Si vota in 6 regioni: a destra e sinistra si litiga su questi nomi, cerchiamo di capire cosa c’è dietro

L’autunno sarà una cartina di tornasole non solo per le sei regioni in cui si voterà, ma anche per verificare quanto la minoranza sia forte tanto da impensierire il governo.
La sinistra è già sul piede di guerra, praticamente in campagna elettorale perchè dalle parti di Elly Schlein si è sicuri che la spallata sarà indiscutibile. La segretaria è dappertutto, inutile cercare di prendere un appuntamento con lei: viaggia a sud o a nord a giorni alterni.
Perché tanto agonismo? Per il semplice motivo che lei sa perfettamente che queste elezioni regionali potrebbero rappresentare la sua rinascita o la sua scomparsa dal palcoscenico politico.
Regioni verità per Schlein e Salvini
Forse i primi a darle battaglia, sia pure nascostamente (ma non troppo) sono i riformisti che appartengono allo stesso partito, i quali la pensano in maniera diametralmente opposta alla sua.
La vistosa sterzata a sinistra non piace ad una buona parte del Pd: non solo ai vecchi Dc che considerano la rivoluzione esagerata e non conforme alle idee dei progressisti di una volta.
Alla testa di questo gruppo, l’onorevole Pina Picierno, vice presidente della commissione europea, che non è d’accordo in niente con via del Nazareno. “Non c’è più dialogo tra di noi. Non si possono prendere ordini e basta”, esclama con forza.
Campana di nascita, si sente fremere quando qualcuno le ricorda (non ce ne sarebbe bisogno) che a novembre si voterà nella sua regione. Un territorio tormentato dalle polemiche per via della caparbietà di Don Vincenzo De Luca che non vuole rinunciare alla sua poltrona dopo due mandati. “Non sono i vertici del partito a decidere, ma la gente che vota. Se gli elettori mi diranno basta, me ne andrò senza profferir parola”.
La legge non perdona
Il fatto è che la legge non perdona perché Roma ha detto no al protrarsi del comando. Tutto ciò a dispetto di qualcuno (vicino a Palazzo Chigi) che non sarebbe contrario all’ipotesi del presidente della Campania. “Ad Elly dico e ripeto: facciamo le primarie come quando lei a sorpresa è diventata segretaria”.
Avversari di un certo peso non ne ha De Luca se non l’ex presidente della Camera, Vincenzo Fico, a cui i bookmakers danno poche chances di vittoria.
Oltre alla Campania, gli elettori saranno chiamati alle urne nelle Marche e in Puglia, due regioni che hanno uno stesso problema: quello che gli ex sindaci di Pesaro e Bari, ora deputati europei, ambirebbero a tornare a casa con maggiore gloria. Non è così semplice come appare: sempre per le divisioni interne che ostacolano il Pd. Proprio per questo la Schlein preferisce per il momento tacere e rimandare a tempo debito ogni ipotesi.
In Puglia, la situazione è differente perché chi vuole la poltrona di presidente della regione è Antonio De Caro, ex sindaco di Bari e attuale deputato europeo. A Bruxelles venne eletto con 490 mila preferenze, un record. Chi meglio di lui potrebbe gareggiare? Forse per questa poltrona non ci sono problemi, anche se nel Pd le sorprese sono dietro l’angolo.
Rimangono Toscana e Veneto, due aspetti diversi almeno all’apparenza. Per Firenze e dintorni non ci dovrebbero essere dubbi perché in questa regione dai tempi del PCI, la sinistra ha sempre dettato legge. “Ne vorremmo dieci di queste realtà”, dicono i vertici di Roma.
Per il Veneto la situazione è ingarbugliata perché anche qui come in Campania, Luca Zaia non disdegnerebbe di rimanere al suo posto (con il beneplacito del partito, la Lega di Matteo Salvini).
Se il governo ritornerà sui suoi passi, il problema potrebbe riaprirsi, altrimenti Zaia dovrà darsi da fare perchè gli venga assegnato un altro posto di prestigio. Dulcis in fundo, la Valle D’Aosta che si pronuncerà a settembre: urne aperte insieme con le comunali. Pronostici? Meglio non avventurarsi quando si ha a che fare con gli statuti speciali.
Nell’ultimo fine settimana, l’America è continuata ad essere la protagonista di ogni discussione o polemica. A Trump fa paura l’iniziativa di Elon Musk che vorrebbe fondare un nuovo partito per la libertà di tutti? Donald sorride e insieme con lui il figlio più giovane, Eric, convinto com’è della potenza del genitore e della famiglia che porta il suo nome.
Una dinastia, insomma, al pari dei reali. Se un giorno Eric dovesse occupare la Casa Bianca la speranza di tutto il mondo è che, diventato adulto, abbia un carattere meno ondivago di suo papà.
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