Matrimonio e tradimenti, chat, privacy, tutte le regole

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Usare le chat private del coniuge, WhatsApp, Telegram, Messenger, come prova di tradimento in cause di separazione o divorzio: rischi penali, privacy e ammissibilità.
Il nostro ordinamento giuridico sta lavorando molto nella direzione di garantire e tutelare la privacy, adattandosi anche ai mezzi di comunicazione che mutano forme e veicoli a velocità ormai quasi inafferrabile.
In questa ottica va inquadrata la questione dell’utilizzo di chat e conversazioni del partner quali prove di eventuali tradimenti o cattivi comportamenti, per utilizzarli in sede di dibattimento per separazione e divorzio. È bene sapere che secondo la giurisprudenza italiana le comunicazioni scambiate tramite applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp, Messenger, Telegram, o anche semplici SMS ed email, sono equiparate alla “corrispondenza” e, come tali, godono della tutela prevista dall’articolo 15 della Costituzione, che sancisce la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.
Questo significa che non è sufficiente che il sospetto di un tradimento si insinui nella nostra mente, spingendoci alla disperata ricerca di una verità e di una prove. Bisogna però considerare che una prova, seppure schiacciante ed inequivocabile, qualora venisse acquisita in modo illegale o illegittimo non solo è inutilizzabile in giudizio, il giudice può decidere di non tenerne conto, ma costituisce anche la prova di un reato, quello di “accesso abusivo al sistema informatico” rappresentato nello specifico dallo smartphone del partner o dal suo pc.
Matrimonio e tradimenti, chat, privacy, tutte le regole
Il contenuto delle chat, si tratti di testi, oppure foto, video, audio, costituisce a tutti gli effetti un insieme di “dati personali”, la cui raccolta, registrazione, conservazione, consultazione, utilizzo, comunicazione o diffusione presuppone un consenso dell’interessato al “trattamento”, con riferimento al Regolamento UE 2016/679 (GDPR) e al Codice in materia di protezione dei dati personali D.Lgs. 196/2003, e successivi e D.Lgs. 101/2018.
L’unica alternativa in mancanza del consenso espresso è la necessità di accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria come espresso dal Tribunale di Ancona, Sentenza n. 739 del 10 aprile 2024 e dal Tribunale di Cassino, Sentenza n. 399 del 26 aprile 2024. A questo proposito si è espressa anche la Corte di Cassazione, Quinta Sezione penale, con la recentissima sentenza n. 19421 del 23 maggio 2025, che ha ribadito essere reato prendere di nascosto dal cellulare del partner, protetto da password, le chat con l’amante e trasmetterle all’avvocato come prova di addebito della separazione.
Quali reati si possono configurare?
I reati che possono essere contestati sono nel dettaglio:
- Accesso abusivo a un sistema informatico o telematico (Art. 615-ter Codice Penale): questo reato si configura quando ci si introduce abusivamente in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza come succede aprendo uno smartphone protetto da password, anche se ci è stata data in altre occasioni e con altre finalità;
- Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (Art. 616 Codice Penale): visionare una corrispondenza se non diretta a noi, oppure sottrarla o distruggerla, è un reato. La corrispondenza elettronica (email, chat) è considerata “chiusa” nei confronti di chi non è legittimamente autorizzato ad accedere all’account o al dispositivo su cui è conservata (Corte d’Appello Milano, sez. LA, sentenza n. 504/2020). Fotografare o copiare le chat altrui senza consenso sono azioni che rientrano propriamente in questa fattispecie;
- Si può configurare il reato di “Interferenze illecite nella vita privata” ai sensi dell’Art. 615-bis Codice Penale se si utilizzano software Installare di nascosto nei dispositivi del coniuge senza il suo consenso. Questa è una grave intrusione nella sua vita privata, anche se svolto a distanza per recuperare o ascoltare il contenuto delle conversazioni intrattenute dalla persona monitorata con altri.
È importante sottolineare che il fatto di essere coniugi non giustifica né scusa in alcun modo la commissione di tali reati.
In aggiunta al problema, non di poco conto, di ritrovarsi con una denuncia e un reato, anche penale, se le
chat sono state acquisite illecitamente non è nemmeno certo che questo materiale possa venire utilizzato
come prova in un processo civile. In merito a questa evenienza, infatti, vi è ampio dibattito.
Le prove recuperate sono ammissibili?
Se nel processo penale, l’articolo 191 del Codice di procedura penale dichiara con chiarezza la non utilizzabilità delle prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge, non esista nel Codice di procedura civile una norma uguale a questa.
Una parte significativa della giurisprudenza ritiene che le prove documentali, tra le quali vanno computate anche riproduzioni di chat, screenshots, file audio, ottenute in modo illecito, violino i diritti fondamentali come la riservatezza e la segretezza delle comunicazioni, tutelati dall’art. 15 Costituzione come abbiamo visto, per questo motivo debbano essere considerate inutilizzabili anche nel processo civile.
In questa direzione sono andati in passato i pronunciamenti di alcuni tribunali come il Tribunale Livorno, sez. 1, sentenza n. 94/2013 oppure si veda Cassazione Civile, Sez. 3, N. 8459 del 05-05- 2020. Un appiglio è di certo rappresentato dalla attuale normativa sulla protezione dei dati personali, già presente nel precedente D.Lgs. 196/2003 e GDPR.
In questi riferimenti normativi è prevista un’importante eccezione al principio del consenso per il trattamento dei dati. Il trattamento di dati personali, anche quelli “particolari”, definiti ‘sensibili’ nella precedente normativa, in riferimento all’Art. 9, paragrafo 2, lettera f, GDPR per i dati particolari, e Art. 6, paragrafo 1, lettera f, GDPR per gli altri dati, è considerato lecito, anche senza il consenso dell’interessato, se è “necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria”.
Questo specifico passaggio mira a bilanciare il diritto alla protezione dei dati personali con il diritto, costituzionalmente garantito, di agire e difendersi in giudizio, come contenuto all’articolo 24 della Costituzione.
Nelle complesse cause di diritto di famiglia, spesso i giudici mettono in atto un attento bilanciamento tra questi diritti contrapposti e in alcuni casi, non nella maggioranza è bene dirlo, l’ammissibilità di prove come le chat acquisite senza consenso è possibile a condizione che la loro acquisizione e produzione in giudizio sia assolutamente necessaria e indispensabile per esercitare il proprio diritto di difesa e che non sia stato possibile utilizzare mezzi leciti, come hanno stabilito la Corte d’Appello Milano, sez. 2, sentenza n. 3386/2021 e il Tribunale Ancona, sez. 1, sentenza n. 1602/2021.
Cercare altri modi di reperire evidenze
È chiaro dalla trattazione fin qui prodotta che la strada migliore è forse ricercare prove legalmente a riprova di tradimenti e comportamenti scorretti. Può sicuramente essere utile e probatorio ricercare testimonianze dirette di persone che abbiano assistito a comportamenti inequivocabili del coniuge con un’altra persona, mettere le ‘mani in tasca’ al coniuge alla ricerca di prove fisiche come scontrini di ristoranti o alberghi, biglietti aerei o ferroviari per viaggi non giustificati, estratti conto che mostrino spese sospette, se il conto è cointestato o accessibile, e di certo possono essere probatori fotografie o video scattati in luoghi pubblici che ritraggono il coniuge in atteggiamenti compromettenti con un’altra persona.
Una nota positiva, per modo di dire, è il fatto che, per dimostrare il tradimento e ottenere l’addebito a carico del coniuge non è necessario che il rapporto la relazione siano state concretamente svolte, ma è sufficiente il comportamento “equivoco” o il tentativo di sedurre un’altra persona. È sempre la Cassazione ad aver specificato che la violazione del dovere di fedeltà coniugale si compie anche con il semplice sospetto o la lesione della reputazione del coniuge. Tali elementi sono talmente gravi da compromettere per sempre il legame di fiducia matrimoniale.
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