Cronicità in Italia: il paziente cronico costa al SSN 21 volte di più


In Italia, il costo della gestione dei pazienti cronici rappresenta una sfida crescente per il sistema sanitario nazionale. Secondo il Prof. Giorgio Lorenzo Colombo del Centro di Economia e Valutazione del Farmaco e delle Tecnologie Sanitarie (CEFAT), i pazienti cronici possono costare fino a 21 volte di più rispetto ai pazienti non affetti da cronicità.
Dati recenti sull’impatto economico della cronicità
Secondo il profilo sanitario dell’Italia del 2023, pubblicato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), circa 23,7 milioni di individui in Italia soffrono di almeno una malattia cronica, mentre circa 12,2 milioni ne hanno almeno due 3. Le malattie cardiovascolari, il diabete e la broncopneumopatia cronica ostruttiva sono tra le patologie croniche più comuni. Questo elevato numero di pazienti cronici rappresenta un significativo onere economico per il sistema sanitario nazionale, che deve affrontare costi crescenti per la gestione e il trattamento di queste condizioni.
In Lombardia i pazienti cronici assorbono il 70% della spesa sanitaria
Nel caso di un soggetto poli-patologico più grave il rapporto può essere addirittura superiore. Il dato, tuttavia, non è indifferente neppure nei soggetti con “solo” tre patologie croniche (spesa 12 volte superiore), due (spesa 7 volte superiore) e una sola patologia cronica (spesa 4 volte superiore) ed evidenzia, quindi, come la cronicità assorba quote progressive delle risorse. In Lombardia addirittura i pazienti cronici sono mediamente il 30% della popolazione e assorbono oltre il 70% della spesa sanitaria.
Mancata aderenza alle terapie
Il principale problema da affrontare in tema di cronicità è la mancata aderenza dei pazienti alle terapie prescritte come evidenziato dal Prof. Colombo. Nella sua relazione al IV Symposium sulla Medicina dei Sistemi, il docente ha evidenziato come la mancata aderenza alle terapie prescritte aggravi le patologie croniche, aumentando le ospedalizzazioni e i costi per i servizi sanitari regionali.
Come migliorare l’efficienza di percorsi terapeutici?
Il Prof. Colombo ha sottolineato la necessità di elaborare strategie efficaci per migliorare l’efficienza dei percorsi terapeutici, proponendo quattro soluzioni principali:
- Programmi di auto-monitoraggio e auto-gestione dei medicinali: Questi programmi aiutano i pazienti a monitorare e gestire autonomamente le loro terapie, migliorando l’aderenza e riducendo le ospedalizzazioni.
- Maggiori spiegazioni sull’utilità dei farmaci e sui danni della loro scorretta assunzione: Fornire ai pazienti informazioni dettagliate sui benefici e sui rischi dei farmaci può migliorare la loro comprensione e adesione alle terapie.
- Coinvolgimento diretto dei farmacisti nella gestione dei farmaci: I farmacisti possono svolgere un ruolo chiave nel monitoraggio e nella gestione delle terapie, offrendo supporto e consulenza ai pazienti.
- Semplificazione degli schemi terapeutici da adottare: Ridurre la complessità dei regimi terapeutici può facilitare l’aderenza dei pazienti alle terapie prescritte.
Necessario un approccio personalizzato
Oltre a queste strategie, il Prof. Colombo ha evidenziato l’importanza di affrontare l’eccessivo carico farmacologico (overtreatment) e il rischio delle interazioni farmacologiche, soprattutto nei pazienti fragili multi-patologici. Un approccio personalizzato e di precisione, come quello proposto dalla Medicina dei Sistemi, può emergere come un modello virtuoso per ottimizzare la risposta clinica senza compromettere l’efficacia delle cure. «La gestione del paziente cronico non può essere valutata esclusivamente dal punto di vista clinico, ma deve essere fatta anche a livello epidemiologico, gestionale e organizzativo. Solo attraverso un approccio integrato e multidisciplinare sarà possibile migliorare l’efficienza del sistema sanitario e garantire una migliore qualità della vita per i pazienti cronici», ha concluso Colombo.
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