Così l’Italia immagina uno scudo anti-missile per proteggere l’Europa

Uno scudo antimissile europeo, partecipato, aperto al contributo di tutti coloro che vorranno farne parte e con gli strumenti già a loro disposizione. È il senso di Michelangelo Dome: l’ambizioso progetto di Leonardo, il principale gruppo italiano della difesa e dell’aerospazio. La necessità di proteggere in fretta il continente dalle minacce aeree, i droni come i più preoccupanti missili balistici, si è fatta pressante ma si scontra con la realtà dei fatti che vede ogni Paese europeo intento a dotarsi di sistemi di difesa che non dialogano tra loro. Ognuno con i propri radar, i propri centri di comando, i propri sistemi d’arma. L’idea di Leonardo è quella di metterli in comunicazione, di dar vita al «più grande programma di integrazione mai realizzato nel settore» ha spiegato l’amministratore delegato Roberto Cingolani.
Più facile a dirsi che a farsi, più per ragioni politiche che di know-how tecnologico che Leonardo ritiene di avere già. Michelangelo Dome svilupperebbe un software basato sull’intelligenza artificiale capace di collegare sistemi diversi per farli funzionare come un’unica rete.
Un catalizzatore di dati provenienti dalla più ampia tipologia di sensori e dall’impiego di algoritmi predittivi che sarebbero in grado di anticipare le minacce e scegliere in tempo reale la migliore risposta. Oggi un ipotetico missile lanciato contro un qualunque obiettivo in Europa vedrebbe i vari comandi affannarsi a decidere chi e come dovrebbe intercettare. Un’impasse non di poco rilievo: missili ipersonici come gli Avangard o Kinzhal russi viaggiano a velocità stimate tra i 3,4 chilometri al secondo e i sei chilometri al secondo, e possono colpire un bersaglio in Europa in 3-5 minuti.
Ecco che anche pochi secondi possono risultare decisivi. Il sistema di Leonardo promette di automatizzare in modo consistente il processo, per giungere a individuare l’arma più adatta a fermare l’attacco in tempo reale o quasi, e questo sia che provenga da un caccia, da una nave o da una batteria missilistica. L’azienda italiana, allo stato dell’arte, ritiene di essere l’unica al mondo in grado di offrire questa soluzione, poiché produce già tutti i componenti necessari: dai radar ai satelliti, dai sistemi di comando ai caccia Eurofighter. Leonardo ha speso molto in cybersecurity negli ultimi tre anni e conta su duemila ingegneri specializzati in intelligenza artificiale. Il Michelangelo Dome, soprattutto, sarebbe un progetto aperto e in grado di funzionare con i sistemi difesa di ogni Paese Nato, senza necessità di acquistare armi diverse, ma integrando quelle già in suo possesso.
Già il nome del progetto dice molto sulla filosofia che lo ispira: una cupola di sicurezza sull’esempio dell’Iron Dome israeliano che è stato capace di intercettare centinaia di razzi lanciati in contemporanea verso il Paese. Il Dome italiano ricorda anche il Golden Dome, lo scudo spaziale voluto da Donald Trump per difendere lo spazio americano, ma se nel nome si assomigliano – fanno notare alcuni esperti –, differiscono molto nel concreto: lo scudo statunitense è un programma-ombrello che collega sistemi già interconnessi, mentre il progetto di Leonardo si propone di mettere in contatto sistemi che al momento non dialogano tra loro e multidominio, cioè con l’idea di considerare terra, mare, aria, spazio e cyberspazio come un unico teatro operativo.
La fattibilità del Michelangelo Dome si scontra anche con gli interessi economici dei diversi player europei. La Germania tre anni fa ha lanciato lo “Scudo celeste” (European sky shield initiative), un programma che mirava all’acquisto congiunto di sistemi antimissile. Il governo tedesco dopo poco ha reso noto di voler acquisire missili Iris-T dal produttore nazionale Diehl Group per la protezione a medio raggio, i Patriot americani per la lunga gittata e gli Arrow 3 israeliani per la lunghissima gittata.
Il programma oggi riunisce ventiquattro Paesi – tra i quali Regno Unito, Svezia, Finlandia, Repubbliche baltiche – ma non Francia e Italia che, colte di sorpresa, hanno criticato la scelta di comprare armi americane e israeliane invece di sviluppare soluzioni europee, come il sistema antimissile Samp-T, prodotto proprio dal consorzio Mbda (di Leonardo al venticinque per cento) e la transalpina Thales. Eppure il sistema di difesa multidominio potrebbe essere utile proprio allo “Scudo celeste”.
Leonardo prevede di rendere disponibili i primi prodotti entro il 2027, mentre il Financial Times ipotizza la piena operatività entro il 2030.
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