Michael Rider amplia (finalmente) il range stilistico di Celine

Il debutto di Michael Rider da Celine taglia i ponti con l’estetica di Hedi Slimane ma non spariglia le carte in tavola. La prima sfilata del nuovo direttore creativo – allestita ieri nell’headquarter parigino in rue Vivienne e nel cortile interno durante uno sfortunato temporale estivo – ha preso le distanze dall’inconfondibile stile del designer francese, lo stesso che aveva caratterizzato i suoi anni da Dior Homme e Saint Laurent.
Rider, ex stilista di Polo Ralph Lauren e, soprattutto, direttore del design del prêt-à-porter di Celine durante l’era Phoebe Philo (dal 2008 al 2018), ha riportato al centro dell’attenzione l’universo femminile senza limiti anagrafici. Sin dalla prima uscita, un blazer cammello su pantaloni très slim e stivaletti bianchi dal tacco comodo, ha tracciato una visione daily vicina all’heritage di Philo. Le similitudini non finiscono qui: forme avvolgenti, silhouette relaxed, nudità bandita e applicazioni metalliche. Cappotti evergreen abbinati a gonne e blue jeans dal sapore retrò ma, in realtà, più attuali che mai. Tutto declinato in nuance naturali intervallate da flash di colori intensi (rosso, verde, azzurro). Stampe vicine al mondo dell’equitazione – affine sia a Celine che a Ralph Lauren – affiancate a una pioggia di ‘C’ maxi bold e, sul finale, reti illuminate da paillettes ton sur ton. Le proposte maschili primavera/estate 2026, tra denimwear e logomania, strizzano l’occhio a un cliente più giovane. Come sottolineato dal recente défilé di Dior by Jonathan Anderson (oggi in front row ad applaudire Rider accanto ad Anna Wintour), il menswear è pronto ad accogliere un nuovo formale che abbina camicie e jeans ricamati, riporta in auge la cravatta regimental e le giacche da parisienne navigato.
Le borse, categoria imprescindibile per Celine, prediligono la funzionalità: ampie ma leggere, il morbida nappa o in rafia, perfette per chi passa dall’ufficio alla Côte d’Azur. Prevalentemente in tinta unita, fatta eccezione per alcuni modelli monogram, portate a spalla e a mano insieme ai tanti (troppi?) bijoux e charm dorati. Molto interessante – soprattutto per le philophiles – la nuova borsa che mixa alcuni elementi della it bag ‘Phantom Luggage’.
‘I thought the walls were coming down, all the way to the ground’, cantava Jack J durante la sfilata. Celine ha bisogno di tornare a dialogare con un pubblico più ampio dopo anni di appiattimento anagrafico, Rider sembra aver imboccato il sentiero giusto abbattendo i muri necessari per favorire un’inclusività ritrovata ma, la prossima volta, sarebbe auspicabile puntare anche all’effetto sorpresa.
Oltre a Celine ieri ha presentato le sue proposte per la primavera/estate 2026 anche Patou, altra storica griffe che fa capo a Lvmh. I due défilé ready to wear fuori calendario hanno anticipato i quattro giorni parigini dedicati alla haute couture autunno/inverno 2025-26. Grande attesa per l’ultima sfilata Demna alla direzione creativa di Balenciaga e all’esordio di Glenn Mertens al timone di Maison Margiela.
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