Il piano europeo sulla casa supera il piano fantasma di Meloni e Salvini

La premier Giorgia Meloni lo aveva annunciato ad agosto al meeting di Rimini. E lo ha ripetuto pure qualche giorno fa dal palco di Atreju. Il governo finanzierà «un grande piano casa», ha detto, «per dare alle giovani coppie un alloggio a prezzi calmierati». Ma mentre gli annunci italiani sono rimasti tali, il piano di Meloni nel frattempo è stato battuto sul tempo dall’arrivo piano europeo per la casa presentato a Strasburgo dal commissario socialista Dan Jørgensen.
Il 27 agosto scorso, da Rimini Meloni aveva definito il piano casa come «una delle priorità sulle quali intendiamo lavorare insieme al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini». Qualche giorno dopo, l’Ance, l’associazione dei costruttori edili, aveva calcolato le risorse necessarie per rispondere alla crisi abitativa italiana: 15 miliardi. Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici, ne sarebbero bastati 12,5. Tutti soldi che sarebbero dovuti finire nella legge di bilancio. La cifra, per dirla tutta, è sembrata subito troppo alta per una manovra che si poneva come obiettivo principale di uscire in anticipo dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo. E in effetti, finita la stagione estiva degli annunci, i soldi per il piano casa non si sono trovati.
Ora, mentre la premier continua con le promesse e l’emendamento della Lega alla legge di bilancio che proponeva 877 milioni in cinque anni (siamo ben lontani da quei 15 miliardi iniziali) è stato accantonato, è arrivato il piano della Commissione europea. Scritto proprio da quei «burocrati di Bruxelles» contro cui si scagliava lo studio di 15 pagine sul tema casa commissionato dalla Lega al suo servizio studi del Senato.
Il piano di Bruxelles, articolato in quattro pilastri e dieci azioni concrete, prevede di aggiungere nei prossimi dieci anni almeno altre 650mila case agli 1,6 milioni di immobili costruiti già in media ogni anno. Un’operazione che costerà circa 153 miliardi di euro l’anno, una cifra enorme da reperire mobilitando risorse pubbliche e private.
Finora la Commissione ha stanziato 43 miliardi di euro nel settore dell’edilizia abitativa e prevede di continuare a farlo. Tra le fonti di finanziamenti disponibili la lista è lunga: fondi di coesione, InvestEu, Life, Horizon Europe e Programma del mercato unico. Accanto a questi, arriverà nel nuovo bilancio europeo per il 2028-2034 un nuovo pacchetto di finanziamenti. E i Paesi membri saranno facilitati nel finanziare i nuovi immobili attraverso una revisione delle regole sugli aiuti di Stato, per favorire la spesa nell’affordable e social housing, dove il costruttore privato riserva una quota degli immobili per fini sociali. Il tutto con il supporto di soggetti come la Bei, la Banca europea per gli investimenti. Le azioni includono anche il taglio della burocrazia, attraverso una mappatura delle norme che incidono sull’offerta delle abitazioni.
Le risorse saranno dedicate in gran parte parte alle case a basso costo, per giovani, studenti, apprendisti, famiglie vulnerabili e persone senza casa. Per gli studenti, in particolare, ci saranno diverse misure, tra le quali uno strumento specifico all’interno di Erasmus+.
«La crisi abitativa è qualcosa che va oltre i mattoni e la calce», ha detto il commissario Dan Jørgensen. In Europa, più di un giovane su quattro, tra i 15 e i 29 anni, vive in condizioni di sovraffollamento, oltre un milione di persone non ha una casa e più di 40 milioni non riescono a riscaldare la propria abitazione.
Secondo dati Eurostat, tra il 2010 e 2024 i prezzi delle abitazioni nei Paesi europei sono aumentati mediamente del 55 per cento, gli affitti di quasi il 27 per cento. In Italia, in città come Roma, Milano, Firenze, Bologna e Napoli la spesa per l’affitto ha superato già la soglia del 35 per cento dello stipendio raccomandata dalla Banca d’Italia. A Bruxelles parlano di una vera e propria «crisi sociale», che determina l’immobilità sia economica sia in termini di studenti e forze lavoro. Con tante città che non trovano più personale perché gli affitti sono diventati insostenibili.
Secondo i dati della Corte dei conti, oggi 319mila famiglie italiane sono ancora in lista d’attesa per una casa popolare. Mentre ci sono 7 milioni di case private non occupate né usate per villeggiatura e il patrimonio immobiliare pubblico si attesta sugli 1,2 milioni di fabbricati, tra quelli usati e non.
Il Pnrr aveva stanziato 2,8 miliardi per la riqualificazione e l’aumento dell’edilizia sociale. Ma finora è stato speso solo poco più di un quarto delle risorse e con il 2026 il piano è destinato a finire.
Il 12 dicembre, Salvini a Porta a porta ha ripetuto che «per il Piano casa ci sono 600 milioni di euro a bilancio per il 2026-2028», da destinare ad «almeno un progetto pilota in ogni regione». Briciole rispetto ai proclami iniziali. Proprio mentre al Senato Fratelli d’Italia ha depositato invece un ddl che punta a semplificare e accelerare gli sfratti in caso di morosità di due mesi consecutivi.
Nel frattempo, aspettando l’Europa e forse il governo, i comuni si organizzano da soli. Bologna, Milano e Roma dallo scorso maggio hanno aderito alla rete “Mayors4Housing” con altre dodici città europee, che qualche giorno fa hanno chiesto all’Europa di istituire un fondo da 300 miliardi fino al 2030. E quaranta sindaci italiani, uniti nell’Alleanza municipalista per l’abitare, nei giorni scorsi hanno presentato dieci proposte in una conferenza stampa alla Camera. Nella lista di azioni necessarie a colmare le mancanze del governo, si chiede di dare ai comuni più poteri e più soldi per mettere a disposizione un numero maggiore di immobili e governare meglio l’aumento dei prezzi e la diffusione degli affitti brevi.
Nel piano europeo per la casa, c’è proprio un capitolo dedicato al tema degli affitti brevi, che in Europa sono cresciuti del 93 per cento tra il 2018 e il 2024, rappresentando fino al 20 per cento dell’offerta abitativa nelle destinazioni più popolari. La Commissione, che si muove comunque in uno spazio ristretto vista la competenza nazionale prevalente sulle politiche abitative, prevede di arrivare nella primavera del 2026 a una legislazione che punterà a supportare le autorità locali nel prendere «azioni mirate e proporzionate, in particolare nelle aree caratterizzate da carenza abitativa».
Ma «senza un reale impegno da parte dei governi nazionali, questi sforzi rischiano di restare insufficienti», ha ricordato a Strasburgo l’eurodeputata del Pd e presidente della commissione per l’emergenza abitativa, Irene Tinagli. Da tempo i sindaci italiani chiedono al governo una legge nazionale per regolare gli affitti brevi turistici. Finora molte delle regole introdotte dai comuni attraverso le ordinanze sono state contestate in tribunale. E ognuno si arrangia come può. Sulle Dolomiti, si stanno ristrutturando con i soldi delle comunità montane alcuni edifici da affittare a canoni calmierati solo per i lavoratori comunali.
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