Le cover più ardite dei Nirvana: Patty Smith, Amanda Palmer, Tanya Tgaq…

Lug 6, 2025 - 14:00
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Le cover più ardite dei Nirvana: Patty Smith, Amanda Palmer, Tanya Tgaq…

Agli inizi degli anni Novanta i Nirvana sono stati paladini di una nuova ventata di freschezza e autenticità nel mondo del rock. Nati alla fine degli anni Ottanta, sono stati una delle band di punta della scena di Seattle che poi ha preso il nome di grunge. E sono stati anche una delle band più importanti degli ultimi trentacinque anni, influenzando una enorme quantità di gruppi e album dalla metà degli anni Novanta a oggi. In molti quindi si sono cimentati con le reinterpretazioni dei loro brani, ma quali sono le cover più ardite dei Nirvana, quelle che, mantenendo una qualità alta, hanno saputo far emergere da quei brani aspetti nascosti e a volte insospettabili delle registrazioni originali?

La breve carriera dei Nirvana li ha visti scalare le vette più alte del successo con soli tre album in studio all’attivo: Bleach, pubblicato nel 1989, Nevermind del 1991 e In Utero del 1993. Così avviene che gran parte degli album tributo alla produzione della band si sono concentrati sui singoli album. Nella nostra prospettiva delle cover ardite, che si allontanano dagli arrangiamenti e dalle atmosfere delle versioni originali, tra gli album tributo più interessanti troviamo infatti: Smells Like Bleach: A Tribute to Nirvana del 2000, A Soulful Tribute to Nirvana’s In Utero del 2018, In Utero, In Tribute: A Tribute to Nirvana’s In Utero, in Entirety del 2014, Come as you Are: A 20th Anniversary Tribute to Nirvana’s Nevermind del 2011. Certo, ci sono anche tributi più generici, in alcuni casi anche ricchi di versioni ardite, come Tribute to Kurt Cobain and Nirvana, uscito nel 2013 e con la partecipazione di molte band italiane che hanno realizzato cover particolarmente interessanti del repertorio del trio di Seattle.

Così come esistono album di band e artisti singoli interamente dedicate alle reinterpretazioni dei brani dei Nirvana: ad esempio gli Iron Horse, un quartetto dell’Alabama, hanno pubblicato nel 2017 l’album Pickin’ on Nirvana, con undici brani rivisitati in chiave bluegrass, mentre i Vitamin String Quartet nel 2010 hanno fatto uscire VSQ Master Series: Nirvana’s Nevermind. Il duo di Los Angeles Feed the Biirds, invece, ha realizzato un interessante album tributo dal titolo Biirdvana: The Quarantine Sessions nel 2020. Anche nei casi di artisti singoli che dedicano un intero album alla band di Seattle, troviamo progetti che si concentrano su un unico album della produzione dei Nirvana: il polistrumentista di New Orleans Dr. Sick, ad esempio, ha pubblicato nel 2017 il suo Nirvana Nevermind: Solo Violin.

È interessante notare che esisteva un’altra band che si chiamava Nirvana, una band britannica fondata nel 1967 e ancora in attività. Nel 1996 anche loro si sono cimentati con una cover dei loro omonimi d’oltreoceano, inserendo Lithium nel loro album Orange and Blue. I Nirvana, quelli americani, si sono ufficialmente sciolti nel 1994, a seguito della morte di Kurt Cobain. Il bassista Krist Novoselic, dopo aver tentato con altri due o tre progetti musicali, si è recentemente dato alla politica. Il batterista Dave Grohl, lo sappiamo tutti, è diventato cantante e chitarrista della propria band, i Foo Fighters, oltre che un apprezzato regista di documentari musicali. Dave Grohl era entrato nella band nel 1990, contribuendo non poco alla realizzazione di Nevermind, l’album che ha consacrato i Nirvana nell’olimpo del rock.

Prima di lui diversi musicisti si erano alternati alle pelli, ma è stato Chad Channing a registrare l’album di esordio Bleach. I Nirvana, ispirandosi alla scena punk e metal californiana e ai Pixies, avevano ben presto legato rapporti con i Melvins e avevano trovato dei mentori nei Sonic Youth e nei R.E.M. Una volta raggiunto il successo, si sono subito prodigati per far conoscere le band emergenti, in particolare eseguendo cover dei loro brani durante i concerti, contribuendo così alla crescita di una scena musicale. Non sorprende, quindi, che fossero molto benvoluti e che molti artisti importanti abbiano voluto omaggiarli con reinterpretazioni dei loro brani. Nel 1994 Sinead O’Connor ha inserito una sua versione di All Apologies nell’album Universal Mother.

Lo stesso brano lo ritroviamo reinterpretato da Herbie Hancock in Late Night Herbie Hancock del 2024. Ma ne esiste anche una cover dei D.O.A., storica band punk canadese, all’interno dell’album tributo Smells Like Bleach. I Sonic Youth hanno registrato una cover di Moist Vagina per il loro album Sunday del 1998. Dee Dee Ramone, sempre nel tributo Smells Like Bleach, ha invece reinterpretato Negative Creep. Pennyroyal Tea è stata invece la scelta di Kristin Hersh, inclusa nel suo album Echo del 1999: una cover davvero molto interessante.

La versione swing di Smells Like Teen Spirit realizzata da Paul Anka nel 2005 per il suo album Rock Swings la conosciamo più o meno tutti. Meno famose invece sono le cover degli Stereophonics di Something in the Way, inclusa in Performance and Cocktails del 1999, e quella degli U.K. Subs di Stay Away, tratta ancora da Smells Like Bleach. Ma cominciamo ora ad entrare nel merito delle cover davvero più ardite…

Menzioni speciali

Una cover decisamente ardita, e forse anche difficile da digerire, di Something in the Way è stata registrata dalla band metal tedesca 1914 nel loro Fur Kaiser, Volk und Vaterland!, pubblicato nel 2018: si tratta di una cavalcata di una decina di minuti, in cui il brano originale è a malapena riconoscibile, destrutturato e rivisitato nella sua natura più profonda. About a Girl, terza traccia dell’album Bleach, è stata invece reinterpretata in maniera ardita ed estremamente efficace dalla jazzista Ligia Piro, nel suo album Baby!, uscito nel 2006, ma anche in chiave reggae da Little Roy nel suo Battle for Seattle del 2011 e in veste bluegrass dagli Iron Horse in Pickin’ on Nirvana del 2017. Little Roy, con il suo Battle for Seattle, è stato il capostipite delle reinterpretazioni in chiave reggae dei brani dei Nirvana, e in molti casi le sue cover sono tanto ardite quanto riuscite.

È il caso, ad esempio, anche di Very Ape, originariamente inclusa in In Utero. Ancora una jazzista, questa volta la portoghese Elisa Rodrigues, ha realizzato nel 2011 una notevole cover di Dumb, sesta traccia di In Utero, includendola nel suo Heart Mouth Dialogues. Vi segnalo anche la versione di Lounge Act realizzata dai Murder by Death sempre nel 2011 per l’album tributo Come as you Are. In ambito metal, la cover di School, brano originariamente incluso in Bleach, da parte dei Fear Factory merita certamente una menzione: è stata pubblicata nell’album Archetype del 2004. Da segnalare anche la versione dei Dr. Know di Aneurysm, singolo uscito dopo lo scioglimento dei Nirvana nel 1996, inclusa nel tributo Smells Like Bleach. Come as you Are, terza traccia di Nevermind, è senza dubbio una delle canzoni più famose dei Nirvana.

Non stupisce quindi trovarne diverse cover, anche ardite. I Cool Hipnoise ne hanno realizzato una versione reggae particolarmente riuscita per il loro Selected Showcase & More del 2001. I Mammals ne hanno registrato una cover molto interessante nell’album Departure del 2006. Decisamente ardita anche la versione dei Pink Freud inclusa in Sorry Music Polska del 2003. Ma vi segnalo anche la cover realizzata da Laura Love nel 1997 per il suo Octoroon, quella dal vivo di Emilie Simon inclusa nel suo Live à L’Olympia del 2007 e quella di Derwood Andrews inclusa in Cover Yer Arse del 2010. Ma il brano che senza dubbio conta più reinterpretazioni in assoluto è Smells Like Teen Spirit, traccia di apertura di Nevermind.

Per quanto riguarda le cover ardite di questo brano, sembra che il via l’abbia dato Tori Amos nel 1992 con la sua versione inclusa in Little Earthquakes: una cover decisamente famosa ma, a mio modo di vedere, poco incisiva. Eppure, da lì in poi, troviamo la versione a cappella dei Flying Pickets incisa per The Original Flying Pickets Vol. One del 1994, la cover assurda dei Benzedrine Monks of Santo Domonica inclusa in Chantmania sempre del 1994, l’interessantissima versione dei Wounded registrata per il loro Atlantic del 2018 e quella altrettanto interessante di Lucinda Belle realizzata nel 2016 per il suo Urban Lullabies.

Ma se non vi spaventa un po’ di umorismo britannico accostato alla musica dei Nirvana, andate assolutamente ad ascoltare la cover realizzata nel 2007 dalla Ukulele Orchestra of Great Britain e inclusa nel DVD Anarchy in the UK. Anche i Rhythms Del Mundo ne hanno realizzato una versione che vale la pena ascoltare per il loro Rhythms Del Mundo Revival del 2010. Del 2015 è invece la cover dei Cinematic Pop inclusa nel loro album eponimo. Be’, mi fermo qui, per evitare di far diventare questo articolo un interminabile elenco di nomi. Ma spero di aver reso l’idea di quanto il repertorio dei Nirvana, nonostante sia limitato, abbia offerto un materiale fertile a musicisti provenienti dai mondi più diversi. Ora passiamo però alle cover più ardite che ho scelto per voi.

Scary Pockets, Come as you Are

Come as you Are è la terza traccia di Nevermind, l’album del 1991 che ha portato i Nirvana al successo mondiale. Caratterizzata dall’iconico riff che tutti i neofiti della chitarra e del basso cercano di emulare quasi subito, è una delle canzoni più rivisitate, come abbiamo visto, del repertorio del trio di Seattle. Gli Scary Pockets sono un progetto dedito alla reinterpretazione in chiave funky dei grandi successi di ogni genere ed epoca. Nella loro versione, inclusa nell’album Star Funk del 2018, il riff viene relegato a un ruolo più secondario, lasciando spazio a un’interpretazione funky tanto ardita quanto divertente.

 

Naked Girls and Aeroplanes, Radio Friendly Unit Shifter

Tratta dall’album In Utero, pubblicato dai Nirvana nel 1993, Radio Friendly Unit Shifter è invece una traccia meno nota della band, caratterizzata dal suono grunge e da un arrangiamento decisamente rock. La versione dei Naked Girls and Aeroplanes è inclusa nell’album tributo A Soulful Tribute to Nirvana’s In Utero, che raccoglie reinterpretazioni in chiave R&B dei brani dei Nirvana. E fra tutte le cover ardite di cui si compone questo album, questa è una delle più riuscite.

Black Math Horseman, All Apologies

Definiti come una band “post metal psichedelica”, i Black Math Horseman sono stati una band di Los Angeles dalla vita relativamente breve. La loro cover ardita di All Apologies dei Nirvana è stata inclusa dopo il loro scioglimento nell’album tributo In Utero, In Tribute: A Tribute to Nirvana’s In Utero, in Entirety del 2014. L’originale era la traccia conclusiva dell’album In Utero, pubblicato dai Nirvana nel 1993. Oltre alle cover ardite già citate, ne esiste anche un’interessante versione realizzata dai Feed the Biirds per il loro Biirdvana del 2020.

Patti Smith, Smells Like Teen Spirit

Traccia di apertura di Nevermind, Smells Like Teen Spirit, come abbiamo visto, conta numerose rivisitazioni ardite dal 1992 in poi. La cover di Patti Smith, pubblicata in Outside Society del 2011, è però per molti versi la più riuscita, con il suo caratteristico andamento in crescendo che ci fa rimanere incollati ad ascoltarla tutta. Nella versione di Patti Smith compaiono anche un banjo e un violino!

Shane Tutmarc, Aneurysm

Shane Tutmarc è un polistrumentista americano, pronipote di Paul Tutmarc, un inventore di strumenti musicali al quale vengono accreditati l’invenzione del basso elettrico e della lap steel guitar. La sua versione di Aneurysm è uscita come singolo nel 2013 e possiede tutti i requisiti per essere definita una cover ardita ben riuscita.

Amanda Palmer, Polly

Polly è la sesta traccia di Nevermind, scritta ispirandosi alla storia di un rapimento di una ragazza. Amanda Palmer è la pianista dei duo Dresden Dolls, che ha però registrato da solista questa versione inclusa nel tributo Newermind, pubblicato dalla rivista SPIN nel 2012 per i venti anni dalla pubblicazione di Nevermind. La sua versione si distacca per atmosfere dall’originale, costruendo una tensione nella musica che nell’arrangiamento dei Nirvana era certamente più latente. Il video racconta esplicitamente del rapimento, alla faccia di chi, soffermandosi sul primo verso “Polly wants a cracker”, ha sempre pensato che si trattasse di una canzone su un pappagallo!

Manic Street Preachers, Been a Son

I Manic Street Preachers sono un trio gallese fondato nel 1986 e particolarmente importante per la diffusione del rock alternativo nell’area, anche attraverso una fusione con movimenti di promozione di cultura gallese. La loro versione di Been a Son è stata pubblicata nell’antologia Lipstick Traces: A Secret History of Manic Street Preachers del 2003. L’originale dei Nirvana risale al 1989, quando venne pubblicata sull’EP Blew. In seguito venne spesso eseguita live dalla band, comparendo in diversi album dal vivo e DVD.

Little Roy, Heart-Shaped Box

Pioniere delle reinterpretazioni in chiave reggae dei brani dei Nirvana, Little Roy ha pubblicato l’album Battle of Seattle nel 2011. Al suo interno troviamo molte cover ardite in versione reggae dei grandi classici della band di Seattle. Fra tutti, ho scelto questa cover di Heart-Shaped Box, che mi pare molto ardita e probabilmente la più riuscita. La traccia dei Nirvana compariva come terzo brano nell’album In Utero.

Sturgill Simpson, In Bloom

Cantante country e attore americano, Sturgill Simpson ha registrato questa cover ardita di In Bloom per il suo terzo album, A Sailor’s Guide to Earth, pubblicato nel 2016. All’epoca fu votato come miglior album country dell’anno, forse anche grazie a questo omaggio a Kurt Cobain, che è anche l’unica cover dell’album. L’originale dei Nirvana era la seconda traccia dell’album Nevermind.

Tanya Tagaq, Rape Me

Quarta traccia dell’album In Utero, Rape Me è indubbiamente una delle canzoni più famose dei Nirvana. Non è facile però immaginarne una versione ardita, che si discosti dall’originale senza perdere di qualità. Ascoltate la versione di Tanya Tagaq, inclusa nel suo album Retribution del 2016, e vi sorprenderete. Tanya Tagaq è una cantante canadese che ha elaborato una particolare modalità di canto partendo dalle tecniche gutturali degli inuit. Ha anche partecipato alla realizzazione dell’album Medullà di Bjork. In questa cover riesce a trasformare un brano schiettamente rock in un’affascinante opera tribale.

 

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