Meloni preferisce Coldiretti a Confindustria, e prende tempo sul Mercosur

Dicembre 19, 2025 - 15:00
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Meloni preferisce Coldiretti a Confindustria, e prende tempo sul Mercosur

Sul Mercosur Giorgia Meloni prende tempo. La premier italiana è decisa a sfruttare il suo ruolo di ago della bilancia per far saltare il banco in Europa. Almeno per il momento. L’Italia si è allineata con la Francia per il no alla firma del trattato commerciale tra Europa e i Paesi latinoamericani del Mercado Comum do Sul, ovvero Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Le istituzioni europee hanno promesso clausole di salvaguardia più severe, ma non è bastato a convincere Roma e Parigi a firmare l’intesa che aprirebbe le porte del mercato europeo a carne bovina, pollo, zucchero, mais e miele senza dazi dall’America Latina.

Mentre i trattori degli agricoltori invadevano le strade Bruxelles, bloccando il quartiere in cui si svolgeva il Consiglio europeo, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, in una conferenza stampa a Brasilia, raccontava di aver sentito al telefono Meloni, la quale avrebbe chiesto al massimo un altro mese di tempo per arrivare alla firma.

Dopo venticinque anni di attesa, il Consiglio europeo con il voto del 19 dicembre avrebbe dovuto dare il mandato a Ursula von der Leyen e Antonio Costa di volare il 20 dicembre in Brasile e firmare il patto. E invece è tutto rinviato ancora a gennaio.

L’accordo sulla creazione dell’area di libero scambio tra Europa e Mercosur in realtà è già stato raggiunto nel dicembre 2024, un anno fa. Prevede che, nell’arco di dieci anni, il blocco sudamericano liberalizzerà il 90 per cento delle importazioni di beni industriali europei e il 93 per cento dei prodotti agricoli, riducendo progressivamente le barriere tariffarie e non tariffarie attuali. Oggi ci sono dazi fino al 35 per cento sui ricambi auto, 20 per cento sui macchinari, 18 per cento sui prodotti chimici e 14 per cento su quelli farmaceutici. Mentre l’Ue impone dazi fino al 15 per cento circa sui prodotti agricoli sudamericani. Quando e se andrà in porto, il trattato Ue-Mercosur creerà invece la più grande zona di libero scambio al mondo, con oltre 700 milioni di consumatori potenziali.

La Francia si è sempre messa di traverso. E il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto subito un ulteriore rinvio al 2026. Meloni, dopo aver sentito Macron, alla fine ha rotto il silenzio, spiegando pure lei che firmare in questi giorni sarebbe «prematuro». E così la strada si è fatta in salita, visto che in consiglio servirebbe la maggioranza qualificata.

Macron sente il fiato sul collo di Marine Le Pen, paladina indiscussa della lobby degli agricoltori francesi. E lo stesso vale per Meloni, visto che il partito della premier e il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida hanno uno degli zoccoli duri elettorali proprio nella Coldiretti, che si è da sempre opposta dal Mercosur. Al contrario di Confidustria e Federalimentari, che invece premono per la firma, pur non avendo mai fatto una grossa campagna comunicativa a favore.

Quello italiano più che uno no è un «sì condizionato», si legge in un dossier di Fratelli d’Italia, in cui si chiedono garanzie di reciprocità e «clausole a specchio», pretendendo le stesse norme europee lungo tutta la filiera di produzione dei Paesi del Mercosur. Ma in realtà la maggioranza di governo sul tema è divisa. Al Parlamento europeo, nel voto sulle «clausole di salvaguardia», Forza Italia ha votato a favore in linea con il resto del Ppe, Fratelli d’Italia si è astenuta e la Lega ha votato contro.

Per provare a convincere Francia e Italia, Parlamento e Commissione europea hanno approvato un testo supplementare con ulteriori clausole secondo cui sarebbero reimmessi i dazi doganali qualora le importazioni di pollame e carne bovina dall’America Latina destabilizzassero i mercati europei. Intanto aumenta il pressing della Germania, schierata dalla parte del sì, che fa sapere che Berlino potrebbe non essere in grado di mantenere i suoi ingenti contributi netti al bilancio dell’Ue senza l’aiuto della crescita economica che accordi commerciali come il Mercosur contribuiscono a promuovere. La Germania spinge per un via libera all’accordo che spera possa dare respiro alla sua industria. Tra i favorevoli, poi, ci sono anche la Spagna e i Paesi del Nord Europa. Polonia, Ungheria, Austria e Irlanda invece frenano, insieme a Italia e Francia.

«Un ulteriore rinvio è un messaggio piuttosto disastroso da parte dell’Unione europea, non solo ai partner commerciali del Mercosur ma anche a tutti gli altri che sono in procinto di firmare un accordo con Bruxelles, tra cui l’India», spiega Alberto Rizzi, policy fellow allo European Council on Foreign Relations. «Il rischio è che l’Europa non sia più credibile come partner commerciale, in un momento in cui ha invece l’occasione di rappresentare un’alternativa all’America guidata da Trump, difendendo le comuni regole commerciali. E invece con il rinvio dell’accordo dà esattamente il messaggio opposto».

L’Unione europea è il secondo partner commerciale del Mercosur, coprendo quasi il 17 per cento del commercio totale nel 2024. Il Mercosur, a sua volta, è il decimo partner commerciale dell’Ue. Nel 2024, gli scambi commerciali tra le due sponde ammontavano a oltre 111 miliardi di euro: 55,2 miliardi di euro di esportazioni e 56 miliardi di euro di importazioni, di cui oltre l’80 per cento del flusso commerciale tra Ue e Brasile.

L’Europa esporta macchinari, prodotti chimici e farmaceutici e componenti di auto. E importa prodotti agricoli, minerali e carta. L’accordo, abbattendo i dazi, farebbe risparmiare alle imprese europee quattro miliardi di euro all’anno, consentendo tra l’altro di presentare anche offerte per gli appalti pubblici in condizioni di parità, oltre che un accesso preferenziale ad alcune materie prime critiche.

L’Italia esporta verso i Paesi del Mercosur soprattutto macchinari e componenti industriali, ma anche pasta, formaggio e vino. E importa già molta carne bovina, oltre che la soia che serve ad alimentare gli allevamenti industriali, in quanto la produzione interna non soddisfa la domanda.

«L’Italia può trarre benefici significativi dall’accordo, soprattutto per macchinari, automotive e chimico-farmaceutico», dice Rizzi. «In un momento come questo, in cui il settore dell’automobile ha problemi enormi, eliminare i dazi sull’export di ricambi e componenti per automobili vuol dire dare un’importante valvola di sfogo all’industria». Confindustria ricorda infatti che il Mercosur vale 14 miliardi per l’Italia. E secondo un’analisi d’impatto commissionata dal ministero degli Esteri, entro il 2036 le esportazioni totali di beni e servizi dell’Ue aumenterebbero di circa 25 miliardi di dollari e l’Italia sarebbe il maggior beneficiario tra i 27 Paesi membri, con circa 3,5 miliardi in più.

Quanto ai prodotti alimentari, l’accordo prevede anche il riconoscimento di 344 indicazioni geografiche europee per vini, formaggi e altri prodotti di qualità, di cui una cinquantina per l’Italia, limitando quindi le imitazioni e i finti prodotti italiani che circolano anche in Sudamerica.

Ma una parte degli agricoltori resta contraria, temendo che l’accordo faciliti la concorrenza al ribasso e l’ingresso non controllato di prodotti che non rispettano gli standard previsti nell’Ue. «La Commissione europea in realtà ha fissato delle quote di importazione, con dazi ridotti o zero, per alcuni prodotti più sensibili come la carne di manzo, pollame e zucchero», spiega Rizzi. «Tutta l’altra parte continuerebbe invece a pagare il dazio esistente. Vuol dire che la quota senza dazio equivarrà per la carne bovina a due hamburger per cittadino europeo all’anno. E per la carne di pollo a due petti di pollo l’anno. Non è che apriamo tutto». Oltre al fatto che, dovendo rispettare standard alti, con molta probabilità i Paesi sudamericani vorranno esportare soprattutto i prodotti più prestigiosi e i tagli di carne più pregiati che permettano guadagni maggiori a fronte di costi di produzione maggiori.

L’accordo prevede anche il rispetto degli standard fitosanitari europei sul prodotto finito in ingresso. Quello che gli agricoltori, e Fratelli d’Italia, chiedono con le cosiddette «clausole specchio» è però di imporre gli stessi requisiti europei anche su tutta la filiera produttiva. Cosa impossibile, anche perché significherebbe riaprire l’accordo dello scorso anno, raggiunto dopo più di vent’anni di negoziazione.

«Possiamo imporre che il filetto di manzo che entra alla dogana deve rispettare le norme esistenti per i prodotti europei, imporre invece il rispetto di regole uguali a quelle comunitarie lungo tutta la filiera produttiva, dalla produzione della pianta per il mangime fino all’allevamento dell’animale, è un po’ difficile», spiega Rizzi. «La commissione ha promesso che ci saranno controlli più estesi. Ma come accade già adesso, di certo non si potranno controllare tutti i container in arrivo».

Senza dimenticare che con i dazi americani e il mercato statunitense diventato più difficile, l’accordo Ue-Mercosur potrebbe essere un’opportunità economica per il continente. «Certo il Mercosur non sostituisce il mercato americano perché è più piccolo come dimensione, ha un potere d’acquisto diverso e compra beni non necessariamente corrispondenti, però in un momento come questo è una boccata d’aria per ridurre gli effetti delle scelte americane», dice Rizzi. Poi, oltre a presentare l’Ue come partner commerciale affidabile in piena guerra commerciale, c’è un altro segnale politico da non sottovalutare. «Il Brasile, insieme all’India, è il Paese dei Brics meno disposto a seguire Pechino e Mosca e uno di quelli più interessati a mantenere rapporti di integrazione e scambi economici con i Paesi occidentali», spiega l’esperto. «Se facciamo saltare l’accordo, ci giochiamo pure i due amici migliori che abbiamo lì dentro».

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