La Belarus è il fronte dimenticato della libertà europea

Dicembre 27, 2025 - 11:30
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La Belarus è il fronte dimenticato della libertà europea

Oggi l’Europa si trova davanti a un bivio storico. I droni russi che hanno violato lo spazio aereo della Polonia non sono solo un incidente tecnico: sono l’ennesimo segnale che il regime di Mosca, con il complice sostegno di Minsk, continua a testare i limiti della nostra capacità di reazione. Ogni linea rossa superata senza conseguenze è un invito a spingersi oltre, a misurare la debolezza della democrazia.

In Bielorussia lo vediamo da anni. La dittatura non è limitata ai nostri confini: è un virus che si diffonde, che ricatta, che avvelena. Lukashenko ha trasformato il nostro Paese in un laboratorio di repressione e in un avamposto militare al servizio di Putin. Ha usato i migranti come arma contro Polonia e Lituania. Ha messo a disposizione basi e infrastrutture per l’aggressione all’Ucraina. Oggi permette esercitazioni congiunte che hanno come unico obiettivo l’intimidazione della Nato.

Dietro ogni mossa di questo regime non c’è la volontà del popolo della Belarus. Noi vogliamo un futuro europeo, vogliamo essere partner affidabili di Varsavia, Vilnius, Bruxelles. Vogliamo liberarci dal giogo di chi ha sequestrato lo Stato e lo usa contro di noi e contro l’Europa.

Dal 2020 viviamo in una condizione che ricorda gli anni più bui del secolo scorso. Ogni giorno, da cinque anni consecutivi, cittadini vengono arrestati per un post, per una donazione all’Ucraina, per avere parlato la lingua della Belarus. Oltre milletrecento prigionieri politici restano dietro le sbarre. Alcuni, come mio marito Sergei, hanno trascorso anni in isolamento, ridotti a ostaggi da barattare in negoziati opachi.

Persino le liberazioni che qualcuno in Occidente definisce successi diplomatici sono, in realtà, deportazioni forzate: persone costrette ad abbandonare il proprio Paese, private del diritto di vivere nella propria terra. Non è libertà, è un esilio imposto. Eppure, nonostante la brutalità, il popolo della Belarus non ha rinunciato a resistere. In clandestinità, i nostri partigiani hanno sabotato le ferrovie per rallentare l’invasione russa dell’Ucraina. I giornalisti hanno ricostruito media indipendenti dall’esilio.

Anche dentro il regime, tra chi finge lealtà a Lukashenko, ci sono donne e uomini che ci forniscono informazioni preziose: su come vengono eluse le sanzioni, su come l’economia viene militarizzata e trasformata in un meccanismo di profitto costruito sul sangue ucraino. Per questo insisto: la Bielorussia non è un dettaglio umanitario. È un tassello essenziale dell’architettura di sicurezza europea. Senza una Belarus libera e democratica, non ci sarà pace né stabilità in tutta la regione.

La democrazia non è mai garantita una volta per tutte. È fragile, vulnerabile, e per questo deve essere difesa con fermezza. I dittatori non possono essere educati, non possono essere placati: possono soltanto essere fermati. Ogni cedimento, ogni compromesso, ogni legittimazione diplomatica diventa per loro una vittoria e per noi un passo indietro.

La nostra battaglia è la vostra. Non relegatela al silenzio, non lasciateci soli. La libertà della Belarus è parte della libertà europea. La vittoria dell’Ucraina sarà la nostra finestra di opportunità, l’inizio della fine per le autocrazie che minacciano il continente.

La dittatura è come un cancro: finché non lo si estirpa fino all’ultima cellula continuerà a diffondersi. Non lasciate che la malattia arrivi a bussare alle vostre porte. Difendere la Belarus significa difendere l’Europa.

Testo raccolto alla prima Conferenza Europea di Ventotene per la libertà e la democrazia.

Questo è un articolo de Linkiesta Magazine 03/25 – Senza alternativa. Si può acquistare qui.

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Redazione Redazione Eventi e News