclusiva con contenuti, eventi e visite riservate, tra cui incontri non solo in terra oltrepadana, ma anche nelle cantine di Tenuta San Leonardo e Sassicaia: un QR code incluso nelle cassette introduce ogni nuovo socio al club, stabilendo altresì un contatto tra lui e l’azienda.
Se in passato Conte Vistarino aveva sperimentato un’ampiezza di gamma non sempre in linea con un rigore qualitativo, oggi ha deciso di puntare su Pinot Nero, Chardonnay e Riesling. I passaggi per arrivare fin qui non sono stati semplici, soprattutto perché una grande impresa famigliare plurisecolare porta con sé blasone e reputazione, ma anche il peso di tradizioni e abitudini che non sono sempre agevoli da rinnovare.
Tuttavia, Ottavia appare estremamente determinata e ha scelto un general manager di sicure doti come Lino Scaravonati, una lunga esperienza con la famiglia Lunelli e una storia personale di successo con il rilancio e l’affermazione del marchio Bisol, dopo l’ingresso di quest’ultimo nella galassia di Ferrari, Trento. Ci sono tutte le premesse perché, attraverso la visione e le azioni di persone sinceramente appassionate come Ottavia, l’Oltrepò riesca finalmente a individuare una nuova via, lontana quanto più possibile dalle logiche del passato, fatto di quantità soprattutto e di vendita puntando sui prezzi, per esprimere compiutamente la sua vocazione come territorio di riferimento per il Pinot Nero, capace di unire la storia, l’innovazione enologica e la strategia territoriale in modo nuovo.
175 anni dopo l’arrivo di Carlo Gancia da queste parti, alla ricerca di uve idonee alla spumantizzazione in quel di Canelli, il tempo per una nuova fase è giunta. Con un territorio che è a buon diritto il migliore feudo del Pinot Nero in Italia, per collocazione, condizioni ambientali e savoir-faire diffuso, l’Oltrepò Pavese può davvero guardare al futuro. Ma, soprattutto, deve farlo.
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