Von der Leyen annuncia eserciti europei che nessun governo ha intenzione di schierare

Ursula von der Leyen ha parlato di un’Europa pronta a mandare i suoi soldati in Ucraina, ma quell’Europa ancora non esiste. In una intervista al Financial Times la presidente della Commissione europea ha descritto come «abbastanza precisi» i piani per un contingente multinazionale da schierare a Kyjiv dopo la guerra, con il sostegno degli Stati Unitii: «Le garanzie di sicurezza sono fondamentali e assolutamente cruciali. Abbiamo una chiara road map e abbiamo raggiunto un accordo alla Casa Bianca, e questo lavoro sta procedendo molto bene».
Come spesso succede con la Commissione europea, il passo sembra più lungo della gamba. Von der Leyen si concede spesso la tentazione di dire la cosa mediaticamente più giusta nel momento giusto, cercando di forzare la realtà politica. Infatti l’intervista al Financial Times arriva al termine di un tour nelle capitali europee che condividono il confine con la Russia, i Paesi più inquieti per la guerra e più sensibili ai richiami alla sicurezza.
Inserire in quell’agenda di incontri un annuncio così forte è sembrata anche una risposta all’incidente che aveva colpito il suo volo in Bulgaria, vittima di un episodio di GPS jamming cioè l’interferenza deliberata con i segnali satellitari che guidano la navigazione aerea. L’azione, attribuita a Mosca e definita dalla Commissione un «atto di intimidazione», ha costretto l’aereo a manovre prolungate prima di atterrare.
Parole cristalline che però sono state smentite in neanche mezza giornata dal suo stesso paese, la Germania. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha detto che «l’Unione Europea non ha competenze né responsabilità quando si tratta di dispiegare truppe» e che discutere pubblicamente di queste ipotesi «in questa fase è fondamentalmente sbagliato». Pistorius non ha negato che i governi stiano valutando scenari, ma ha chiarito che nulla è stato deciso e che la Commissione non ha titolo per anticipare impegni di questa portata.
Altrove le incertezze non sono minori. Francia e Regno Unito discutono la questione, ma senza scelte operative. Varsavia, nonostante la posizione di frontiera, non vuole impegnare i propri uomini oltre il confine. E gli Stati Uniti, pur pronti a fornire sistemi di comando e intelligence, non prevedono alcun dispiegamento diretto. La coalizione dei volenterosi che Emmanuel Macron riunirà giovedì a Parigi, rischia così di essere un vertice pieno di cautele, più che il luogo in cui fissare impegni comuni.
L’esempio più lampante di questa ambiguita è l’Italia. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è vantata al meeting di Rimini che la sua proposta di una sicurezza ucraina imperniata sull’articolo 5 della Nato, ovvero l’impegno automatico alla difesa collettiva in caso di aggressione, sia stata accolta come modello di riferimento; ma senza mettere soldati sul terreno. Una difesa da remoto che si limiterà a missioni di monitoraggio o supporto tecnico, soltanto dopo un cessate il fuoco che sembra sempre più lontano, visti i continui attacchi di Mosca.
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